Mondo Jazz

UNA SCOMMESSA SUL FUTURO: ALESSANDRO LANZONI


L'ascolto di The Connection, il nuovo album di Aldo Romano New Blood, mi spinge a ricercare più informazioni sul giovane pianista fiorentino che da poco ha pubblicato anche un cpmpact a proprio nome per Cam Jazz. Ecco giungere a proposito un articolo di Edoardo Semmola sul Corriere Fiorentino:Non sarà sfuggito agli amanti di coincidenze e statistiche il singolare rapporto tra Firenze e il piano jazz. Ogni decennio questa città sforna un talento destinato a grandi imprese: tra gli ’80 e i ’90 esplose la classe del cupo, «maledetto» e sfortunato Luca Flores, celebrato anche da Walter Veltroni nel libro Il disco del mondo e interpretato al cinema da Kim Rossi Stuart; nel successivo apparve il genio del più solare ed eclettico Stefano Bollani, che di Flores fu allievo. Per il secondo decennio degli anni Duemila in molti osservatori e critici internazionali puntano sull’enfant prodige Alessandro Lanzoni. Anche lui fiorentino, anzi di San Piero a Ponti, cresciuto a poche centinaia di metri dalla casa di Bollani. E — sempre per il gioco delle coincidenze — allievo di Mauro Grossi, che fu il primo maestro di Bollani, oltre che di Leonardo Pieri e Franco Santarnecchi.Vent’anni, un diploma di Conservatorio fresco di appena 5 mesi, e già un curriculum che lo fa gareggiare con i migliori: dopo aver vinto il Premio Urbani, appena maggiorenne è stato riconosciuto come «Best Young Soloist» al concorso internazionale «Martial Solal» di Parigi, e a New York, dopo una borsa di studio alla Berkeley di Boston, è stato chiamato a suonare alla Morgan Library e al palazzo dell’Onu per Ban Ki-moon. Ha una grande responsabilità questo ragazzo ancora molto timido e nato con la cravatta ben annodata al collo come un piccolo lord inglese, perché sono in molti ormai ad averlo «candidato» a stella del pianismo mondiale dei prossimi anni. Ha ancora tutto da dimostrare per potersi confrontare con certi paragoni, e infatti tutti lo aspettavano al grande banco del primo disco. Ora ci siamo, a marzo è uscito per la Cam Jazz Dark Flavour che vede Lanzoni in trio con Matteo Bortone ed Enrico Morello conosciuti a Siena Jazz. Il titolo inganna: è tutto fuorché «dark» e lui è quanto di più lontano dai titoli che inventa per i suoi brani, come Feeling Nervous o appunto Dark Flavour, e anche se a suo dire si ispira proprio a Flores, possiede tutto tranne un temperamento inquieto.L’unica «scappatella» che si concede dal rigore formato in una ortodossa famiglia di insegnanti di conservatorio è «l’amore per i Radiohead e la musica elettronica — racconta — e un gruppo di amici con cui occasionalmente suona un mix tra il jazz e l’hip-hop». Dark Flavour è un’ora di jazz in stile libero lungo 11 tracce che corrono attraverso tutte le sue influenze, dal bebop al jazz francese, in un percorso che comprende composizioni originali — tra cui la «parigina» Levra, anagramma del suo compositore preferito, Ravel — ma anche due omaggi al mito del pianismo jazz anarchico e imprevedibile per eccellenza, Thelonious Monk, oltre al classico Satellite di John Coltrane.
È cresciuto con il solo orizzonte della musica classica. «Prima di me, il jazz non aveva mai varcato la porta di casa mia» racconta. Nemmeno la scuola è riuscito a trattenerlo: «Troppo poco il tempo da dedicare alla matematica di fronte ai viaggi, alle prove e ai concerti: ho dovuto abbandonare lo scientifico e passare alla scuola privata». Ma l’altra sua passione non l’ha voluta abbandonare del tutto: «Sono un gran tifoso viola e gioco di punta». A fulminarlo sulla via del jazz fu la radio: «A 11 anni Keith Jarrett, Herbie Hancock e McCoy Tyner mi hanno aperto gli occhi». Il passo successivo fu un disco di Bill Evans «che con la sua capacità di tenere insieme mondo jazz e mondo classico» è stata la naturale stella polare per questo «piccolo lord» fiorentino che sta per spiccare il volo.Fonte: http://voci.corrierefiorentino.corriere.it/2013/04/08/firenze-il-piano-jazz-e-le-scommesse-sul-futuro-alessandro-lanzoni/