Mondo Jazz

BOLLANI VERSUS GERSHWIN


Per chiudere il discorso sul Bollani pianista classico ecco due recensioni sempre pescate dalla rete di stampo e spirito diversi, l'una scritta da un giornalista e l'altra da un blogger.Stefano Jacini su Il Giornale della Musica da un ritratto convinto ed entusista della serata trasmessa in diretta radiofonica (e contemporaneamente anche in un centinaio di teatri) e dedicata a Gershwin.Grande serata della Filarmonica della Scala interamente dedicata a Gershwin e con ottima accoglienza del pubblico. Nella seconda parte il Concerto in fa ha avuto un'esecuzione di prima grandezza con solista Bollani, del tutto a proprio agio col compositore americano; complice Chailly è riuscito a infondere nell'orchestra una prestanza inconsueta.Risultato, una forte carica che ha trascinato tutti in una lettura trasparente e gioiosa. Rinnovata nel primo dei bis, Rialto Ripples con la sua chiusura beffarda che ha strappato gli applausi. Bollani ha poi regalato un omaggio solista a Scott Joplin; poi con batteria e contrabbasso amplificato una scatenata fantasia su Les feuilles mortes per concludere con un suo cavallo di battaglia, Apanhei-te cavaquinho del brasiliano Ernesto Nazareth.La prima parte del concerto non è stata altrettanto brillante: Catfish Row da Porgy and Bess, già in programma nelle precedenti due serate della Stagione sinfonica scaligera, e An American in Paris. Entrambe esecuzioni più che corrette, ma con una sensazione di affanno da parte dell'organico che sembra spesso faticare nel tener testa a sonorità che richiederebbero guizzi più disinvolti e swing.L'autore del blog Il Mondo a Testa in Giù ha una visione forse meno da addetto ai lavori, preferendo raccogliere una serie di riflessioni personali che, avendo ascoltato il concerto alla radio, condivido in buona parte compreso il giudizio finale.D'altronde è un pò quello che è emerso in forma maggioritaria dai diversi commenti al precedente post sul connubio Chailly-Bollani: non è in discussione la caratura tecnica di Stefano ma la sua capacità di essere perfetto padrone di una situazione per lui tutto sommato secondaria (forse però non ai fini più terrestramente economici). Ieri son stato in Scala per un concerto un po' diverso. Gershwin suonato da Bollani, almeno così recitava il programma. L'idea, furbetta di marketing, però sollecitava l'attenzione, e devo dire che attraeva anche il pubblico. Non avevo mai visto scolaresche in Scala, bambinetti che dopo un po' si lamentavano perché si annoiavano, probabilmente convinti a venire ad assistere ad un concerto perché c'era quel fanciullone di Bollani che vedono in televisione. Il concerto in realtà è stato per una buona parte il concerto di Chailly. Direttore dal percorso molto originale, tuttora con il sorriso aperto alla ricerca nonostante l'età non più giovanissima, ha proposto un programma orchestrale semplice e furbo: una suite di brani di Porgy and Bess, Un americano a Parigi. Brani conosciuti, sui quali si può discutere molto, ma che sono l'emblema stesso della musica "colta" americana di questo secolo, un incrocio fra forme classiche, jazz, modernità (i clacson dell'americano a parigi per sottolineare il traffico caotico) sempre in bilico con il rischio di diventare musica da film. Indipendentemente dal fatto che questa musica piaccia o meno, è comunque qualcosa che arricchisce dal punto di vista culturale, che mostra una delle evoluzioni della musica del 900. Finalmente, ultimo brano e Bollani in scena. Concerto per pianoforte in fa. Sostanzialmente sconosciuto, tutto sommato non un capolavoro. Molto più classico come struttura rispetto ai brani precedenti, riprende molti dei temi propri di Gershwin (orchestrazione, sviluppo, variazioni) senza però quei guizzi tematici che rimangono in mente (e che rappresentano anche un po' il limite della sua musica). Bollani mi è parso molto ingessato in questo brano, costretto in un ruolo già scritto. E questa ingessatura è risultata evidente nei bis: un primo ancora con orchestra, per poi scatenarsi prima in una variazione jazzistica di Summertime, dove l'improvvisazione fra jazz e musica colta ha dato risultati molto interessanti, e poi esibirsi in un trio jazz con il batterista (si, in Gershwin c'è la batteria in orchestra...) e il contrabbasso, inframmezzando con gags gli intervalli tecnici per allestire lo spazio sul palco. Insomma, a mio sentire Bollani è un jazzista molto interessante, ma non basta questo (e un repertorio che attinge dal jazz come quello di Gershwin) per farlo diventare un pianista da concerto, pur essendo un pianista di gran talento.