Mondo Jazz

ANCORA SU BRASS BANG AD AMBRIA JAZZ


L'eco del concerto si è appena attutito, ma il ricordo è ancora vivo. Ne approfitto allora per qualche considerazione: l'esibizione di Fresu-Bernstain-Petrella e Rojas concludeva una mini tournè tutta italiana di undici giorni. L'affiatamento era dunque calibrato, testimoniato anche da alcune composizioni scritte appositamente per il gruppo da Paolo. Del Brass Bang mi ha impressionato la capacità di passare da una situazione all'altra con eguale pertinenza: musica swingante, brani dal sapore cameristico, ballate popolari, canzoni famose. Con gusto, classe e tecnica debordante senza per questo diventare un concerto di virtuosi che si rubano la scena l'un l'altro. Mai più centrato il ricordo che ha tracciato Fresu di Lester Bowie e del suo meraviglioso Brass Fantasy, gruppo che ha luminosamente segnato molte notti perugine di Umbria Jazz. Nessuna parentela però con il Brass Bang, estremamente diversi personaggi e approcci: la dove Lester Bowie disegnava traettorie esplosive e ritmicamente impareggiabili, perfettamente inserito nel filone della grande musica nera, il quartetto italo-americano ricerca armonie e melodie in punta di fioretto, sfuggendo a clichè e a situazioni troppo definibili.Se critica debbo ricercare la potrei individuare in un utilizzo a tratti ridondante di alcune situazioni create dall'elettronica. Cose che in una esibizione live ci possono stare, e che sicuramente, se il progetto approderà in sala di incisione, verranno corrette e prosciugate da un produttore attento. Vista la notevole affluenza di pubblico mi rimane la curiosità sul perchè l'evento non si sia svolto nella attigua Piazza Garibaldi, poche decine di metri a fianco con un grande palco già pronto. A Giovanni Busetto (al centro nella foto), instancabile progettista di Ambria Jazz, mi piacerebbe anche chiedere spiegazione di quale impossibile perversione l'abbia convinto a fare aprire la serata ad un gruppo tanto estroverso quanto simpaticamente indecente. Credo che la formula di Ambria sia molto interessante: un festival itinerante, senza punti di appoggio fissi ma in continuo divenire con realtà territoriali diverse. Allora, fermo restando il giusto interesse ed appoggio per i musicisti locali, non sarebbe più auspicabile per il futuro puntare di più sulla qualità e lasciar perdere la quantità ?