Mondo Jazz

CARMELA FORMICOLA: QUANDO SUONAVO JAZZ


 Carmela Formicola è vicecaporedattore centrale del quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno, scrittrice arguta e attenta che, dopo aver dato alla luce alcune inchieste su fatti di cronaca (peraltro tanto scabrosi, quanto importanti) dedica il suo ultimo lavoro ad un romanzo che fa della musica il suo perno centrale: Quando suonavo il jazz (Florestano edizioni, Bari) narra il declino, non voluto, di un pianista jazz celebrato in mezzo mondo, colpito dalla sindrome di Meniere che lo costringe a riciclarsi nell’oscuro regno del karaokeSeb, il protagonista del romanzo, ha una vera e propria adorazione per Bill Evans, che è un riferimento topico per i pianisti. Affascina anche te?Il tocco di Bill Evans dà i brividi, vellutato e notturno. Ma grande fonte di ispirazione è stata anche la sua vita privata. Il “mio” Seb a un certo punto si confronta con la storia di Bill Evans riconoscendola “infelice, tragica, gloriosa, epica”. Al di là del romanzo, uno dei primi dischi in vinile che ho comprato è il mitico “Sunday At The Village Vanguard”. Lo comprai per la copertina, credo, e perché era un pianista. Avevo quattordici anni: quella è stata la scintilla del mio amore per il jazz.Senza distinzione di generi, quale è la tua attuale playlist? Quali dischi ascolti?I dischi che ciclicamente entrano ed escono dalla mia quotidianità: “La sinfonia del nuovo mondo” di Dvorak; “Sherazade” di Rimsky Korsakov, il concerto di Colonia di Jarrett; “Introverso” di Rea, “Mare nostrum” di Fresu Galliano Lundgren, “Porgy and Bess” della mitica coppia Fitzgerald Armstrong. E Bill Evans, ovviamente: “Nardis” potrei consigliarla come terapia ogni giorno, dopo l'ultimo riverbero del tramonto.Leggi l'intera intervista qui: http://www.andymag.com/buzz/1980-carmela-formicola.html