Mondo Jazz

IL JAZZ E LA DECRESCITA FELICE


Leggo spesso interviste a musicisti di ogni nazionalità. Purtroppo raramente si esce dal tema strettamente musicale, tanto che risulta difficile capire se il musicista ha anche una visione personale del mondo reale che vada oltre la crisi economica che gli sottrae opportunità di lavoro.Quando capita, come nella interessante intervista di Margherita D'Andrea a Pasquale Innarella, gli stimoli che produce sono corroboranti per la lettura e anche per la comprensione dell'uomo al di là del suo ruolo nella musica.Eccone un passaggio e il relativo link dove leggere l'intervista completa:La musica può essere tutto ciò che desidera. Un linguaggio di sintesi espressiva dei costumi, cosi' come uno strumento di ricerca tecnica e fisica, oltre il presente. Lei dove sta andando adesso ?Tutta l'arte, e tutto il mondo, deve andare verso una decrescita felice. Quindi non ne faccio solo una questione economica, ma anche artistica e culturale. Faccio un esempio facilissimo. Se in Germania ci sono tre, o forse quattro, Teatri dell'Opera, e in America ce ne sono quattro, perchè l'Italia deve averne dodici ?E' chiaro che un Teatro dell'Opera costa molti soldi, e quindi è chiaro che se il 90 per cento del Pil destinato al Fus, Fondo unico per lo spettacolo, va ai taetri dell'Opera, allora tutto il resto dell'arte non funziona più. Quindi, o nell'arte si taglia con intelligenza, oppure si cade tutti quanti insieme, è inevitabile.Io sono per la chiusura di almeno sette o otto Teatri dell'Opera in Italia. Sono per salvare il Fus, che è già al minimo, e distribuirne meglio le risorse. E sono per una ripartizione che tenga conto di tutte le forma d'arte, ma privilegiando la contaminazione e gli scambi internazionali.Gli insegnamenti di Latouche applicati all'arte, ed una distribuzione delle risorse pubbliche equa ma anche meritoria, quindi. E che mi dice del profilo più strettamente artistico ?Secondo me immaginare il linguaggio artistico oltre il rumore è difficile. Il fatto è che, con gli anni sessanta, il suono ha raggiunto il limite del rumore. E dopo il rumore non c'è più niente, ma anzi tutto è già stato fatto. La cosa più difficile, a questo punto, è cercare di rimettere in discussione quel tutto, ripensandolo in modo costruttivo. http://www.ilciriaco.it/cultura/news/?news=26715