Mondo Jazz

AVISHAI COHEN TRIO: FORMIDABILI O NOIOSI ?


Ho qualche difficoltà nel commentare il concerto del trio di Avishai Cohen.Quando un intero teatro acclama e applaude fino a spellarsi le mani è difficile fare serenamente l'avvocato del diavolo ed esprimere con pacatezza i dubbi e le riserve sul trio.Partirò da lontano: non ho bisogno di presentare Art Blakey ad un appassionato. Ebbene, ho avuto il piacere di vedere diversi concerti del fondatore dei Jazz Messangers.Blakey era un vero leader e anche un grande batterista, potente e raffinato, eppure nelle sue esibizioni lo spazio per i suoi assoli era contenuto entro limiti assolutamente paritari con gli altri musicisti, anzi, spesso si ricavava solo dei brevi break tra un riff e l'altro, ma la sua grandezza non solo non ne era scalfita ma, al contrario, ne usciva rafforzata.Evidentemente Cohen è di parere totalmente opposto, visto che in tutti (!) i brani suonati dal trio ha preso lunghi assoli, e dopo averne inizialmente constatato la bellezza del tocco, il calore, la robustezza e la tecnica cristallina, la sensazione di ammirazione piano piano è virata verso la stanchezza, la noia da ripetizione ed il desiderio di ascoltare musica d'insieme invece che una esibizione circense del leader.A mia differenza invece il pubblico ha molto gradito, applaudendo spesso e sempre fuori tempo, forse in ossequio alla famosa frase di Rava che dice che ormai si applaude qualsiasi cosa.A dire il vero i tre musicisti sono dotati di tecnica straordinaria e lo hanno abbondantemente dimostrato. La musica è presa quasi per intero dall'ultimo album, Seven Seas, ed è una sapiente miscela di musiche originali ispirate alla tradizione ebraica sia medio-orientale che dell'est europeo, con un occhio attento anche alla versione acustica di Masada, dalla quale si differenzia per le atmosfere più liriche e bucoliche, decisamente meno urbanizzate ed astratte.Nei momenti di ascolto reciproco la musica è decollata grazie alla sensibilità di Omri Mor, un giovane e talentuosissimo pianista, e al timing impressionante di Amir Bresler. Complessivamente divertente, il gruppo ha sfoderato tecnica e grinta, con prevalenza dell'aspetto edonistico a scapito della profondità. Mi è parsa una musica straripante, di sicuro effetto e presa, ma superficiale, senza un vero interplay se non a tratti, troppo al servizio della dimostrazione virtuosistica  per occuparsi anche di scandagliare più a fondo le peraltro pregevoli composizioni di Cohen.Un gruppo da riascoltare, magari tra qualche anno, sperando che l'ego del leader si ridimensioni.