Mondo Jazz

DALLA BANDA DELLA MAGLIANA A PRATINO PER BRUNCH FIGHETTI


Un' infanzia infelice quella della Casa del Jazz, che il 21 aprile soffierà le sue prime nove candeline. Eppure è nata da una famiglia agiata, il Comune di Roma, che prima beneficò della confisca (di Villa Osio) al boss della banda della Magliana, Enrico Nicoletti ('Er secco, per gli amici di Romanzo Criminale), poi l'ha lasciata divorare dall'ingordigia cafona e crapulona di management disastrosi. Ultimo a mollare, a dicembre scorso, è stato Giampiero Rubei, patron di un tempietto gualcito per i soliti noti del jazz romano, l'Alexanderplatz, di fede destrorsa e già ideatore in gioventù dei Campi Hobbit; a lui si devono, per dire, le ultime programmazioni, salvo eccezioni, di bassissima lega e destinate a un pubblico tanto perplesso quanto di bocca buona.Adesso, col Sindaco Marino e la sua turbinosa rivoluzione delle aziende comunali, è stata sottratta all'affido di Rubei e lasciata, per così dire, a un giudice di sorveglianza, il direttore artistico ad interim Mario De Simoni. Anche perché, nel frattempo, la piccola Casa del Jazz (ma qualcuno l'ha già ribattezzata "casta del jazz") è finita a far da costola all'Azienda Speciale Palaexpo, che sempre Marino ha affidato a Franco Bernabè (quando si dice "basta alle porte girevoli per i manager"), che sta ancora finendo di contare i 6,6 milioni di buonuscita da Telecom.Anche lo spazio mozzafiato dedicato nove anni fa al jazz (dall'allora sindaco Veltroni) fa parte dei rigori mancati e a porta vuota della Città eterna e dannata. Adesso, resta in attesa di autore come i personaggi pirandelliani e di un mecenate danaroso che, stile Eataly (l'Air terminal fatto e abbandonato dopo i mondiali di Italia '90), la faccia finalmente vivere.Un parco immenso a ridosso della zona archeologica di Roma, un auditorium costruito con intelligenza e competenza, acustica eccelsa, spazio per biblioteche, mediateche, ristoranti, aree verdi per i bambini. Una specie di Ferrari chiavi in mano regalata, però, a un branco di dodicenni sbarbati. Basti pensare che, quando a inizio autunno, cadde un pino a causa di un nubifragio, lo spazio rimase chiuso per settimane perché il Comune non aveva giardinieri disponibili.Oggi, il cartellone resta sguarnito e con una qualità troppo altalenante di nomi capaci di fare da traino; un sunset boulevard che pare preludere alla chiusura dell'ennesimo fiore all'occhiello di Roma, causa insipienza. E se lo spazio fosse reso effettivamente disponibile alle centinaia di ragazzi e giovani talenti impegnati nelle scuole di jazz romane (e non solo) per esibirsi e farsi conoscere 24 ore al giorno?E invece, nessuna proposta di collaborazione e partnership con i conservatori di jazz nazionali ed internazionali, nessun protocollo bilaterale con i grandi centri di produzione culturale e musicale europei, servizi di ristorazione carissimi e propensi alla formula brunch domenicale con trombette jazz di sottofondo, un (fu) negozio di cd tra i più sguarniti, deludenti e cari d'Italia. La Casa del Jazz doveva, appunto, essere una "casa della cultura jazz", sempre aperta alle idee, alle contaminazioni, alle idee, prima di diventare - com'è oggi - l'ennesimo parchetto verde per mammine e badanti di zona.Adesso si aspetta la nomina di un direttore artistico decente (nel senso di competente di jazz e di musica) e di una politica di gestione lungimirante che, con pochi investimenti, si decida a restituire decoro e dignità ad uno spazio d'eccellenza e a evitare l'impressione che Villa Osio sia passata dalla Banda della Magliana alla Banda della Magnana, nel senso di mangiare.A proposito, Sindaco Marino, dove è possibile trovare un bilancio dettagliato dei costi e dei finanziamenti alla Casa del jazz, ente pubblico vigilato dal Comune? Sergio Romanohttp://www.huffingtonpost.it/paolo-romano/casa-del-jazz-roma_b_5159239.html?utm_hp_ref=fb&src=sp&comm_ref=falseCredo ci sia poco da aggiungere......