La tana di Thokiro

Post N° 1

Ave o errante peregrino che visiti la mia umile dimora. Se proprio ci tieni a conoscermi devi prima essere a conoscenza della mia vita passata e... se non ci tieni a farmi amico, il mio consiglio è quello di iniziare a correre, veloce, più forte che puoi lontano da me..
Qualora tu avessi deciso per la prima scelta questa è la mia storia:

Io, Thokiro, nacqui diciott’anni or sono da genitori a me ignoti.
Dalle voci che circolavano sul mio conto sembra che mio padre era un gran bevitore alla “Taverna dei tre Puledri” ed, in una sera di luglio, uscì con la sua birra in mano e violentò una giovane ragazza di appena quattordici anni uscita in strada per prendere dell’acqua giù al pozzo. Quella ragazza era mia madre che fin da quando mi portò in grembo mi vide come la sua condanna, la sua maledizione. Mia madre, di cui non conosco neppure il nome, non ci mise molto a farsi vendetta, uccidendo a coltellate quell’uomo che l’aveva deturpata. Venne arrestata, ma fu felice di esserelo, facendo sapere a tutti che la sua anima ora era in pace. Fu così che quando venni al mondo in un cella fredda agli inizi di marzo, tra un mare di sangue, urla e disperazione, mia madre mi affidò ad una guardia che mi depose, indifferente al mio sguardo di bambino, al cimitero, sulla tomba di quello che era mio padre.
Mi ritrovarono la mattina seguente infreddolito e muto a cercare di restare aggrappato a questa vita fatta di sofferenze e pene.
Il passo seguente fu un orfanotrofio sporco e stretto. I bambini intorno a me morivano continuamente, cercavo di non fare amicizia con nessuno per non dover poi soffrire una volta che li vedevo morire. Mangiavamo saltuariamente e poco. A tre anni si accorsero del mio albinismo, e così fui sempre più messo da parte in ogni situazione. Ero etichettato come “il prossimo a morire”, ed invece sono ancora qua. A d otto anni fuggì da quell’edificio dall’aria insalubre e per dieci lunghi anni non uscii mai dalla foresta dove mi addentrai quella notte. Sin da piccolo possedevo una spiccata attitudine all’isolamento, alla contemplazione, al ritrovamento dei luoghi dello spirito per fuggire da quelli del corpo.
Sono cresciuto sotto la grande ala protettrice della foresta che in breve tempo mi diventò amica. Non vidi ne incontrai nessun umano per dieci anni.
Poi, in una scura notte di luglio, all'età di diciotto anni, durante una delle mie passeggiate notturne incontrai un essere che non avevo mai incontrato nella foresta. Non fuggì, aspettai che si avvicinasse. Non sembrava cattivo, eppure mi morse. Darcia era il suo nome e dopo avermi morso mi disse che era un lupo mannaro… e che anch’io lo sarei diventato. Poi se ne andò, correndo nella notte.
I giorni che seguirono furono tremendi, ma ciò non mi spaventò. Lunghe e profonde ferite mi spaccavano il corpo e lunghi peli mi crebbero su tutto il corpo. Peli bianchi, causa del mio albinismo.
Nel mio animo iniziò a crescere un sentimento che mai prima d’ora avevo provato durante i miei anni di rassegnazione. Era odio, odio puro verso qualunque forma umana.
Quando la luna si riempiva in cielo, io mi trasformavo in quell’essere odiante che ora era parte di me e che, tuttavia, non cercavo di sconfiggere con la mia parte “umana”.
Ed ora, ogni volta che vedi un lupo su quella montagna laggiù stampato sulla luna con il muso al cielo emettere il suo ululo, sappilo… quello sono io.
Thokiro, il lupo bianco.