Mondo Jazz

DI MUSICHE E DI TERRE BERGAMASCHE: BERGAMO JAZZ FESTIVAL


Per me solo una rapida toccata e fuga nel 34° Bergamo Jazz Festival: ho scelto più per comodità che per il programma la giornata di sabato con i concerti di Tim Berne e di Ambrose Akinmusire.Andare a Bergamo significa per chi viene da nord come me, attraversare Pontida, la storica location degli happening leghisti. Avete presente quei colti e pensosi personaggi vestiti da crociati o con elmi cornuti ? Ma si' dai, nei mille telegiornali li si è sentiti pontificare con linguaggio scientifico e raffinato attribuendo tutti i mali del paese ora ai "terun" meglio se comunisti ora ai "negher" meglio se musulmani. Bene, la storica scritta "Padroni a casa nostra" nelle scorse settimane, dopo le note vicende legate alle tangenti in regione, è stata modificata come è possibile vedere nella foto, perfetta epigrafe lapidaria. Naturalmente la scritta è stata ripristinata nella sua originalità ma rimane emblematica delle vicende italiche e del declino inarrestabile di un popolo e di una terra storicamente (e culturalmente) mai esistiti.Nonostante i 300 mila bergamaschi pronti a dissoterrare le armi, Bergamo rimane città che ama e che propone con illuminante continuità la musica afro-americana.Enrico Rava, il direttore artistico del festival, ha presentato i concerti spiegando il criterio con il quale ha esercitato le scelte musicali. Invitando cioè i musicisti che come spettatore avrebbe voluto ascoltare.Scelta azzeccata nel caso di Snakeoil, il quartetto capeggiato da Tim Berne, da me visto l'ultima volta quando ancora l'incanutito sassofonista aveva tutti i capelli nerissimi.Come sempre la musica di Berne, complessa, poco incline a concedere facili gratificazioni e molto strutturata, si è sviluppata in maniera circolare con parti iniziali rarefatte e una crescita esponenziale di timbri e volumi fino a raggiungere il punto più alto per poi smorzarsi gradatamente. Grande controllo, assoli ben integrati nel complesso meccanismo compositivo e ottimi comprimari hanno elevato l'ascolto a livelli che avrebbero meritato il pubblico di spazi più ampi.Di Berne si racconta che studiò con Julius Hemphill, ma l'influenza più evidente sia sullo strumento che nella scrittura è quella di Anthony Braxton. Ottimo Sam Noriega nella parte del controcanto, interessanti i giovani Ches Smith a batteria e percussioni e Matt Mitchell al pianoforte.
Nel bellissimo Donizetti la serata è aperta dal quintetto di Ambrose Akinmusire, trombettista che nell'ultima stagione ha fatto incetta di premi e di riconoscimenti.Il quintetto esibitosi a Bergamo vede Sam Harris al pianoforte al posto di Gerald Clayton, e da subito l'impressione che la sezione ritmica sia eccellente. Il leader esibisce tecnica e discreta personalità, sulle tracce di Clifford Brown opportunamente rivisitato con influenze anche di Freddie Hubbard. Walter Smith al tenore ha un suono acidulo e un pò legnoso ma nel corso della serata sembra sciogliersi e mettersi a proprio agio. La musica che il quintetto propone è un hard bop poco schematico, con grandi spazi a temi lenti e ballate di cui Akinmusire si rivela perfetto interprete.Certo in quanto a originalità non siamo messi troppo bene, tutto è deja-vù abbondantemente, mantengono l'interesse dell'ascoltatore le spinte e le accelerazioni di Justin Brown alla batteria, il lavoro di raccordo di Harris e qualche solo più spregiudicato del leader.Un buon gruppo, ma troppo poco per gridare al miracolo.In seconda serata ci sarebbe Buika, una cantante iberica ma di origine ganese che piace a Almodovar e, evidentemente, anche a Rava. Nel viaggio di andata mi ero documentato ascoltando qualche album, e tanto mi è bastato per decidere che l'ora e mezzo di concerto era meglio impegarla nel viaggio di ritorno....