Mondo Jazz

CONVERSANDO CON/SU STEVE LACY


Ci sono dei musicisti che anche dopo la loro scomparsa lasciano una impronta che dura per molti anni.Steve Lacy è sicuramente uno di questi. Ho avuto il piacere di ammirarlo in concerto moltissime volte e nelle formazioni più disparate: in duo con il grandissimo Mal Waldron che magicamente aveva sempre un cigarillos acceso in bocca, nelle diverse formazioni che comprendevano la moglie, Irene Aebi, al violoncello, ma sopratutto per me il ricordo più gradito di Steve è associato ai suoi concerti in solo.Con quell'aspetto da professore universitario, solo sul palco, semplice e senza enfasi, dal suo soprano è scaturita la migliore musica di Monk mai suonata senza la presenza diretta dell'autore.Ma anche quando il programma era basato da composizioni originali il marchio di fabbrica era inconfondibile: titoli brevi, esattamente come le cellule melodiche, spesso una sola frase, che ne costituivano l'ossatura. Grande attenzione alla melodia, spesso scomposta e rimontata, una voce strumentale unica ed immediatamente riconoscibile, e quella capacità strepitosa di improvvisare senza rete. Negli anni della maturità Steve era una persona gentile, tranquilla, e i ricordi che ho trovato in rete ne dipingono un quadro abbastanza fedele. Cipri' e Maresco lo fanno a modo loro, con immagini e situazioni sempre al limite, uno sguardo allucinato ma appassionato e lucido,Rava invece è molto più diretto e affabulatorio. Nell'intervista ai due registi siciliani Lacy esprime una sua opinione su Wynton Marsalis che però non credo sia giusto enfatizzare: al di là delle diversità di vedute, sono passati molti anni e cambiate molte situazioni. Chissà se Steve direbbe le stesse cose oggi...