Mondo Jazz

WAYNE SHORTER E PIERSILVIO (MARLEY)


Continuo il mio racconto dei pochi ma bei giorni passati a Perugia saltando un pò di palo in frasca, riservandomi di tornare con calma anche sui concerti visti e di cui ancora non ho parlato.Sulla carta l'avvenimento che più mi intrigava era l'esibizione del quartetto di Wayne Shorter, ascoltato un paio di volte negli ultimi anni con sensazioni differenti dovute proprio al particolare tipo di proposta e al suo sviluppo.Abituato a vedere il grande nome di turno esibirsi accompagnato da un gruppo al suo servizio e sciorinare sostanzialmente una musica individualistica e virtuosistica più che di insieme, il quartetto di Shorter spiazza facilmente chi accorre richiamato solo dalla gloria passata proponendo invece una densa e aggrovigliata matassa sonora spesso senza intervallo alcuno in cui il suono del tenore non sempre è in primo piano ed il ruolo di spina dorsale è invece affidato alla tastiera di Danilo Perez.Costui mi sorprende sempre più ad ogni ascolto; dotato di una possente mano sinistra sa essere contemporaneamente lirico e ritmico e segnare da protagonista gli invisibili passaggi di raccordo tra le diverse atmosfere. John Patitucci è il pendolo che determina e scandisce tempi e situazioni, mentre Jorge Rossy a mio modo di vedere si integra bene nel gruppo ma non possiede l'elasticità e la leggerezza del drumming di Brian Blade. Quando Shorter imbraccia il soprano la sperimentazione cede il passo a momenti più convenzionali anche se estatici e godibili. Al tenore invece le impressioni sono complesse e per me ancora da decifrare completamente. Usando un soffiato più sussurrato che scandito sembrerebbe più che un solista un accompagnatore che mette al servizio del collettivo la propria individualità, ed in effetti la musica è magmatica, pregna, non astratta ma nemmeno di immediata leggibilità, non concentrata su un solo strumento bensi' sul dialogo degli strumenti.  Nonostante queste mie perplessità si è trattato sicuramente del concerto più impegnativo di quelli da me ascoltati.In prima serata è protagonista la famiglia Marley, da Rita a Stephen. Purtroppo assenti Piersilvio (Marley) e Renzo detto il Trota (Marley) decido che la migliore compagnia possibile è costituita da un piatto di cinghiale cucinato come si deve. Snobbo senza rimpianti la notte reggae preservandomi da quella che a mio modo di vedere è una scelta poco comprensibile per chi a Perugia viene per ascoltare se non esclusivamente jazz perlomeno musica con qualcosa di fresco e di nuovo da raccontare.Di questo passo, pretendendo di far accorrere ogni anno sempre più pubblico in nome di un presunto "grande evento"  suggerisco agli organizzatori di prendere in considerazione Emanuele Filiberto e Pupo ma non trascurerei nemmeno Bobo Maroni e i barbari sognanti. Sicuramente trattasi di musica di merda, ma vuoi mettere i titoli su Libero e sulla Padania ?