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Mondo Jazz

Il Jazz da Armstrong a Zorn. Notizie, recensioni, personaggi, immagini, suoni e video.

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martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30

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« IL FINE SETTIMANA A MILA...ANCORA SU BLACK AMERICAN... »

IL JAZZ NON E' MORTO MA E' RAZZISTA....

Post n°2102 pubblicato il 13 Gennaio 2012 da pierrde

Dopo decenni di sterili polemiche sulla morte del jazz ecco un netto cambio di rotta: il merito è di Nicolas Payton e dei musicisiti raccolti attorno al BAM, Black American Music.

Payton, unitamente a Gary Bartz, Orrin Evans, Marcus Strickland e Ben Wolfe rigetta il termine "jazz", una parola che a suo dire è in odore di pensione oltre che essere razzista; si propone quindi di usare Black American Music  per definire e racchiudere la musica nero-americana.

Tutto ciò, a dire del musicista, senza entrare in polemica e senza critica verso prodotti commerciali spacciati per jazz dall'industria discografica.

Articoli, commenti e video della conferenza stampa si possono consultare cliccando:

 

L'intera conferenza su Vimeo: http://vimeo.com/34718095 http://nicholaspayton.wordpress.com

http://alternate-takes.com/2012/01/06/bam-at-birdland/

http://blogs.phillymag.com/the_philly_post/2012/01/10/call-jazz-call-black-american-music/

 

Solo poche parole a commento: tutti i musicisti coinvolti nell'associazione sono ottimi professionisti, qualcuno con decenni di storia sulle spalle. L'idea, comunque la si valuti, mi sembra ricalchi molto da vicino i concetti della Great Black Music di chicagoana memoria. Ma, al di là dei termini che si possono o si vogliono usare, la differenza come sempre la farà la musica.

Auguro a Peyton di lasciare una traccia durevole e significativa nella storia della musica afro-americana (spero mi passi il termine), perlomeno quanto Art Ensemble of Chicago e tutti i meravigliosi musicisti usciti dalla fucina della AACM. 

 
Rispondi al commento:
Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 15/01/12 alle 11:15 via WEB
In effetti sembra una discussione già sentita...e mi pare che abbia accompagnato il Jazz da quando è nato o quasi. Certe discussioni come minimo risalgono ai tempi di Hughes Panassie e si ripropongono ciclicamente. Sul fatto poi che il Jazz rischierebbe di essere una musica etnica, mi pare discussione addirittura preistorica più che obsoleta, visto che il problema della sua emancipazione da tale stato sia avvenuta ancor prima del tema generale posto da Payton, direi anche qui come minimo nel passaggio dai collettivi New Orleans a Louis Armstrong (detto a grandi linee senza pretesa di precisione temporale o di evento musicale che lascio a chi di competenza). Di fatto il Jazz è un linguaggio universale da quasi un secolo. Mi basta ascoltare qualche solo di Louis Armstrong degli anni '20 per comprenderlo. Una musica in sostanza basata (anche qui in estrema e grossolana sintesi) in particolare sulla capacità di utilizzare il ritmo, nelle sue varie declinazioni, in ambito melodico, non necessariamente improvvisativo, ma direi in particolare in ambito di improvvisazione. Non so se questa idea che mi sono formato sul jazz in decenni di ascolto e anche pratica, seppur dilettantesca, sia quella esatta o corrispondente a quella di altri tra musicisti, critici e ascoltatori, o sia un'idea non "progressista". Poco mi importa, quel che so è che quel requisito è quello che ha sempre dato una sua specificità a questa musica e la resa grande ai miei occhi. Il resto mi avanza e non ho certo la pretesa di convincere altri che la vedono diversamente o, peggio, imporre le mie convizioni. So solo che in linea di massima comprendo bene il punto di vista di Payton con il quale sono sostanzialmente d'accordo, perché è un fatto che oggi circolano musiche e musicisti, secie in ambito Europeo, che con il jazz non hanno sostanzialmente più nulla a che fare. Non ho problemi con lo sviluppo di tali musiche e il loro progredire, ma anch'io penso che non sia corretto, e l'ho scritto tante volte anche qui sopra, etichettare con la parola Jazz tali musiche facendo poi credere che si tratti di uno sviluppo evolutivo del jazz africano-americano o della Black American Music, come sostiene Payton, o che dir si voglia. E' semplicemente una balla colossale spacciata per verità, che da troppo tempo persegue, a mio modesto avviso, intenti ben precisi, non propriamente artistici o musicali, e che provocano da sempre nei muscisti neri la sensazione di estirpazione della propria cultura. Li capisco. Riguardo al discorso di Marsalis di Rodolfo anche qui mi trovo, seppur parzialmente, d'accordo. Trovo le critiche quasi unanimi della critica e musicologia in particolare europea a questo musicista come minimo sempre esagerate e anche abbastanza poco obiettive, perché se si scandaglia bene nella sua discografia, spesso si rintraccia un musicista, un jazzista e un trombettista sopraffino, di livello oggi poco paragonabile e trovo quasi incredibile che vengano posti sul piedistallo dagli stessi critici degli autentici nani al suo confronto, ma tant'è. Io me ne frego di certi sordi pareri come ben sapete e ascolto con le mie orecchie che mi bastano e avanzano.
 
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