Mondo Jazz

GASLINI: RICORDI E INTERVISTE


Numerosi gli articoli e i servizi sulla scomparsa di Gaslini. Nella selva di commemorazioni segnalo le "stecche" della Rai: su Radiotre nel radiogiornale un buon testo è stato accompagnato dalla musica dei Goblin tratta da Profondo Rosso il film di Dario Argento per cui Gaslini aveva scritto la colonna sonora. Evidentemente il pezzo è stato giudicato il più consono per sottolineare l'artista....Peggio ancora ha fatto il TG1 delle 13,30: il commento scorreva insieme alle immagini del  trio di....Enrico Intra. Ottime figure che vanno sottolineate. Io invece prendo spezzoni di interviste e le cucio in un necessariamente breve post che cerca di delineare la personalità importate che Gaslini ha rappresentato per il jazz italiano.Un ricordo articolato, con un testo appositamente scritto da Maurizio Franco, comparirà giovedi sul portale Tracce di Jazz, al momento fermo ai box per motivi tecnici. Andai a salutare Ornette Coleman al termine di un suo concerto e gli regalai alcuni miei dischi. In primavera gli scrissi, invitandolo nella mia casa in campagna, un monastero del ’500 che avevo comprato per poche lire, attraverso un’agenzia, senza vederla, a rate: avevo fatto quattro concerti alla Piccola Scala e volevo coronare il sogno di una casa-laboratorio. Nell’ex refettorio che allora era adibito a stalla avevo allestito un piccolo teatro a cinquanta posti, quanti erano gli abitanti del paese. Lui, tipico dei jazzisti, non mi rispose.L’inverno successivo Ornette era a Roma, per suonare al Music Inn. Mi telefonò: “Pronto, sono Ornette! È ancora valido il tuo invito? Ho la mia band, siamo in sette”. Li andai a prendere alla stazione con la mia spider e due macchine di amici paesani. Era il suo gruppo di jazz elettrico, i Primetime. Facevano un baccano tremendo. Lui si era messo in testa di riprodurre il brusio della metropoli. Erano vestititi da pirati, la gente li guardava allibita! Rimasero una settimana.Una mattina viene da me con il sax e mi fa “Ma non suoniamo?”. Io per delicatezza in quei giorni non gli avevo mai chiesto nulla! Scendemmo in teatro e suonammo per quattro ore in duo. Ero d’accordo con gli abitanti del paese: quando la porta del teatro era aperta, potevano accedere. A poco a poco la sala si riempì di cinquanta spettatori.Fonte:http://www.andymag.com/my-lifemy-music/1616-giorgio-gaslini.html «La mia non era una famiglia di musicisti. Figlio di genitori separati, vivevo con mio padre e mio fratello. Un piano verticale troneggiava nel salottino e papà volle che il figlio maggiore prendesse lezioni. Ma mio fratello detestava sia la musica che l’insegnante. Avevo sei anni ed ero lì che m’intromettevo durante le lezioni, così mio fratello mi disse: “Chiedi tu a papà di studiare il piano”.E fu così che cominciai. Mio padre era giornalista, studioso dell’Africa. Quasi una premonizione: devo a questo l’estemporaneità del mio approccio alla musica, da Beethoven direttamente all’Africa. Avevo nove anni quando a Milano partecipai a un concorso per nuovi talenti. Pieno di paura, solo al piano, affrontai il pubblico e la commissione. Ma un giovane comico mi fece ridere.Era Walter Chiari, siamo diventati subito amici. Poi papà andò in guerra. Quando tornò, ci trasferimmo in un paesino della Brianza vicino Lecco. Dopo le lezioni, noi ragazzi andavamo sul lago nella casa vuota di un amico che un giorno mi sbalordì: “Quello che suoni tu si chiama jazz”.Così il mio viaggio musicale dall’Italia all’Africa passò all’America, per ritornare in Europa con un affascinante percorso. Avevo preso lezioni da Gino Negri, studioso di rango che lavorava con Fiorenzo Carpi. Negri mi disse che l’armonia l’avevo già dentro. Mi presentai in Conservatorio al primo corso di composizione. Un’aula buia con la luce che veniva dall’alto e quattro o cinque professori in commissione, conservatori e retrogradi, io timidissimo.Ma avevo già scritto cose piccoline che, dopo l’esposizione, presi a rielaborare improvvisando. “Non è roba tua questa!”, praticamente fui cacciato ed umiliato. Allora mi dissi: “Se jazz deve essere, che jazz sia”. Sono tornato in Conservatorio a 19-20 anni, ma in un momento magico con Claudio Abbado compagno di classe, Luciano Berio, Bruno Canino e insegnanti come Carlo Maria Giulini e Antonino Votto. In due anni e mezzo ho preso sei diplomi». «Fra le tante esperienze importanti che ho vissuto metterei senz’altro la prima esecuzione di Tempo e relazione (1957), la colonna sonora del film La notte di Antonioni (1960), il disco New Feelings (1966), realizzato insieme al Gotha dell’avanguardia mondiale, primo disco italiano votato sulla rivista statunitense Down Beat con il massimo punteggio, le fatidiche 5 stelle, le opere Colloquio con Malcolm X (1973) e Mister O (1996) e più recentemente il concerto-spettacolo U (Ulisse) che ho realizzato per il Festival Jazz di Terni (2003) con il mio quintetto, con il trio di Uri Caine, l’interpretazione di Marco Paolini e gli elementi scenici di Arnaldo Pomodoro.Un evento riconosciuto da tutti come tra i più unici e innovativi di questi anni, seguitissimo dai quotidiani, trasmesso in diretta dalla Rai (Radio3), ma irresponsabilmente ignorato dalle riviste specializzate. Misteri italiani. Aggiungerei il primo dei miei concerti in Cina (Pechino, 1985) e anche le prime esecuzioni al Teatro alla Scala del mio balletto Contagio e di altri due balletti e lavori sinfonici nelle principali stagioni musicali italiane»Fonte: http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerThread.php?threadId=GASLINI+Giorgio