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(DI) PASSAGGIO IN INDIA


  "Cosa ami di questo paese ?" "La luce, i colori, i sorrisi della gente e il fatto che la vita qui è considerata una opportunità e non un diritto"(Dialogo tratto dal film The Best Exotic Marigold Hotel) All'elenco aggiungerei gli occhi grandi dei bambini, l'eleganza ed il portamento innato delle donne, la cortesia spontanea, la vita quotidiana permeata in ogni aspetto da una autentica religiosità popolare, lo spettacolo dei tamarindi in fiore. Quindici giorni trascorsi attraversando il Rajasthan, una regione con deserti, laghi e foreste grande come la Francia, sono appena sufficienti per avere una percezione parziale di quel vasto continente umano che è l'India. Mentre nei primi giorni l'occhio si sofferma sugli aspetti più paradossali e folkloristici, dopo un pò lo sguardo si assesta e cerca la profondità. I cumuli di immondizia dove pascolano placidamente capre, vacche e maiali in pieno centro città non destano più stupore, sentimento che invece continua ad essere alimentato dalla gentilezza e dal sorriso che anima perfino i più miserabili, impegnati a sopravvivere sotto tende improvvisate nei boulevard spartitraffico di Delhy.Il Rajasthan è un perfetto mix tra la cultura indù e quella mussulmana, che si ammira nelle architetture delle città, nei raffinatissimi palazzi dei marajà, nei templi e nelle moschee. Ma se la grandezza della civiltà musulmana è conosciuta e apprezzata anche dalle traccie lasciate nella penisola iberica, ciò che mi impressiona è la profondità e tolleranza dell'induismo, più una filosofia di vita che una religione, e come questo afflato spirituale sia cosi' largamente condiviso e vissuto dalla popolazione.Alla fine quello che mi resta del viaggio non si riduce alll'abbondanza ipertrofica di popolazione, sofferenza e povertà; l'incredibile degrado ambientale e nemmeno l'evidente ingiustizia sociale riesce a scalfire l'immagine di una umanità che vive con dignità ed accettazione la propria condizione.Lo straniero è accolto con cortesia e rispetto ovunque, retaggio della cultura indù. Perfino i più appiccicosi venditori di souvenir appostati fuori dai templi sembrano conoscere il limite di sopportazione. Più difficile resistere agli sguardi e alle richieste dei bambini, non si sa quanto frutto di reali esigenze e quanto imposte da condizionamenti sociali.