Mondo Jazz

L'ARTE DELLA MUSICA E IL SUO MISTERO


"Non si dovrebbe scrivere sulla musica, ma con la musica, e musicalmente restare complici del suo mistero" (Vladimir Janchelevitch)La musica è senz'altro il più rigoroso laboratorio per l'acquisizione delle regole, e non vorrei che fosse proprio per questo che, nelle nostre scuole, l'educazione musicale è cosi trascurata. Per effetto di questa trascuratezza i nostri giovani quando crescono non vanno oltre quel ritmo e la sua monotona ripetizione, che, come scrive lucidamente Carlo Sini ne L'incanto del ritmo (Tancrida Editore), si risolve nel battere e levare, battere e levare, uno/due, uno/due.E' il ritmo del nostro respiro, del battito del nostro cuore, il ritmo che cadenza il sonno e la veglia, la sazietà e la fame, il ritmo della sessualità sia nello scenario del piacere che in quello della generazione, dove prende avvio quel ritmo primordiale che scandisce, nella vita intrauterina, la prima figura del tempo.Oggi, se appena ascoltiamo la musica di una discoteca, sentiamo la percussione che ritma il battito dei piedi su questa terra che i giovani avvertono senza speranza, e perciò si affidano a quella regressione che li riporta a quei primitivi ritmi del corpo, nella tenue ipotesi che, tornando alla prima origine del tempo, si dischiuda per loro un altro futuro, che non li costringa nel pieno della loro forza vitale alla più desolata delle rassegnazioni: uno/due, uno/due, battere e levare, battere e levare.A meno che, come ci ricorda Ernst Bloch, proprio partendo dal battere e levare non si apra la possibilità di pervenire a quelle dimensioni profonde a cui tendono anche i mantra orientali ritmicamente ripetuti, che ci consentono di scoprire l'abisso di noi stessi, da cui può  prendere le mosse quella che Bloch chiama l'utopia di noi stessi. Si perchè noi siamo un'utopia, qualcosa che ancora possiamo realizzare al di là della nostra rassegnazione.A questo può condurci la musica se appena siamo in grado di passare dall'ascolto all'auto ascolto fin nelle profondità del nostro intimo, non per scoprire quanto di noi abbiamo rimosso ma quanto ancora non abbiamo creato. La musica infatti è un  incitamento alla creazione.Non ci afferrerebbe fin nel ventre se li non ci fosse la sede dell'emozione, ciò che nonostante tutto ancora ci muove a vivere, musicalmente, secondo le regole della musica, se quelle della politica e della società sono in disfacimento.Umberto Galimberti, D di Repubblica, 20 novembre