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Rifuggo a gambe levate!


Ho già parlato di distanze?Lo chiedo ai miei lettori più accaniti. A quelli che non si sono lasciati scappare neanche una puntata di questo mio racconto.No, non mi riferisco esattamente ad un unico significato del termine. Piuttosto il tentativo è quello di sviscerarne le molteplici sfumature possibili.Si comincia dalla distanza “metrica”, dall’impossibilità di stare sempre e comunque… in qualunque momento… dove si vuole, nella situazione che si desidera, nel punto esatto dello spazio preteso dalle nostre percezioni sensoriali: i sensi chiedono, pretendono che il corpo sia in quel posto lì, in quel momento lì, ma l’involucro non risponde, non possiede il dono dell’ubiquo. In questi casi l’unica soluzione è adulare la propria mente a tal punto da cambiarne le regole percettorie, attaccandosi ad ogni genere di amenità… i fischi alle orecchie, gli squilli del cell, il prurito al naso, le fitte al cuore... Eppoi, quando la distanza spaziale finalmente scompare, ecco che aumenta quella mentale. Il cervello fugge… desidera la libertà, la lontananza, il distacco… Che stranezze questa vita, bellissima ma piena di sensazioni bizzarre, di odori che non tutti sono in grado di intercettare, di sentimenti che altalenano… imbevuti come sono di melense esigenze prossime a colar via.Poi la distanza “cerebrale”: il desiderare, l’aspettare, il sognare che le cose della vita vadano anche per gli altri nello stesso modo… e venire puntualmente disillusi. Tutto ciò nonostante si sia vaccinati, esperti degli accadimenti del mondo, più volte attori di eventi similari. Ma il voler vivere strenuamente di continui dejavu accade solo per il gusto di ripetere la stessa esperienza? Forse ha ragione Paulo, le cose avvengono più volte per sottoporci ad una sorta di prova, si ripetono per vedere quali reazioni assumiamo… se abbiamo imparato la lezione.E ancora la distanza dei “sentimenti”, una molla che, trascinata dal peso della passione, alterna continue espansioni e contrazioni; che, ad ogni conferma della debolezza dell’altro, ti fa allontanare da lui… per conquistare la coppa del vincitore. O infine la distanza “fisica”, il bisogno irrefrenabile di entrare nell’aura dell’altro, di varcare la soglia proibita all’avulso, di penetrare il muro dei sentimenti per spingersi fino al contatto più intimo… e prolungato.…Stupide altalene che ti tormentano il cuore, il fegato, il cervello, il colon, le ghiandole sudorifere, e chi più ha… più offre alla causa!;))A.P.S.: Azz… dimenticavo la distanza tra "il pensiero e l’azione”. E’ da apprezzare chi dice poco di ciò che pensa e preferisce nutrirsi di momenti vissuti, no?