Mondo Jazz

GUIDO MANUSARDI, UN TESSITORE DI SOGNI


Il concerto di Guido Manusardi e del suo trio chiude un ciclo di tre concerti in dieci giorni (Il trio di Fornarelli e Umberto Petrin con Teatro Danza), una manna insperata in queste terre aride per ciò che concerne la musica jazz, e lo fa in maniera vigorosa e appassionata.Ho avuto modo di assistere a molti concerti di Guido, ma sicuramente quello di sabato sera al Teatro della Società Operaia è stato uno dei migliori per intensità, ispirazione, concentrazione e poesia.Il repertorio è pescato dal consueto sterminato booklet costituito dai grandi autori americani del 900', al quale intere generazioni di jazzisti di ogni parte del mondo hanno attinto a piene mani: Cole Porter, George Gershwin, Jerom Kern, Kurt Weill, Richard Rodgers & Lorence Hart, Kosma, Young e anche i meno battut Isham Jones e Gary McFarland, con in più un brano di Paul Chambers per evidenziare l'ottimo lavoro di Marco Vaggi al contrabbasso ed una ballata intimistica dello stesso Manusardi dall'esplicativo titolo, Introspection .Come sempre il pianismo di Manusardi di diversifica e si accende per la sua straordinaria capacità di armonizzare temi che, proprio per essere stati battuti da migliaia di musicisti, in teoria hanno ben poco da offrire di inedito a parte naturalmente le melodie magnifiche.Una lezione appresa studiando i grandi del pianoforte, sicuramente da Bill Evans il più straordinario esploratore di armonie, ma nella tecnica strumentale di Manusardi escono anche rimandi e profumi di altri grandi del passato, a mio modo di vedere su tutti un posto importante nelle influenze è riservato ad Hank Jones.La musica che sgorga dalla tastiera è spumeggiante, ricca di emozioni e di ritmo. Vaggi è un ottimo contrabbassista ed in più occasioni il suo controcanto è carico di lirismo e punteggia la costruzione armonica di Manusardi. Mimmo Tripodi alla batteria è essenziale e swingante.Scorrono capolavori come But not for me, I love you, There is no greater love, Speak Low, ma il momento più alto del concerto lo si raggiunge nella parte centrale, quando Manusardi in solitudine espone tre temi di bellezza struggente, iniziando da Yesterday proseguendo con So in love e chiudendo con Everything happens to me. In questo breve spazio il pianoforte riesce a tessere racconti intrisi di poesia, affabulando ed emozionando come solo i migliori sanno fare. Dopo una splendida esecuzione di Autumn leaves giunge il bis, un brano poco battuto ma quanto mai esplicativo dell'andamento della serata, Weaver of dreams (il tessitore di sogni, di Victor Young).Grande concerto, molto apprezzato da un pubblico finalmente numeroso e caldo.E' noto che nessuno è profeta in patria ma dalla sua città Manusardi vanta ampi crediti non riscossi di stima e di riconoscimento, come giustamente sottolineato dal presidente del Teatro nella presentazione. Speriamo che quello di sabato sia solo il primo passo.