Creato da pierrde il 17/12/2005

Mondo Jazz

Il Jazz da Armstrong a Zorn. Notizie, recensioni, personaggi, immagini, suoni e video.

IL JAZZ SU RADIOTRE

 

martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30

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JAZZ & WINE OF PEACE

Pipe Dream

violoncello, voce, Hank Roberts

pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig

trombone, Filippo Vignato

vibrafono, Pasquale Mirra

batteria, Zeno De Rossi

Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)



 

 

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I PODCAST DELLA RAI

Dall'immenso archivio di Radiotre è possibile scaricare i podcast di alcune trasmissioni particolarmente interessanti per gli appassionati di musica nero-americana. On line le puntate del Dottor Djembè di David Riondino e Stefano Bollani. Da poco è possibile anche scaricare le puntate di Battiti, la trasmissione notturna dedicata al jazz , alle musiche nere e a quelle colte. Il tutto cliccando  qui
 

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Messaggi di Settembre 2011

APPUNTAMENTO CON BATTITI

Post n°1955 pubblicato il 30 Settembre 2011 da pierrde
 

Un fine settimana intenso e oltremodo interessante ci aspetta su Radiotre verso la mezzanotte. Battiti propone sabato notte musica da vivo con Stefano Battaglia che presenta il nuovo album The River of Anyder e domenica invece uno speciale dedicato a John Coltrane:

 

DOMENICA 2 OTTOBRE 2011 SPECIALE JOHN COLTRANEFosse stato ancora in vita, lo scorso 23 settembreJohn Coltraneavrebbe compiuto 85 anni.
Non è un anniversario significativo, ce ne rendiamo conto, ma ogni occasione è buona per tornare sulla monumentale eredità lasciata al mondo intero dal sassofonista afroamericano. Ripercorriamo dunque alcune fasi della sua breve carriera con particolare attenzione ai suoi legami e al suo approccio così peculiare nei confronti del blues





SABATO 1 OTTOBRE 2011 BATTITI DAL VIVO: STEFANO BATTAGLIA

Ritorna l'appuntamento con la musica dal vivo che nell'occasione vede protagonista Stefano Battaglia. Il pianista milanese, che da anni conduce una rigorosa ricerca sul suono, è ospite nei nostri studi per presentare il nuovo CD "The River of Anyder" appena pubblicato dalla ECMe per eseguire alcuni brani dal vivo. 
A seguire uno speciale dedicato a Robin Rimbaud, in arte Scanner, uno dei nomi più importanti della nuova elettronica, del quale proponiamo una serie di uscite recentissime pubblicate quasi contemporaneamente: dalla collaborazione col clarinettista e filosofo americano David Rothenberg alle sonorizzazioni per spettacoli di danza di alcuni tra i più interessanti coreografi contemporanei come Matjash Mrozewski e David Dawson.

 
 
 

TERRORISTA A CHI ?

Post n°1954 pubblicato il 29 Settembre 2011 da pierrde

Vicenda indicativa quella capitata a Tony Bennett nelle scorse settimane. Ospite di una trasmissione radiofonica il cantante italo-americano ha commentato la ricorrenza del 9 settembre con toni anti-conformisti rispetto al pensiero dominante conservatore e puritano e, ovviamente, subito dopo è stato costretto alle rettifiche del caso.

L'americano medio non capisce i motivi per i quali il suo paese è detestato in molte aree del mondo, ignorando o peggio, condividendo, le politiche abominevoli di appoggio a regimi dittatoriali e sanguinari perseguite per decenni dai governi statunitensi. Un pò come l'italiano medio che non sa, grazie a Minzolini e Fede, e se sa non capisce perchè il proprio presidente del consiglio è considerato un pirla in tutto il mondo (eccetto nella Russia putiniana....).

Insomma la strada per una seria riflessione sulle cause e gli effetti della tragedia delle Twin Towers è ancora lunga e difficoltosa. Perchè ognuno si possa fare una propria opinione ecco comunque il testo apparso su Jazztime:

Singer Tony Bennett, 85, is in damage control mode today after stating on Howard Stern’s Sirius XM radio program that the United States caused the attacks on 9/11. While speaking with Stern yesterday, the topic rolled around to the fateful day in 2001 and Bennett stated, “But who are the terrorists? Are we the terrorists or are they the terrorists? Two wrongs don't make a right … They flew the plane in, but we caused it. Because we were bombing them and they told us to stop.”

Bennett further claimed that, in 2005, then-President George W. Bush "told me personally ... ‘I think I made a mistake.’” Bennett said he believed that Bush confided in him because Bush “had a special liking to me.” Bennett, who is currently promoting his new Duets II album, backtracked today after news of his comments went viral. Saying that he made “a tremendous, tremendous mistake,” Bennett explained, “There is simply no excuse for terrorism and the murder of the nearly 3,000 innocent victims of the 9/11 attacks on our country … My life experiences—ranging from the Battle of the Bulge (in World War II) to marching with Martin Luther King—made me a lifelong humanist and pacifist, and reinforced my belief that violence begets violence and that war is the lowest form of human behavior … I am sorry if my statements suggested anything other than an expression of my love for my country, my hope for humanity and my desire for peace throughout the world.”

 

 

 
 
 

TIME AFTER TIME: 20 ANNI SENZA MILES (28 SETTEMBRE 1991)

Post n°1953 pubblicato il 28 Settembre 2011 da pierrde

 

E' difficile non riconoscere a Davis un ruolo di innovatore e genio musicale. Dotato di uno stile inconfondibile ed una incomparabile gamma espressiva, per quasi trent'anni Miles Davis è stato una figura chiave del jazz e della musica popolare del XX secolo in generale. Dopo aver preso parte alla rivoluzione bebop, egli fu fondatore di numerosi stili jazz, fra cui il cool jazz, l'hard bop, il modal jazz ed il jazz elettrico o jazz-rock. Le sue registrazioni, assieme agli spettacoli dal vivo dei numerosi gruppi guidati da lui stesso, furono fondamentali per lo sviluppo artistico del jazz. Miles Davis fu e resta famoso sia come strumentista dalle sonorità inconfondibilmente languide e melodiche, sia per il suo atteggiamento innovatore (peraltro mai esente da critiche), sia per la sua figura di personaggio pubblico. Fu il suo un caso abbastanza raro in campo jazzistico: fu infatti uno dei pochi jazzmen in grado di realizzare anche commercialmente il proprio potenziale artistico e forse l'ultimo ad avere anche un profilo di star dell'industria musicale. Una conferma della sua poliedrica personalità artistica fu la sua (tardiva) ammissione, nel marzo 2006, alla Rock and Roll Hall of Fame; un ulteriore riconoscimento di un talento che influenzò tutti i generi di musica popolare della seconda metà del XX secolo.

L''opera di capo orchestra di Davis è importante almeno quanto la musica che produsse in prima persona. I musicisti che lavorarono nelle sue formazioni, quando non toccarono l'apice della carriera al fianco di Miles, quasi invariabilmente raggiunsero sotto la sua guida la piena maturità e trovarono l'ispirazione per slanciarsi verso traguardi di valore assoluto. Dotato di una personalità notoriamente laconica e difficile, spesso scontrosa, Davis era anche per questo chiamato il principe delle tenebre, soprannome che alludeva fra l'altro alla qualità "notturna" di molta della sua musica.

Questa immagine oscura era accentuata anche dalla sua voce roca e raschiante (Davis disse di essersi danneggiato la voce strillando contro un procuratore discografico pochi giorni dopo aver subito un'operazione alla laringe) Chi lo conobbe da vicino descrive una persona timida, gentile e spesso insicura, che utilizzava l'aggressività come difesa. Come strumentista Davis non fu mai un virtuoso, ma è tuttavia considerato da molti uno dei più grandi trombettisti jazz, non solo per la forza innovatrice della composizione, ma anche per il suo suono - che divenne praticamente un marchio di fabbrica - e l'emotività controllata caratteristica della sua personalità solistica, che in dischi come Kind of blue trova forse la sua massima espressione. La sua influenza sugli altri trombettisti fa di Miles Davis un personaggio chiave nella storia della tromba jazz, al pari di Buddy Bolden, Joe King Oliver, Bix Beiderbecke, Louis Armstrong, Roy Eldridge, Dizzy Gillespie, Clifford Brown, Don Cherry e altri ancora.

Davis fu un vero laboratorio vivente che consentì non solo lo sviluppo di generazioni di musicisti e di nuove tendenze musicali, ma lasciò traccia anche nel costume. Lasciandosi a volte guidare dal pubblico, e a volte precedendolo, egli non esitò mai a reinventare il suono e la musica per cui era conosciuto, nemmeno dopo il successo del rock, quando passò ad una sonorità totalmente elettrica, sfidando l'opposizione e talvolta l'ostilità della critica. Il grande carisma dell'uomo, oltre che da una enorme produzione artistica di indiscusso valore, scaturì anche da una attenta costruzione dell'immagine, opportunamente e sapientemente aggiornata nel corso degli anni, sino ad arrivare all'ultimo periodo in cui il vestiario pieno di colore (in gran parte firmato Versace) conferiva una certa sacralità e ritualità alle peculiari esibizioni dell'unico musicista del XX secolo che seppe essere allo stesso tempo artista rivoluzionario e profondo e icona della cultura pop e dell'industria dello spettacolo e dei megaconcerti.

Fonte: Wikipedia

 

Mi piace ricordare Miles con due scritti di musicisti, uno contemporaneo e a sua volta trombettista, Dave Douglas, l'altro, un gigante, dello stesso periodo di Davis, Charles Mingus.

Douglas sul suo blog ha scritto un articolo profondo e molto intrigante sul confanetto di registrazioni live del 1970, Live at The Cellar Door, sottolineando la modernità e la complessità della musica davisiana di quel periodo spesso sotto l'esame poco benevolo di parte della critica.

Forse non tutti sanno che Mingus scrisse una lettera aperta a Miles, che venne pubblicata su Down Beat nel novembre del 1955.

I link:  

http://www.greenleafmusic.com/illuminations-of-the-cellar-door-miles-davis

http://mingusmingusmingus.com/Mingus/miles_davis.html

 
 
 

ALBORAN TRIO DAL VIVO

Post n°1952 pubblicato il 27 Settembre 2011 da pierrde

Un trio di musicisti italiani, pressochè sconosciuti (anche a me), firma un contratto per 5 dischi con l'etichetta tedesca Act, la stessa di Esbjorn Svennson trio, ed ecco il primo album : bellissimo. Addiritura più intrigante e fresco del ben più titolato trio svedese. Un prodigioso equilibrio di magnifiche composizioni e studiati arrangiamenti, che pure, da una formula a dir poco abusata come quella del trio piano-basso-batteria, riesce a cogliere nuovi profumi e variegati sapori. Composizioni calibrate, melodiche e personali suonate con un garbo ed una pulizia rimarchevoli che denotano nel giovane pianista veresino Paolo Paliaga una notevole maturità espressiva. La stessa che si ritrova nei complici di questa splendida avventura, il contrabbassista torinese Dino Contenti ed il batterista Gigi Biolcati, altrettanto importanti nella perfetta riuscita di questo progetto grazie alla compattezza e alle sottigliezze espresse nell'accompagnamento. Non ci troviamo di fronte ad un pianista più una sezione ritmica, bensi' ad un integrato ed affascinante trio dai toni suadenti ed appassionanti. L'influenza della musica colta europea e le atmosfere pulsanti della tradizione afro-americana sono filtrate ed amalgamate in una veste personale, ricca di sfumature e di iterazioni tra le tre personalità in gioco. Una sorpresa molto molto bella: qui c'è anima, c'è cuore, ci sono idee e soluzioni non banali. E anche tre promettenti musicisti, che spero vengano presi in considerazione come meritano nei prossimi cartelloni estivi dei festival italiani. Se siete stanchi dei soliti nomi, se volete una boccata di aria fresca e contemporaneamente speziata di nuove fragranze, questo è l'album che fa per voi.

Tutto questo lo scrivevo io nel novembre del 2006 recensendo Meltemi, il primo album del gruppo. Da allora, per varie vicissitudini, non sono mai riuscito ad incocciare l'Alboran dal vivo.Visto il posto magnifico dove il trio si esibirà non mi rimane che sperare in una bellissima giornata di ottobre..... 

 
 
 

STEFANO BATTAGLIA - THE RIVER OF ANYDER (2011) E.C.M.

Post n°1951 pubblicato il 26 Settembre 2011 da pierrde
 

Track Listing:

Minas Tirith, The River Of Anyder, Ararat dance, Return To Bensalem, Nowhere Song, Sham-bha-Iah, Bensalem, Anagoor, Ararat prayer, Anywhere Song.

Stefano Battaglia, pianoforte; Salvatore Maiore, contrabbasso; Roberto Dani, batteria

«Mi sono sforzato di scrivere canzoni e danze senza essere influenzato dall'evoluzione dei linguaggi musicali contemporanei, cercando di dare forma a pezzi che avrebbero potuto essere suonati su strumenti arcaici un migliaio di anni fa». (Stefano Battaglia)

Quarto lavoro di Battaglia per l'etichetta di Monaco, dedicato a luoghi mitologici e letterari come si evince dai titoli e dalle note del libretto, dove il pianista da corpo innanzitutto alla sua felice vena compositiva in un progetto che non ha niente da spartire con un patchwork musicale ispirato alle diverse tradizioni culturali a cui si ispira ma al contrario mantiene una propria felice personalità espressiva oramai facilmente riconoscibile. 

L'album racchiude melodie limpide e venate di fresco lirismo sorrette da una formidabile coerenza strumentale ed una mirabile coesione tra i tre musicisti. L'influenza di Jarrett è percepibile chiaramente non solo nel tocco di Battaglia ma anche nell'impatto complessivo del trio, ma il pianista milanese ha da tempo raggiunto una dimensione personale sullo strumento ed il rapporto con Maiore e Dani da vita ad un combo suggestivo che interagisce con profondità e sicurezza su un materiale tematico originale.

Rimarchevole il lavoro di Roberto Dani, percussionista dall'approccio strumentale personalissimo e inconsueto, qui formidable nell'uso dei piatti . Puntuale il lavoro di sostegno e interscambio di Salvatore Maiore. The River of Anyder è contraddistinto da atmosfere piuttosto uniformi e tempi medio lenti, la forma ballata predomina e le ariose melodie disegnate da Battaglia hanno la proprietà di suonare conosciute fin dal primo ascolto, arricchendosi poi ad ogni successivo passaggio fino a svelare trame e preziosità nascoste.

V A L U T A Z I O N E :  *  *  *  *

 
 
 

DIFENDIAMO ROCCELLA JAZZ

Post n°1950 pubblicato il 25 Settembre 2011 da pierrde

 

Lettera pubblicata su CalabriaOra - 8 settembre 2011

 

"Caro Direttore, ho letto solo qualche giorno fa, purtroppo, il bell’articolo che hai scritto sui motivi per cui le Regioni meridionali trovano difficoltà a spendere i fondi europei destinati al loro sviluppo. Mi ha colpito una coincidenza: il tuo pezzo è apparso lo stesso giorno, il 20 agosto, in cui si concludeva, di fronte ad oltre tremila persone, il Festival Jazz di Roccella. Ti chiederai: ma che cosa ha da spartire il mio articolo con il Festival e che senso ha il loro accostamento?

Ti rispondo subito: il Festival è, nel suo piccolo, anch’esso un esempio dei mille meccanismi invisibili (anche se sono sotto gli occhi di tutti) che alimentano il dualismo italiano e di conseguenza la subordinazione economica, politica e culturale del Mezzogiorno nei confronti del Centro-Nord. Contro questa subordinazione, e la copertura “ideologica” che le danno i mass media nazionali, mi sembra che tu sia partito in battaglia e io vorrei fornirti qualche altra cartuccia, sia pure di piccolo calibro. Parto da un convegno che Walter Veltroni, notoriamente grande appassionato di Jazz, tenne a Roma nel 2001, subito dopo la sua prima elezione a sindaco della Capitale.

Il succo del discorso che fece in quell’occasione fu più o meno questo: a Roma è possibile ascoltare molti concerti di ottimo livello ma dobbiamo puntare ad organizzare una grande manifestazione come Umbria Jazz e (guarda un po’!) Roccella Jazz. Nessuno tra le centinaia di persone presenti – artisti, giornalisti, organizzatori musicali – rimase minimamente sorpreso di quella accoppiata. Umbria e Roccella sono infatti, secondo il giudizio comune, i prototipi, e ancora oggi i principali rappresentanti, di due diverse visioni di cosa debba essere un festival jazz: tradizionale, se vogliamo semplificare, la prima; innovativa e sperimentale la seconda.

Fammi soffermare un momento su questa particolare identità di Roccella, richiamando una frase assai bella scritta alcuni anni fa da Franco Fayenz, uno dei maestri della critica musicale italiana. Fayenz ricorda che i musicisti, anche i più grandi, che partecipavano alle prime edizioni del Festival (e si riferiva a personaggi di statura mondiale come George Russell, Steve Lacy, Ornette Coleman, Carla Bley, Abdullah Ibrahim…) non si sono mai lamentati dei disagi inevitabili di quei tempi perchè “capivano che Roccella Jazz era importante, che aveva programmi originali e trasversali e che chi ci veniva (e perfino chi ci suonava) imparava ogni volta qualcosa”.

Fu così che una manifestazione, nata con pochi mezzi nel povero cortile di una scuola elementare, in un piccolo paese della “famigerata” Locride, e sul cui futuro nessuno avrebbe scommesso una sola lira, è diventata a poco a poco “uno dei grandi festival che hanno fatto la storia del jazz e della musica improvvisata in Europa” (parole di Armand Meignan, direttore del festival di Le Mans).

Ma riprendiamo il filo del nostro discorso. Umbria e Roccella sono diversi per impostazione culturale, ma sono soprattutto diversi sotto un altro aspetto, che è quello più importante perché da esso dipende la vita o la morte di una manifestazione. Di che cosa si tratta? Tiro in ballo anche in questo caso un convegno, organizzato anch’esso nel 2001 e da un altro sindaco, Sandro Principe, che era allora alla giuda del Comune di Rende. Al convegno, dedicato ai Grandi Eventi, era presente anche un rappresentante di Umbria Jazz il quale ci informò che il loro bilancio era di sette miliardi di lire, l’ottanta per cento dei quali provenienti da sponsorizzazioni e vendite di biglietti e il resto da contributi pubblici.

Dichiarai a mia volta qual’era il nostro bilancio: settecento milioni, costituito (in maniera esattamente speculare rispetto a Umbria) per l’ottanta per cento da contributi pubblici e per il venti da vendita di biglietti e da qualche piccola sponsorizzazione locale. Credo che, da allora ad oggi, queste proporzioni non siano sostanzialmente mutate e che i numeri che ho riportato meritino una qualche riflessione.

La prima: la Calabria organizza un festival che regge, sotto tutti i punti di vista (qualità dell’offerta, capacità di fecondazione culturale del territorio, notorietà nazionale e internazionale ecc.) il paragone con Umbria Jazz, con una spesa però che è inferiore di ben dieci volte. Può accadere anche questo, dunque, in una regione che agli occhi dell’opinione pubblica nazionale è sinonimo di sperperi e dissipazioni senza fine. Non che questi ultimi siano estranei alla Calabria, anzi ci si imbatte ripetutamente.

Ma ripetutamente non è uguale a sempre e trascurare la differenza tra i due avverbi significa fare d’ogni erba un fascio e abbandonare al loro destino iniziative (e ce ne sono tante) che andrebbero invece incoraggiate e aiutate se davvero si vuole cambiare la Calabria e il Mezzogiorno. La seconda riflessione riguarda il fatto che il Festival di Roccella dipende pressoché interamente dai contributi pubblici, essendo credo l’unica grande manifestazione culturale nazionale che non ha uno, dicesi uno, sponsor privato di qualche rilievo ma solo due o tre amici del posto che danno una mano quando e come possono.

Che cosa significa questo stato di fatto? E’ presto detto: che il Festival, rebus sic stantibus, non ha nessun futuro. Vediamo schematicamente perché: a) i contributi pubblici non sono da soli sufficienti a coprire i costi, da oltre un decennio sono in costante diminuzione e con l’aria che tira è facile prevedere che questa tendenza non si arresterà; b) al momento in cui si fa il programma e il preventivo del Festival (a gennaio) non si ha la minima idea (con l’eccezione, in questi ultimi tre anni della Regione) se essi verranno assegnati e del loro importo; c) Dio solo sa quando i contributi assegnati potranno essere liquidati. Il combinato disposto, come direbbe un giurista, di queste tre circostanze produce un aumento dei costi (un conto è prenotare un albergo a gennaio e saldare subito la fattura, un altro è prenotare ad agosto e pagare quando si può);

il ricorso alle anticipazioni bancarie con l’accumulo di interessi su interessi e spesso il blocco dei conti; il ritardo nei pagamenti ad artisti e fornitori con conseguenti azioni giudiziarie e ulteriori spese connesse; la creazione di un forte indebitamento che si alimenta da solo e così continuando. Insomma, senza l’apporto degli sponsor privati il miracolo (perché di questo si tratta) di mantenere in vita i “Rumori Mediterranei” assai difficilmente si potrà ripetere. E questo, devo dirlo, mi dispiace molto, sia per la Calabria (in nome della quale abbiamo lanciato questa sfida nel lontano 1981) sia per il Paese, visto il ruolo che Roccella Jazz ha esercitato sulla scena musicale italiana ed europea nel corso di tanti anni.

A questo punto, però, caro Direttore, sorge una domanda: come mai una grande banca come Unicredit, un colosso della distribuzione come Conad, una multinazionale come la Kraft (caffè Hag), grandi imprese come Acea, Wind, Heineken ecc., decidono di sponsorizzare Umbria Jazz mentre non si trova nessuno, proprio nessuno, disponibile a finanziare Roccella? Forse in Calabria non ci sono sportelli bancari che fanno capo (e sono quasi tutti) ai gruppi bancari nazionali? E non ci sono supermercati della Conad e delle altre catene di distribuzione? E non si consumano anche in Calabria elettricità e gas? E non si usano i telefonini? E non si consumano bevande prodotte altrove? E non operano imprese di costruzione nazionali che vincono appalti per centinaia di milioni?

Il problema non riguarda solo Roccella ma molte altre iniziative di eccellenza che si svolgono in Calabria e nel Mezzogiorno, e non riguarda solo Umbria Jazz ma la generalità delle manifestazioni di una qualche importanza che hanno sede nelle regioni del Centro-Nord e a cui non mancano (basta leggere la loro pubblicità sui giornali) gli sponsor anche più prestigiosi.

Come concludere, caro Direttore, se non che siamo sempre e in ogni caso, noi meridionali, figli di un dio minore. Ci dobbiamo rassegnare o trovare la forza per ribellarci ad una ingiustizia così insopportabile? Grazie della pubblicazione e cordiali saluti.

Sisinio Zito Presidente dell’Associazione Culturale Jonica

 

http://www.hs.facebook.com/pages/Difendiamo-Roccella-jazz/101004593341804?sk=info

 

http://www.lamusicadirai3.rai.it/dl/portali/site/articolo/ContentItem-f0a199ae-2c00-4185-b729-0b2b6911c2f4.html

 

 
 
 

CESARIA DICE BASTA

Post n°1949 pubblicato il 23 Settembre 2011 da pierrde
 

C

Cesaria Evora ha annunciato il suo ritiro dalle scene: la diva capoverdiana, che ha da poco compiuto settant'anni è ha subito negli scorsi anni alcuni interventi chirurgici, è malata e non può permettersi di mantenere il suo attuale stile di vita. Sono stati quindi cancellati i prossimi appuntamenti del tour: la Evora ha salutato i suoi fan e spiegato la causa della sua condizione di salute (l'impossibilità di resistere alle patatine...) in una lunga intervista a "Le Monde".

Fonte: Il Giornale della Musica Soprannominata la “diva a piedi nudi” per la sua abitudine di esibirsi scalza, Cesária Évora è probabilmente la cantante di morna più conosciuta al mondo.

 

Cesária Évora perde il padre all'età di sette anni. Sua madre si sforza così di mantenerla impiegando i magri guadagni che le venivano dal lavoro di cuoca, e alla fine affidandola alle cure di un orfanotrofio. È stato nel coro dell'orfanotrofio che Cesária ha cominciato a cantare.

A sedici anni, Cesária conosce un marinaio capoverdiano di nome Eduardo che le insegna gli stili tradizionali della musica di Capo Verde, la coladeira e la morna. Le morne sono canzoni di tristezza, malinconia e desiderio, caratterizzate da un tempo lento. Comincia allora a cantare nei bar e negli hotel. Con l'aiuto di musicisti locali, raffìna il suo talento tanto da farsi soprannominare "Regina della morna" dai suoi ammiratori.

Diviene famosa a Capo Verde, pur rimanendo relativamente sconosciuta all'estero. Cesária aveva uno zio noto musicista e autore di canzoni che usava lo pseudonimo di B. Leza (un gioco di parole su beleza, ossia "bellezza"). Molte delle più belle canzoni nei primi album di Cesária sono sue.

Cesária Évora era famosa al tempo ma la fama non le portò benessere economico. Frustrata da problemi di ordine personale quanto economico, sommati alle serie difficoltà politiche ed economiche di Capo Verde, Cesária Évora rinunciò a cantare per mantenere la famiglia. Non ha cantato per dieci anni, periodo che lei descrive come dieci "anni oscuri".

Cesária riprese a cantare dopo essere stata incoraggiata da un esule capoverdiano, musicista e patrono delle arti, Bana, che viveva in Portogallo. Le procurò inviti in Portogallo dove lei eseguì una serie di concerti con il supporto di un'organizzazione femminile. José Da Silva, un francese di origine capoverdiana la persuase ad andare a Parigi dove lei registrò un nuovo album. La diva aux pieds nus (La diva a piedi nudi) nel 1988.

La canzone “Sodade” è stato il suo primo successo internazionale, il primo successo per una canzone non francese in Francia, e segnò l'inizio della sua fama internazionale. La parola portoghese saudade significa nostalgia, struggimento, rimpianto. L'espressione della "sodade" è un elemento importante della musica di Capo Verde. L'album segnò il suo ritorno sulle scene e ottenne successo di critica e di vendite che è aumentato con l'album Miss Perfumado. È diventata una stella della musica internazionale all'età di quarantasette anni

Fonte: Wikipedia

 

Link: intervista di Cesaria su Le Monde

http://www.lemonde.fr/culture/article/2011/09/23/au-bord-du-vide-cesaria-evora-tire-sa-reverence_1576683_3246.html#ens_id=1576721

 

 
 
 

LA FESTA DI RADIOTRE: MATERADIO

Post n°1948 pubblicato il 23 Settembre 2011 da pierrde

La festa di Radio3
23-24-25 Settembre 2011

"Per tre giorni tra i Sassi risuoneranno le voci e la musica di Radio3. Sarà soprattutto una festa, cui vorremmo partecipassero la comunità degli ascoltatori della radio dovunque vivano e quella dei cittadini di Matera. Ci sarà, come in ogni festa, molta musica, ci saranno eventi spettacolari e speriamo avvincenti, ci saranno occasioni di incontro e di divertimento. Ma ci saranno anche le parole e le idee che Radio3 manda in onda ogni giorno. Sono diverse da altre quotidianamente diffuse, sono più attente e curiose del mondo. 
Serviranno per raccontare Matera a chi ci ascolta da tutta Italia e per portare a Matera voci, testimonianze e riflessioni preziose. In un momento particolare in cui alla cultura si chiede di aiutarci a cambiare il nostro modo di guardare il mondo e di abitarlo. Da un luogo particolare, perché i Sassi sono un ambiente unico, con una storia che non ha eguali e che parla ancora. Soprattutto oggi, in una città che vuole proiettarsi a livello europeo. La musica, l'arte, l'immaginazione, la letteratura, il racconto della realtà: linguaggi diversi si intrecceranno per provare a trasmettere questa ricchezza. E se verrete a trovarci, tra i sassi e le piazze della nostra festa, li scoprirete con noi."

Marino Sinibaldi
Direttore di Radio3

IL PROGRAMMA

 

VENERDì 23 SETTEMBRE 2011

 

14.30-15.00 Piazzetta San Pietro Barisano

ALZA IL VOLUME. Musiche inaudite
Rocco De Rosa Quintett

Rocco De Rosa, pianoforte
Pasquale Laino, fiati
Santi Pulvirenti, chitarre
Danilo Avolio, contrabbasso
Antonio Franciosa, percussioni

Conducono Valerio Corzani e Felice Liperi

 

15.00-16.45 Casa Cava

FAHRENHEIT. I libri e le idee
Le parole sono sassi

Conduce Marino Sinibaldi

 

16.50-18.00Piazzetta San Pietro Barisano

IL TEATRO DI RADIO3
L'innaffiatore del cervello di Passannante
di e con Ulderico Pesce

Musiche arbëreshë eseguite dal vivo dai VioClaBass

Stefano Lagatta, viola
Giovanni Catenaci, clarinetto
Giuseppe D' Amico, contrabbasso
Gianmarco Leccese, chitarra

produzione Centro Mediterraneo delle Arti

 

19.00-19.50 Parco del Castello

CONCERTO
TuboLibre

Gianluca Petrella , trombone & effetti
Oren Marshall, tuba & electronics
Gabrio Baldacci, chitarra
Cristiano Calcagnile, batteria e percussioni

Conduce Pino Saulo

 

21.30 Parco del Castello

IL TEATRO DI RADIO3
Toni Servillo legge Napoli

testi di Salvatore Di Giacomo, Eduardo De Filippo, Ferdinando Russo, Raffaele Viviani, Mimmo Borrelli, Enzo Moscato
regia e interpretazione Toni Servillo

Produzione Teatri Uniti

 

22.30 Parco del Castello

Futbol

Peppe Servillo, voce
Javier Girotto, saxes soprano ,baritono,clarineto basso,e flauti andini
Natalio Mangalavite, pianoforte , tastiere e voce

Il programma completo è disponibile sul sito di Radio3.

Tutti gli eventi dalla Casa Cava di Matera si possono seguire in diretta dalla nostra webcam su  http://www.radio3.rai.it/


 

 
 
 

A VENEZIA IL JAZZ DISTURBA ED E' SGRADEVOLE

Post n°1947 pubblicato il 22 Settembre 2011 da pierrde

Se la notizia fosse stata pubblicata il 1 di aprile non avrei avuto alcun dubbio: non può che essere una goliardata.

Invece è tutto vero, la notizia è tratta dal Riformista del 21 settembre e ne riporto i tratti salienti. L'unica conclusione sensata dopo la lettura è che a Venezia gli assessori esagerano con il vino e non ne capiscono di musica. A voi il giudizio.

 

È l’ordinanza numero 926 proposta dall’assessore allacultura del Comune di Veneziae deliberata dalla Giunta comunale per esporre i “criteri cautelativi” in merito alle varie“manifestazioni musicali nei locali pubblici del centro storico”, che sono in aumento so- prattutto nel periodo invernale.

E da quelle parti non vogliono sentir parlare di jazz o, peggio, di free jazz, perché è una «musica dissonante e sgradevole». Così dalla difesa della quiete pubblica si passa, in un nonnulla, alla discriminazione musicale. Uno strumento amministrativo che tenta di mettere un po’ di ordine tra i giovani tiratardi appassionati di musica e i più anziani che hanno voglia di andare a letto presto e magari anche dormire, diventa oggetto di scontro tra i difensori della musica tout-court e i legalitari del palcoscenico.

Ma questa ordinanza detta anche le regole su quali siano le musiche da suonare e quelle assolutamente da evitare. E qui arriva il bello. Nell’ordinanza si spiega che alcuni stili musicali “disturbano” più di altri: un po’ come se al supermercato mettessero in quarantena il peperoncino sfuso e le cipolle perché “disturbano” tatto e olfatto più delle pere e del pane. E allora hanno redatto un elenco dei generi musicali cominciando da jazz/dixieland che va suonata nei locali pubblici soltanto nei suoi stili “più soft” e “senza fiati di accompagnamento”.

E poi più decisamente: «è escluso il jazz sperimentale quale il free jazz che essendo dissonante potrebbe essere sgradevole o di disturbo». Anche i batteristi devono seguire le indicazioni orchestrate dall’assessorato alla Cultura e non certo quelle della partitura: «La batteria e le percussioni non sono in nessun caso amplificate e accompagnano in secondo piano il tema musicale».

Quindi,cari batteristi, niente assoli e, se possibile, mettete da parte le bacchette e suonate soltanto con le spazzole! Per il genere pop, invece, che a detta dell’ordinanza è «una musica inglese di facile ascolto e soft» (è una vera novità che il pop sia solo inglese), «il basso e la chitarra non saranno amplificati». Come farà quindi il basso elettrico del pop a farsi sentire? E l’ordinanza dell’assessorato alla Cultura veneziano prosegue nella sua nuova “legislazione”musicologica, dettando altre fantasiose regole, come uno stile musicale inventato per l’occasione, il - mai sentito prima -«revival italiana d’autore e cover melodiche anni ‘60» [sic!] .

Qui la giunta comunale si commuove e permette addirittura la possibilità di “riproporre anche musiche di film noti del periodo anni ‘60”, ma eseguite da orchestrine di due, tre o «mas-simo quattro elementi», per la gioia di Nino Rota e ArmandoTrovajoli.

Un’altra bizzara definizione è quella descritta per l’acid jazz che nell’ordinanza diventa inspiegabilmente «un genere melodico e allegro della cultura nera-americana» E deve essere suonato acustico, dove soltanto la voce e le tastiere saranno “sonorizzate”, sempre con batterie suonata con le spazzole.

In pratica tutti i generi musicali, rivisti e corretti dall’ordinanza, potranno essere suonati quasi esclusivamente informa semiacustica. Ma oggi anche il ballo liscio non si suona più in forma acustica. C’è un solo genere che si può suonare puramente in acustico ed è il jazz e il free jazz, cioè proprio quello stile che l’ordinanza vieta categoricamente.

Alessandro Agostinelli, Il Riformista, 21 settembre

 
 
 

LEZIONI DI MUSICA

Post n°1946 pubblicato il 21 Settembre 2011 da pierrde

Il sabato mattina su Radiotre c'è una trasmissione che si chiama Lezioni di Musica. Solitamente un critico o un musicista intrattiene gli ascoltatori sulle grandi figure della musica classica. Sempre interessante e sempre grande radio; da tre settimane a questa parte la trasmissione ha cambiato leggermente il tiro, ospitando prima Stefano Bollani e poi Paolo Fresu.

Bollani occupa due puntate della durata di circa tre quarti d'ora l'una sul rapporto tra la musica classica ed il jazz. Registrato dal vivo due anni fa con il pubblico presente, Stefano fa un excursus che va da Bach a Gershwin, inframezzando il parlato con esempi musicali suonati in diretta e infarcendo il filo del discorso con annedoti e divagazioni nel suo stile da intrattenitore ormai ben conosciuto.

Mi sono divertito e mi sono anche appassionato, scoprendo analogie e riferimenti musicali che mi erano ignoti.

Le puntate di sabato 17 e domenica 18 hanno visto invece come protagonista Paolo Fresu impegnato a raccontare la sua scoperta della musica di Miles ed il suo approccio iniziale al jazz. Con il suo stile genuino e fresco Paolo racconta non solo episodi della sua formazione ma descrive pagine illuminanti dello stile di Davis.

Potete riascoltare le puntate grazie al podcast offerto da Radiotre cliccando qui:

http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/PublishingBlock-4e02a2ec-4046-486f-b7b2-54b8a5ab86ab-podcast.html?refresh_ce

 In tema con questo e gli ultimi post che ho scritto, segnalo l'articolo di Aldo Grasso sul Corriere della Sera dall'emblematico titolo: Bollani (anche) in tv vale venti Allevi: 

http://www.corriere.it/spettacoli/11_settembre_20/grasso-bollani-in-tv-vale-venti-allevi_ccf5b8c4-e345-11e0-91c7-497ab41fbb63.shtml

 

 
 
 

MEGALOMANI

Post n°1945 pubblicato il 20 Settembre 2011 da pierrde

"I critici mi sottovalutano per difendere la musica classica tradizionale,ma le loro parole non possono nulla contro la forza delle note.

So che tra qualche secolo, da una nuvoletta del Paradiso, guarderò il traffico in Via Giovanni Allevi."

Intervista a Allevi, Repubblica, pagine culturali, sabato 17 settembre

 
 
 

LA PRIMA PUNTATA DI SOSTIENE BOLLANI

Post n°1944 pubblicato il 19 Settembre 2011 da pierrde

Di questi tempi basta una trasmissione a modo, intelligente quanto basta e senza le solite musiche deprimenti da prima serata televisiva per far gridare al miracolo.

Invece nessun miracolo, semplicemente una buona scelta di musiche dal vivo, dei testi adatti e simpaticamente scorrevoli, pretesto per una scoppiettante scaletta in cui la musica, parlata o suonata. è protagonista assoluta.

Vedere in tv un musicista straordinario e ovviamente sconosciuto come Gabriele Mirabassi mi ha riconciliato com il piccolo schermo. Non fosse che per questo, Bollani ha ampiamente il mio apprezzamento.

Poi certo ci sono anche cose da migliorare, iniziando magari dall'orario impossibile per chi la mattina dopo deve alzarsi presto, una maggiore scorrevolezza, una intesa tra Stefano e Caterina Guzzanti che non può che migliorare.

Ma in un palinsesto in cui trovare qualcosa che valga la pena di essere visto è fatica sempre più improba, trasmissioni come Sostiene Bollani dovrebbero durare 600 puntate come il mitico e ormai remoto ai più L'Approdo.

Per chi avesse perso la puntata nessun rimpianto: cliccando qui è possibile rivedere tutto:

http://www.rai.tv/dl/replaytv/replaytv.html#ch=3&day=2011-09-18&v=83786&vd=2011-09-18&vc=3

Per leggere le reazioni alla trasmissione :

http://it-it.facebook.com/pages/Sostiene-Bollani/237170779669076?sk=wall

Link:

http://it.wikipedia.org/wiki/L'approdo

 

 

 
 
 

BOLLANI UNLIMITED

Post n°1943 pubblicato il 19 Settembre 2011 da pierrde

E' un periodo in cui parlo spesso di Bollani, di cui tra l'altro sta per uscire l'album il duo con Chick Corea registrato dal vivo durante la scorsa edizione di Umbria Jazz Winter.

Dopo la notizia della trasmissione televisiva su Raitre, Sostiene Bollani, ecco l'iniziativa editoriale di Repubblica e L'Espresso: Stefano Bollani Unlimited, quattro cd ed un dvd.

Bastano i titoli delle cinque uscite per capire lo spirito senza limiti di un jazzista estroverso e di difficile classificazione: si inizia il 23 settembre con la Rhapsody in Blue di George Gershwin registrata nel 2010 con il maestro Riccardo Chailly e l'Orchestra del Gewandhaus.

Il 30 settembre è la volta di Big Band ! Live in Hamburg con la NDR Big Band, il 7 ottobre uscirà Smat Smat, registrato in solitudine. La settimana successiva sarà la volta di Dottor Djembè, duetti con altri musicisti registrati per la trasmissione radiofonica di Radiotre.

In chiusura il dvd Carioca, un concerto dedicato alla musica brasiliana. 

 

 
 
 

NUOVE ISTITUZIONI

Post n°1942 pubblicato il 18 Settembre 2011 da pierrde

E' la (solita, oramai) notizia del giorno. La vignetta è tratta da Inserto Satirico. Il commento credo sia inutile.

Nei paesi più evoluti d'Europa i politici si dimettono per un soggiorno pagato da terzi, da noi nemmeno di fronte all'evidenza della inadeguatezza morale, della incapacità politica e istituzionale, delle infinite ruberie a spese della collettività.

Nel marasma che ci sta travolgendo è pesante il silenzio di coloro che invece sparavano ad alzo zero nei confronti di Piergiorgio Welby e del papà di Eluana. Non che mi fossi illuso, so benissimo che l'unico vero dio che si adora oltre il Tevere è il denaro ed il potere, ma cosi' in basso erano arrivati solo ai tempi dell'Inquisizione (Santa, non a caso).

Sperare in un soprassalto di dignità da parte di questa maggioranza pagata e mantenuta unicamente per togliere il capo dalla galera è inutile. Lo spettacolo è indecoroso e la prospettiva è che lo sarà a lungo. Prepariamoci al peggio.

 
 
 

BRANDFORD MARSALIS & JOEY CALDERAZZO-SONGS OF MIRTH AND MELANCHOLY

Post n°1941 pubblicato il 17 Settembre 2011 da pierrde
 

Track Listing: One Way; The Bard Larchrymose; La Valse Kendall; Face On the Barroom Floor; Endymion; Die Trauernde; Hope; Precious; Bri's Dance.

Personnel: Branford Marsalis: saxophones; Joey Calderazzo: piano.

Joey Calderazzo ha preso il posto dello scomparso Kenny Kirkland a fianco di Brandford Marsalis già da dieci anni ma solo ora giunge il primo album in duo a suggellare una profonda intesa maturata all'interno del quartetto del sassofonista.

L'album si presenta come una raffinata ed introspettiva seduta cameristica in cui radici blues (One Way di Calderazzo), musica colta europea (Die Trauernde di Brahms) e brani più apertamente jazz (Face on the Barrom Floor di Wayne Shorter) convivono senza stridere in una proposta che assimila e restituisce le varie influenze temperate dal talento e dall'estro dei due musicisti.

Non c'è un beat marcato e nemmeno improvvisazioni al calor bianco, ma indubbiamente feeling e ascolto reciproco uniti a una comune visione e condivisione di un jazz da camera che risente delle influenze della musica europea del '900 metabolizzate e restituite con sensibilità e padronanza tecnica.

Nel suono del soprano si individuano radici profonde, brandelli espressivi di Sidney Bechet che affiorano e ritornano immediatamente sotto superficie, esattamente come nel linguaggio pianistico di Calderazzo, cosi' bluesy e contemporaneamente aperto e vivido. Abbandonato momentaneamente il post-coltranismo che ha caratterizzato larga parte della produzione discografica, Marsalis si dimostra eccellente strumentista e ottimo compositore di ballads  (The Bard Lachrymose) imitato da Calderazzo (Hope, La Valse Kendall) in un duo pregevole anche grazie ad una ottima presa del suono.

V A L U T A Z I O N E :  *  *  *  * 

 
 
 
 

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