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La holding dello spavento


di Mario Giordano Sentite caldo? Per forza: la Terra sta bruciando. Non ve ne siete accorti? Pensavate fosse solo un inverno mite? O il riscaldamento del condominio troppo alto? Macché: è la catastrofe ambientale. Praticamente l’apocalisse prossima ventura. L'ultimo rapporto degli esperti dice che sarà nel 2070, mese più mese meno. Già a scriverlo viene da sudare: il pianeta ha la febbre. E adesso che ci penso, anch’io mi sento poco bene. Non c’è da ridere: basta leggere l’ultima quartina dei Nostradamus verdi, cioè il rapporto Ue, sparato in prima pagina da tutti i quotidiani italiani. Nei prossimi decenni, si sostiene, il Mediterraneo sparirà, l’Italia diventerà un deserto, Stoccolma sarà come Rio de Janeiro, la Groenlandia una succursale delle Maldive, per andare da Pizzighettone a Casalpusterlengo bisognerà affittare un cammello e a Brescia Ovest non si avvisteranno più code di Tir ma code di giraffe. Ora, se volete, prendete pure il fiato, ma sappiate che vi sta venendo il cancro ai polmoni. Ma sicuro: le piaghe d’Egitto furono un pic nic rispetto alle previsioni dei catastrofisti dell’ambiente. Anche se, per fortuna, le loro gufate sono sempre state regolarmente smentite, più delle promesse elettorali di Prodi. In America, tanto per dire, oggi i boschi sono più estesi che all’epoca di Cristoforo Colombo. In Inghilterra ce ne sono più che ai tempi di Robin Hood. Ma gli esperti non avevano lanciato l’allarme deforestazione? Mai fidarsi degli esperti, come diceva un mio amico. In fondo sappiamo sbagliare benissimo da soli. Degli esperti che si trincerano dietro la scienza, poi, bisogna diffidare ancora di più. Sono i nuovi scribi, la casta eletta, i sacerdoti della tecnica diventata divinità. Magari attendibili come il mago Otelma. Però non si può dire. Bisogna ascoltarli. Sempre. O, almeno, fin quando la loro verità non viene travolta dai fatti. Nel 1972, per esempio, il Club di Roma pubblicò uno studio, che è la madre di tutti i catastrofismi. Prevedeva che l’oro si sarebbe esaurito nel 1981, il petrolio nel 1992 e l’uomo del 2010. Essendo il 2010 assai vicino, possiamo consolarci: oro e petrolio esistono ancora. Nel frattempo i catastrofisti hanno aggiornato le stime: l’Apocalisse è stata spostata al 2025, al 2050, e adesso al 2070. Non male, no? Ci abbiamo guadagnato 60 anni, che è già qualcosa. Anche se non è nulla rispetto a quello che guadagnano loro. Ma sì, diciamolo: quella del catastrofismo verde è la Spa della paura, la holding dello spavento. Gettano semi di panico per raccogliere finanziamenti. E dunque qualsiasi panico va bene. Tanto per dire: quelli che oggi si spaventano per la desertificazione del pianeta, qualche anno fa lanciavano l’allarme per una nuova glaciazione. Ottobre 1973, Chamonix. Convegno sull’«inarrestabile avanzata dei ghiacciai alpini». Il documento concludeva allarmato: «Dietro l'angolo c’è una nuova era glaciale». E i grandi esperti di ambiente pontificavano sul raffreddamento del pianeta esattamente come ora pontificano sul suo surriscaldamento. Beh, se non altro, qualsiasi sarà il cambiamento climatico, potranno dire di averlo previsto. Guai ad ammettere che il riscaldamento della Terra è un fenomeno per lo più ciclico e naturale. Guai a ricordare che Groenlandia significa «terra verde» perché fino al quattordicesimo secolo - inizio della Piccola era glaciale - lì non c’erano ghiacci ma prati (e senza l’uomo a inquinare né violazioni del protocollo di Kyoto). Guai: altrimenti a chi finirebbero i finanziamenti? E allora avanti con il clima impazzito, i mari che si gonfiano, l’apocalisse che avanza, soprattutto in prima pagina. Avanti con i profeti, di sventura, mondo pulito e coscienza sporca. Il pianeta brucia? Forse sì. Ma intanto noi, così, stiamo freschi.