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« ACTIS FURIOSOAMBRIA JAZZ, IL FESTIVAL... »

LA TV CHE CI SNOBBA

Post n°2299 pubblicato il 24 Giugno 2012 da pierrde

Dopo la riproposizione parziale dell'intervista a Carlo Actis Dato ecco un'altra intervista che, sono sicuro, piacerà poco ad alcuni dei miei affezionati lettori.

Ovviamente non pubblico per amore di polemica, non sono particolamente interessato, ma perchè giudico comunque degno di interesse il contenuto a prescindere dalle opinioni personali e da chi le esprime.

 

ROMA - Ha cominciato come assiduo frequentatore del festival ed è poi diventato Presidente dell’Associazione Umbria Jazz, Renzo Arbore,«una carica di prestigio che mi fa stringere la mano a personaggi enormi e mi permette di continuare a vivere di questa passione antica che mi colpì a tredici anni» dice lui, che oggi, alla trentanovesima edizione della rassegna, va particolarmente orgoglioso della rosa di jazzisti italiani: «E’ una stagione felicissima. Il vero fenomeno da registrare è che il jazz italiano è secondo al mondo dopo quello americano, in certi casi addirittura primo perché abbiamo un’inventiva e un’ispirazione che altri si sognano. Questo dimostra la mia teoria, cioè che il jazz, noi, ce lo abbiamo nel dna».

E non parla solo dei talenti già scoperti, ma di quelli che la penisola sforna e che spesso vengono notati su internet e chiamati a lavorare prima dagli stranieri. «Fino a una ventina d’anni fa esisteva molto jazz di imitazione, ora abbiamo trovato una nostra strada. Per capirlo basta soffermarsi sul modo in cui Corea guarda Bollani, illuminato dalla sua bravura e fantasia. E’ un riconoscimento mondiale che hanno avuto tutti gli italiani che si esibiranno dal 6 al 15 luglio».

C’è il valore aggiunto che l’Italia non divulga il jazz sui grandi canali radiotelevisivi quindi tutto viene conquistato sul campo, concerto dopo concerto: «E’ una contraddizione inspiegabile» si scalda Arbore «registriamo un aumento di presenze nei tanti festival jazz di ottimo livello che si tengono da sud a nord, e i media tendono a ignorarlo. Credo che il digitale e il web ci salveranno». Non è che il jazz è considerato ancora elitario? «Sì e non lo è più. Lo era quando eravamo in pochi e sapevo che a Bologna c’era un certo Pupi Avati e lui aveva sentito di un clarinettista foggiano che suonava piuttosto male, ma oggi è sdoganato, popolare, accolto a pieni voti anche dal pubblico rock».

Apertura e mescolanza che distinguono il festival perugino e che può far storcere la bocca a qualche purista: «L’accoglienza del reggae, della musica brasiliana, del pop, e di tutto quello che non è strettamente jazz va considerata un merito, un punto di vista che per fortuna il direttore artistico Carlo Pagnotta ha adottato da subito. Ce lo insegna la cultura americana: se fai musica di classe, sei imparentato al jazz. Questione di nobiltà, non di genere».

Fonte : Il Messaggero, intervista di Simona Orlando

 
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Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 25/06/12 alle 09:54 via WEB
caro loop, non ho dato alcuna definizione, ho riportato in virgolettato cosa dice del jazz Actis Dato e quel che dice è per me sintomatico e tipico di un certo modo di essere e considerarsi "jazzista" in Italia ed è, di fatto, l'altra faccia della medaglia di quel che dice Arbore, cioè, a mio moodo di vedere, il solito mucchio di amenità sul jazz che si continuano ad affermare in questo paese da molti degli addetti ai lavori a vari livelli, favorendo in definitiva la disinformazione e ignoranza in materia. Actis Dato dice cosa NON è il Jazz secondo lui e per me è tipico, oltre che patetico, quel che afferma, ma so che è condiviso da molti, purtroppo. Io dico che basta ascoltare quel che viene proposto nel video per avere un'idea di cosa NON è Jazz e cosa evidentemente lo è per lui ed è esplicativo molto più e molto meglio della sua intervista. Ma in questo paese si dà più corda a musicisti del genere che a quello che ha da dire, forse con un minimo di competenza, e da suonare Marsalis, solo per dire, (lo cito spesso non perché mi piaccia particolarmente, ma perché è un caso sintomatico del modo di bollare negativamente un fior di jazzista nel ns paese, dove qualcuno ha deciso che ciò che produce Wynton o chi per lui, non vale a prescindere in quanto musicalmente "conservatore", mentre magari quella roba "bandistica" suonata semplicemente male anche per una banda di paese, non per una banda di ispirazione jazzistica, al di là se sia o non sia jazz. Io non ho dubbi che non lo sia, indipendentemente dalle definizioni che si vogliono adottare, semplicemente perché mancano i requisiti idiomatici, lasciando perdere considerazioni sul livello tecnico e di emissione del suono mostrato da certi strumentisti, come il clarinettista, e non solo. Mi domando se qualcuno che apprezza ha mai preso in mano un clarinetto nella sua vita e ha mai provato a faticare per tirarci fuori un suono un po' più decente di quello che si sente nel video). D'altro canto chi loda il jazz italiano in modo sperticato e intollerabilmente fazioso (ed è un peccato che si agisca così perché ci sono per davvero bravi jazzist, cui alla fine non si rende nemeno un buon servizio) con la stessa intellettualità e cultura che si usa quando si parla di calcio e della nazionale, dovrebbe osservare in modo più autocritico che in sostanza dice le stesse cose di Arbore, del quale in sostanza ne condivide il pensiero. Solo che Arbore le dice per convenienza e furbizia. Gli altri perché lo dicono? Per convinzione?
 
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