Donna S.p.A

la donna e il mare......


 Sarà questo tramonto che m’allunga l’ombra e le pene, che mi fa sentire più grande degli anni che nascondo, di questa infinita ricerca di non essere sola e mi trova scompagnata come due calze messe di fretta. Sarà che non m’aspettavo d’essere così voluta, desiderata da questo vento che soffia e s’incanala nelle pieghe nude di sesso, come se sotto la gonna ci fosse davvero un tesoro, ci fossero letti caldi che m’avvolgono nei giorni d’inverno quando il gelo secca le mani e feconda i miei sogni. Ma stasera davvero vorrei essere più bella di quella che sono, più attraente d’una bella di notte che sciama lungo le calate d’odori spessi di sale, nei vicoli stretti stipati di carne d’amore. Lo so che laggiù c’è il mare, che le mie gambe su questi scogli si snodano a modo e lasciano la voglia d’affogarci le mani. L’ho coperte d’impalpabile nero, come se sotto l’orlo ci fosse un’anima a forma di ventre, ci fosse una donna che non corrisponde alla faccia sfumata nel rosso di questo tramonto. Sarà questo vento che m’imbroglia i pensieri e mi scompone i capelli dopo ore allo specchio, ma stasera mi sento come terra grassa dopo giorni di pioggia, come sposa novella al primo ritardo. Non porto mutande, perché mai ne porto quando annuso l’odore e trattengo il respiro, quando allargo le gambe al vento che sbatte. Mai forma di uomo potrebbe riempirmi altrettanto, mai desiderio di sesso colmerebbe fino all’ultima goccia il mio ventre bucato. Alzo la gonna ed apro le gambe, e m’affido al mestiere del mondo, come se illusa potessi contenere ogni suono, ogni gabbiano, potessi ospitare ogni parola trasportata dal vento. Questa brezza che sale e mi inumidisce la pelle mi fa chiedere come ho potuto negli anni saziarmi di uomini, sfamarmi del vuoto che mi creavano dentro quando illusi m’abbondavano il sesso. Come ho potuto scorticarmi a secco le membra? Perché non c’era né voglia, né liquido denso che si scioglie nel senso infinito d’abbandonarsi lasciva sotto i colpi stridenti d’un ramo secco e nodoso. Lo so che laggiù c’è il mare, che tra le mie gambe scompaiono barche e battelli, che fitte s’accodano e fanno la fila. Sono piene di gente di mondi diversi, di rutti e bestemmie straniere, di lingue volgari che confondono in sogno donne e puttane. Mi sento l’approdo dei loro bisogni, molo dove ormeggiano albe e si rincorrono notti. Sarà che ogni sera vengo a sedermi sopra questo tramonto ed aspetto impaziente che il vento mi sfumi, mi sfami la sete d’essere parte del mondo, luna che gravida partorisce di giorno il frutto dei semi lasciati infecondi. Sarà che aspetto la sera, che abbia lo stesso colore del sesso che apro, spalanco sfrontato dinanzi al mondo. Sarà che m’accarezzo leggera, che le mie dita sono barche e battelli, sono navi che fanno la fila e m’inseguono nell’intimo dove lento si scioglie un desiderio lontano. Corre lungo le sponde e bonifica terre, foce di fiume che si deposita in mare, mentre il vento che soffia, m’asciuga le pieghe ed io ricomincio a sognare.