Mondo Jazz

CONSERVATORI E/O RIVOLUZIONARI


  Cosa ti affascina nella pratica dell'improvvisazione?La cosa bella dell’improvvisazione è il rischio. A me piace quando un concerto può svilupparsi in tanti modi diversi. Quando suono in gruppi “programmati” mi diverto meno, anche se a volte la musica scritta, se bella, può dare molta soddisfazione. In realtà, il terreno che più mi interessa è quello dei concerti e dei gruppi nei quali nulla è prestabilito, dove non si teme il rischio.A seconda di quello che succede, di come uno si sente, della sintonia che si stabilisce quel giorno con le persone con cui si suona, ci si muove in una certa direzione piuttosto che in un’altra. L’improvvisazione è “un modo di essere del jazz”, un certo tipo di approccio, una predisposizione, un’apertura mentale.Con la diffusione dell’insegnamento del jazz, suonare su una griglia di accordi può essere improvvisazione ma può anche non esserlo, perché diventa molto facile incollare una frase all’altra, proprio come si fa per riempire un cruciverba. Anche su uno standard suonato un milione di volte si può improvvisare creativamente: pochissimi sono però in grado di farlo bene.Una volta il jazz era una musica rivoluzionaria (Armstrong, Beiderbecke, Parker, Ornette); adesso, c’è un buon cinquanta-sessanta per cento di musicisti che lo ha reso una musica conservatrice. In questo caso preferisco la musica classica, più adatta ad essere eseguita com’è scritta, oppure tornare ai grandi maestri che citavo.(Giovanni Guidi)Fonte: http://www.andymag.com/my-lifemy-music/1776-giovanni-guidi.html