Mondo Jazz

BARI IN JAZZ : ARRIVANO COREA E JARRETT MA SE NE VA OTTAVIANO


Che succede a Bari ? Mentre viene presentata l'ottava edizione di Bari in Jazz, un programma veramente invidiabile, si defila il direttore artistico, il multistrumentista Roberto Ottaviano.Ma ecco la cronaca tratta dal Corriere del Mezzogiorno: ...Sulla terrazza dell’hotel Oriente, a Bari, il direttore artistico di «Bari in Jazz» non arriva mentre si comincia a illustrare al pubblico questa ottava edizione, non arriva dopo che si è cominciato e non arriva neanche a cose fatte. Una circostanza che stupisce, ma che senza troppi esercizi dietrologici potrebbe attribuirsi al traffico o a qualche altro intralcio occasionale. Almeno fino alle 16.15, quando la posta elettronica ci restituisce una parziale ricostruzione dell’accaduto, quella del grande assente Roberto Ottaviano, che annuncia la prossima fuoriuscita da un progetto che «politiche e indirizzi» conducono «in una direzione che a me, culturalmente e socialmente non interessa più». Difficile sapere qualcosa di più, Ottaviano si rende irreperibile e la lotteria delle ipotesi non ci appassiona. Meglio parlare di musica, quella che questa ottava edizione di «Bari In Jazz» mette nell’ultimo cartellone firmato da Roberto Ottaviano. Quella che in conferenza stampa è illustrata da Koblan Amissah, animatore del circolo interculturale Abusuan, che da sempre promuove e organizza il festival, con il sostegno antico di Regione, Provincia e Comune e del main sponsor Peroni. Che tornerà dunque a campeggiare nei dintorni della città vecchia, dove «Bari in Jazz» è nato nel 2005 e dove quest’anno ritorna. Qui si snoderanno gli appuntamenti centrali del festival, dal 3 al 7 luglio, mentre sarà il teatro Petruzzelli a ospitare le due (grandi) appendici del programma, del quale abbiamo già dato ampie anticipazioni: i concerti di Chick Corea l’8 luglio e quello di Keith Jarrett, Gary Peacock e Jack DeJohnette il 27 luglio. Ancora da definire, invece, il luogo destinato a ospitare l’anteprima del festival, «Una session fra due bicchieri di gin» che fà il verso al titolo del libro di Nicola Gaeta edito da Caratteri Mobili: proprio «il dentista-scrittore» (così lo definisce Koblan) sarà protagonista di una serata fra letture e improvvisazioni affidati «ai migliori talenti della scena jazz pugliese». Nel cuore del Festival troviamo invece ben tre produzioni speciali, realizzate con il sostegno di Puglia Sounds. A cominciare da quella - immaginata e promossa da Ottaviano che apre la rassegna, il 3 luglio: protagonista la cantante portoghese Maria João, in (consolidata) coppia con il pianista Mário Laginha, che a Bari presentano Symphonic Loves, un progetto che mette insieme «alcune tra le più struggenti canzoni d’amore di tutti i tempi, da Monteverdi ad oggi». E lo fanno insieme all’Orchestra Sinfonica della Provincia di Bari diretta da Claudio Vandelli, alla quale - annuncia Amissah in conferenza stampa - la stessa João invierà presto gli arrangiamenti dei brani. Il 4 giugno è invece il giorno di Paolo Damiani, che al Summer Village proporrà una nuova versione di un progetto nato quasi trent’anni fa a Roccella Jonica: si tratta di Tracce di Anninnìa, una suite che il violoncellista e compositore romano eseguirà stavolta insieme a una Vanishing Band che vanta in line up lo stesso Ottaviano al sax, insieme a Lauren Newton e Diana Torto (voci), Nguyen Le (chitarra), Glenn Ferris (trombone) e Martin France (batteria). Terzo progetto speciale per il festival quello annunciato per il 6 luglio, quando ancora Ottaviano sarà in palcoscenico a dirigere l’Apulian Orchestra per mettere in scena Crossing the Borders, «una produzione che mette in musica alcune delle più belle poesie della letteratura del Sud del mondo». Francofonie - care a Koblan Amissah, cittadino della francofona Costa d’Avorio - in scena invece il 5 luglio, quando a dividersi la scena saranno Majid Bekkas e Louis Sclavis, portatori di esperienze profondamente diverse eppure convergenti all’interno di Makenba, un progetto che coniuga le sonorità gnawa con quelle argentine o sahariane e perfino con il jazz occidentale, che il clarinetto di Sclavis interpreta con la consueta plasticità.