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DIECI ( E PIU') PROTAGONISTI DEL FUTURO

Post n°4052 pubblicato il 10 Agosto 2018 da pierrde

Nella foto uno degli "esclusi" dall'elenco

Sempre più spesso è possibile leggere, sia sul web che sulla stampa generalista, articoli che hanno a che fare con la nostra musica e con i nostri musicisti.

Questa volta è il caso della testata GQ Italia, che, per la penna di Maurizio Di Fazio, presenta "Dieci protagonisti del jazz italiano del futuro", e cosi' introduce il pezzo:

Paolo Fresu, Stefano Bollani, Enrico Rava, Fabrizio Bosso, Franco D'Andrea, Enrico Pieranunzi, Roberto Gatto, Stefano Di Battista, Danilo Rea, e gli altri. Sono ancora loro gli esponenti di punta del jazz italiano. I festival estivi, italiani e non, se li contendono.Ma chi ne raccoglierà il testimone artistico?

Parte da qui una disamina di dieci nomi compresi in una fascia d'età che comunque rimane sotto i quarant'anni, con una esclusione eccellente, quella di Francesco Cafiso, perchè ormai universalmente conosciuto.Che pensare di articoli cosi' costruiti ? Spesso sono raffazzonati ed evidenziano la poca confidenza dell'autore con la materia. Altre volte invece, più o meno volontariamente, possono offrire spunti per qualche riflessione.

E' questo il caso, grazie alle parole di Piero Delle Monache, uno dei dieci new talent che il giornalista nomina:

«Lo stato di salute del jazz italiano è molto buono! Sia per la qualità, altissima, raggiunta, sia per il suo sguardo internazionale, sia per la sua presenza, ormai consolidata, nei conservatori e finalmente anche per l'organizzazione istituzionale dei musicisti. Penso al Midj, al dialogo con la Siae, al più recente protocollo d'intesa firmato da Paolo Fresu e dall'ex ministro Franceschini e alla nascita della Federazione nazionale del jazz. Nello stesso tempo però, purtroppo, i festival storici soffrono del mancato rinnovamento del pubblico (sempre più anziano) e gli spazi per gli artisti più giovani e ancora poco noti non sono molti. Morale della favola: cosa ce ne facciamo di accordi siglati e centinaia di nuovi diplomati in Jazz, se poi le opportunità di lavoro sono poche e difficili da cogliere? Dobbiamo ripensare al sistema musica nella sua interezza, la strada è ancora lunga».

Delle Monache centra il problema: se i direttori artistici dei festival italiani sono obsoleti e vetusti nelle loro scelte, ben difficilmente richiameranno un pubblico più giovane, tantomeno daranno spazio ai nomi emergenti (a proposito, tra i dieci nominati ne mancano molti che sono a pieno titolo molto più interessanti di alcuni di quelli proposti, ma tant'è, un elenco minimo è sempre poco rappresentativo di una realtà).

Rimane poi da chiedersi come mai, se la salute è molto buona, un numero considerevole di musicisti italiani cerca sempre più frequentemente fortuna all'estero. Forse perchè nei festival vengono chiamati sempre gli stessi nomi ? Pigrizia unita a esigenze di botteghino, un binomio micidiale che poi inevitabilmente ricade sul pubblico, sempre più abituato ad "andare sul sicuro" e poco propenso a scoprire quanto di buono e di diverso c'è tra le nuove leve.

E mentre la nascita della Federazione nazionale del jazz è sicuramente fatto positivo, c'è ancora da chiedersi (come fa lo stesso Delle Monache) che valore può avere (e quanta enfasi venne data alla notizia!) quel protocollo di intesa Franceschini/Fresu ora che il governo pentafelpato ha come massimo ideale musicale il festival della musica celtica ed il PD sembra avere le stesse probabilità di estinzione della foca monaca.

Non rimane che condividere e sottolineare l'ultima frase del sassofonista pescarese.

Link: https://www.gqitalia.it/show/musica/2018/08/08/top-10-del-jazz-italiano-del-futuro/?refresh_ce= 

 
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