Mondo Jazz

PENSIERI SPARSI: UN RICORDO DI SELLANI


Una volta mi disse Gerry Mulligan: hai mai sentito per strada un tizio fischiare un brano di Charlie Parker?...Credo che nessuno potrà mai raccontare di averlo ascoltato.Conta sempre quello che riesci a trasmettere alla platea e questo vale anche per il jazz. Ma il jazz è più difficile da far capire, perché è un linguaggio complesso e oggi la gente è abituata alle cose facili, se non addirittura stupide. Di sicuro oggi di jazz ne capiscono più in Giappone che qui da noi«Al Blue Note sono andato una sera a sentire una cantante, mi hanno riconosciuto e il direttore si è avvicinato e cortesemente con accento anglofono mi fa: Maestro Sellani saremmo lieti di ospitarla qui da noi una sera. Io gli ho risposto, mettetevi d'accordo con la mia compagna Anna. Devono averla presa male, perché non ho sentito più nessuno. Forse è stato meglio così. Però che chiamassero i nostri giovani almeno, ce ne sono tanti bravi anche in Italia che suonano bene il jazz. Quello che gli manca a volte non è tanto la tecnica o lo studio, quelle poi sono chiacchiere, quanto piuttosto la passione. Ecco questa è una cosa grossa che pochi possiedono. E poi lo stile, per questo non ci sono studi che reggano. Gerry Mulligan mi ripeteva spesso: meglio suonare male che suonare come un altro»«Il cliché del jazzista alcolizzato o drogato fa parte un po' della leggenda dei grandi personaggi che hanno fatto la storia di questa musica. Io mi sono sempre limitato a due-tre boccate di sigaretta durante l'esecuzione dei brani. Non ho mai abusato con il cibo e lo dimostra la mia magrezza diventata proverbiale. Una volta il grandissimo attore teatrale Tino Buazzelli mi invitò al ristorante perché mi doveva assolutamente presentare un suo amico. Quando arrivai scoprii che si trattava di Orson Welles. Mi sono seduto in mezzo a questi due colossi che mangiavano come dei bisonti mentre io mi limitavo a sorseggiare un tristissimo brodino. Mi guardavano con tenerezza.«Bach forse è stato il primo jazzista della storia e comunque ha insegnato a fare musica a tutti noi. Gershwin continua a darci il companatico».«Non ho mai avuto un pianoforte prima perché non potevo permettermelo. Poi perché ho capito che un piano aveva un senso solo se lo suonavo davanti al pubblico, altrimenti non mi serviva a nulla. Poi è successo che un caro amico che ce l'aveva in casa si è ammalato e io ogni tanto andavo a trovarlo e lo suonavo solo per lui, per tirarlo un po' su. Quando è morto, lo scorso anno, ha lasciato scritto che dovevo prenderlo io, come segno della sua amicizia. E adesso per la prima volta nella mia casa c'è anche un pianoforte a tenermi compagnia».Fonte: http://www.avvenire.it/Cultura/Pagine/morto-renato-sellani-maestro-musica-jazz.aspx