Mondo Jazz

BILL REMEMBER CLIFFORD


Bill Carrothers entra in scena, si toglie le scarpe (!), siede su una vecchia seggiola ancora imbrattata di vernice, toglie l'orologio e inizia a scaldare le mani mentre rivolge un saluto al pubblico e presenta i suoi magnifici compagni di avventura, il solido e affidabile Drew Gress e lo scoppiettante Bill Stewart alla batteria.Inizia cosi' il concerto al teatro Manzoni di Milano, un'ora e mezza circa di musica intensa, raffinata e godibile sulle note di alcune composizioni di Clifford Brown, lo straordinario e sfortunato trombettista scomparso giovanissimo in un incidente automobilistico.I brani (tra tutti i più famosi, Joy Spring e Daahoud), pur risalenti agli anni '50, sembrano rivestiti di nuova luce e appaiono assolutamente convincenti nel loro alternarsi tra ballate e ritmi zigzaganti. Purtroppo dalla mia postazione il volume di suono del pianoforte non è mai riuscito a raggiungere il giusto livello, sicchè le doti di originalità di Carrothers sono un pò rimaste tra le pieghe di una amplificazione imperfetta.Negli attacchi in solo o nei momenti più contemplativi è apparsa comunque evidente la qualità elevata della stoffa del pianista, caratterizzata da un uso armonizzante della mano sinistra e successivamente da tempi serrati che rimandano ad una influenza nei confronti di Bud Powell.  Chi invece non è stato affatto penalizzato dall'amplificazione è lo strepitoso Bill Stewart, una fucina di idee e ritmi, sempre sul tempo e dotato di un timing impressionante. Un meritato successo, ma mi è rimasta la voglia di riascoltare Carrothers in condizioni migliori, magari in solo. Peccato che nei nostri festival estivi vengano premiati più o meno sempre gli stessi nomi da molti anni a questa parte e solo alcuni direttori artistici si sforzino di cercare musicisti meno battuti. Se qualcuno di loro mi legge suggerisco questo pianista: certamente non attirerà le folle che Sting porterà in Umbria, ma in quanto a originalità non c'è assolutamente gara....