L’ultima opera annunciata di un grande maestro è film da non perdere, anche se, come nel mio caso, con abbondante ritardo rispetto all’uscita e non in una sala cinematografica ma grazie alla programmazione di Sky . Di Centochiodi ho letto recensioni che coprono l’intero arco dei possibili giudizi, da Lietta Tornabuoni (E’ un film bellissimo) a Douane Byrge (Pomposo, pretenzioso, noioso). Tutto questo leggere e armomentare ha aumentato le mie aspettative che puntualmente sono state in buona parte disattese. Olmi da credente da voce a quelle istanze che le gerarchie della Chiesa da sempre osteggiano e spesso perseguitano. In questi tempi bui di neo teco con, di clericalismi retrò o di pura convenienza, dire che “le religioni non hanno mai salvato il mondo” è diventata anziché una constatazione, una affermazione a tinte forti . Purtroppo però nel film non c’è nessun credibile processo di maturazione che porti a comprendere il percorso spirituale del protagonista, la storia è molto naif e assolutamente improbabile e una forte impressione di incompiutezza pervade le scelte di un Raz Degan per’altro ben calato nella parte. La vicenda si dipana in un susseguirsi privo di introspezione, troppo “leggera” per avere autentica credibilità, con una ambientazione da spot pubblicitario per niente credibile. Pare addiritura l’opera di un esordiente tanto è raffazzonata e palesemente finta. La mano del maestro si avverte però nel colore e nella consueta capacità di regalare emozioni grazie ai protagonisti non professionisti, cioè alla gente del fiume. Splendide le scorribande di Paolo Fresu e Antonello Salis co-protagnisti di una colonna sonora variegata. Il film però non mantiene le premesse: per essere un testamento spirituale pare inconcludente e posticcio. Di sicuro non dà il benché minimo grattacapo ai Bertone e ai Ruini . Deludente.