Mondo Jazz

TOTO NOMINE AL TORINO JAZZ FESTIVAL


Tira aria di cambiamento al "Torino Jazz Festival", dopo appena un'edizione. Le indiscrezioni sostengono infatti sia in corso un repentino avvicendamento in cabina di comando. Evidentemente qualcosa non è andato per il verso giusto la primavera scorsa. Non si tratta tanto di un problema di quantità: il maltempo che ha accompagnato l'intero svolgimento della manifestazione è diventato un perfetto e legittimo alibi per evitare di far di conto sugli spettatori degli eventi principali in piazza Castello. Semmai di qualità: le valutazioni degli addetti ai lavori sono state unanimemente poco tenere verso una programmazione generalista e disattenta al jazz in senso stretto.Per tutte, in estate, la sferzante opinione espressa sul "Venerdì di Repubblica" dal trombonista Gianluca Petrella, barese di nascita ma ormai torinese d'adozione, che parlava di occasione mancata e denaro pubblico sprecato.Unica sezione del festival da salvare rimaneva così "Fringe", diretta dal contrabbassista Furio Di Castri, capace di animare nottetempo con successo i  locali dei Murazzi. E proprio da lì dev'essere cominciata la subitanea rifondazione. Capro espiatorio è diventato il direttore artistico Dario Salvatori, a suo tempo collocato frettolosamente in quel ruolo e - immaginiamo - diretto responsabile delle scelte poco gradite dai puristi, dalla "fusion" datata degli Yellowjackets al patinato "easy listening" di Dionne Warwick. Niente più cappellini stile New Orleans alla conferenza stampa e maggiore sostanza, per condensarla in una battuta, questo il senso dell'inversione di rotta che si profila all'orizzonte. A chi spetterà il compito di guidare il rinnovato festival jazz, però? Gli indizi fanno pensare a qualche esperto di comprovata reputazione. Forse il pisano Francesco Martinelli, musicologo e storico del jazz, nonché docente presso la Siena Jazz University. O più probabilmente Stefano Zenni: figura non meno autorevole (insegna Storia della Musica alla New York University di Firenze e ha docenze nei conservatori di Bologna e Pesaro, oltre a essere presidente della Società Italiana di Musicologia Afroamericana) e già rodato in quella veste (dirige una rassegna tematica presso il Teatro Metastasio di Prato, dove vive).Se l'incarico ancora dev'essere assegnato ufficialmente, e non lo sarà fin quando non verranno definite dall'amministrazione civica finalità e competenze della Fondazione Arte e Musica voluta dall'assessore Braccialarghe, la direzione di marcia è comunque tracciata: un "Torino Jazz Festival" solvibile sul piano culturale e coerente con l'intestazione che lo designa e dovrebbe ispirarlo, forse meno appariscente ma verosimilmente più appagante in termini squisitamente artistici.Fonte :http://torino.repubblica.it/cronaca/2012/11/07/news/il_jazz_festival_Inutile dire che l'avevamo detto subito, sia su questo blog che su Mi Piace Il Jazz: bastava leggere la cifra stanziata, circa un milione di euro, e compararla al programma.Il risultato era, a dirla in termini edulcorati, una vera ciofeca. Per non parlare poi del dopo festival, quando sono trapelate informazioni che ribaltavano le cifre annunciate dall'amministrazione sulla ripartizione delle spese. Non più i due terzi coperti dagli sponsor privati ma addiritura il contrario.Il buon senso evidentemente non abita a Torino. Con un quarto del budget qualsiasi appassionato avrebbe potuto stilare un programma coerente e interessante senza starlet ne nomi imbarazzanti.Ora impazza il toto nomine, ed i nomi che l'articolo riporta sono tutti eccellenti. Spero solo che anche le future scelte, artistiche ed economiche, siano in sintonia con il prestigio che per il jazzofilo accomuna i nomi di Martinelli e/o Zenni (ammesso che i diretti interessati ne sappiano qualcosa......)