Mr Nice Guy

Quegli occhi pieni d'amore


L’altro giorno ero sul blog della Tiffy, e mi sono accorto che non ho mai raccontato come sia finita con l’Attivista. Soprattutto, perchè. Il motivo è che è abbastanza difficile da spiegare, quindi generalmente opto per una mezza verità, dico che era una donna super impegnata e che “non la vedevo come la donna della mia vita”. La realtà è leggermente diversa, e soprattutto, io non ci faccio per niente una bella figura. Quindi mettetevi comodi.A guardarla da fuori, l’Attivista era decisamente una ragazza particolare. Bella, allegra,  vitale, simpatica e intelligente. Alta poco più di un metro e sessanta, bionda e con due enormi occhioni azzurri, spalle larghe, fianchi stretti, poco seno, sembrava più un ragazzino. Magari non era una di quelle ragazze appariscenti che ti volti a fischiarle dietro, ma ti colpiva immediatamente, e ti conquistava l’attimo dopo. E soprattutto, mi piaceva da morire.A starle vicino, ti accorgevi che forse era leggermente eccessiva. Fumava come una ciminiera, beveva come un lavandino, mangiava come un tritarifiuti e parlava come una mitragliatrice. Senza contare che era sboccata come un camionista. Per tante cose era decisamente più maschile di me, così come per altrettante ero più femminile di lei. Quando era più donna la chiamavo “Momò”, e quando era più uomo la chiamavo “Mauro”.A conoscerla un po’, ci si accorgeva che era eccessiva in tutto. Era sbadata, pasticciona, disordinata, l’immagine della disorganizzazione. Il suo appartamento era una grossa cuccia per il cane, era capace di rimanere senza benzina in autostrada, ed una volta mi si è addirittura chiusa fuori di casa. Lasciando la caffettiera sul fuoco. Dovevi correrle dietro come ad un ragazzino scatenato, e solo per impedirle di cacciarsi in qualche guaio o di combinare qualche disastro.La sua idea di abbigliamento era quella di cospargersi di marmellata, rotolarsi nell’armadio, e mettersi addosso quello che le rimaneva attaccato. Quello, o la tuta. Sognava di vivere in un mondo morbidoso dove tutti potessero indossare la tuta anche al lavoro. Si addormentava come un sacco di patate, e quando non ballava la tarantella nel sonno, si metteva di traverso nel letto e passava la notte ad arrotolarsi nelle coperte come un involtino. Un involtino momoso pieno di amore, diceva. Ho un’intera collezione di foto dove dorme in pose assurde. E' lei quella nella foto piccola, in alto a destra.E poi, piangeva. Di continuo. Giuro davanti a Dio che non ho mai visto una donna piangere così tanto in vita mia. Piangeva quando era felice, piangeva quando era triste, piangeva quando era preoccupata e piangeva quando le passavano le preoccupazioni. Quando aveva il ciclo, poi, piangeva anche più volte al giorno, e per i motivi più disparati. Una volta si è messa a piangere a Gardaland, guardando il pupazzo di una renna, perchè aveva gli “occhi rollosi”,  che le ricordavano il suo cane e le facevano tanta tenerezza. Certe volte l’ho vista piangere e ridere contemporaneamente. E rideva, eh! Ma quando piangeva, era a secchiate.Ma a conoscerla per davvero, ti accorgevi di tante altre cose. Aveva un cervello che era un diamante ed un cuore candido come la neve. Aveva la forza d’animo di un carro armato, la determinazione di un martello demolitore, la tenacia di una morsa. Ma aveva la sensibilità di una farfalla. Dentro, era come un nastro d’acciaio, flessibile ed indistruttibile, ma con la delicatezza di un filo di seta. Traboccava d’amore, di compassione, di dolcezza, di gentilezza e di una dedizione inestinguibile per tutto e per tutti. Era ed è in assoluto la donna che ho amato, ammirato e stimato di più in tutta la mia vita. Un amore grande e bello, un’ammirazione sincera e profondissima. Era una donna eccezionale. Era così tanto meglio di me in così tante cose, in così tanti modi, che mi sentivo onorato di starle a fianco.Quando l’ho conosciuta lavorava in gelateria, con una laurea in filosofia con il massimo dei voti, maltrattata, umiliata e sottopagata, fra mille sacrifici. L’ho accolta in casa mia quando non aveva un posto dove andare, l’ho supportata, l’ho nutrita e sono stato al suo fianco. Ho fatto di tutto per farle scegliere una professione che la valorizzasse, l’ho incoraggiata più che ho potuto, ed alla fine ce l’ha fatta. Ha trovato un  lavoro dove finalmente le hanno permesso di dare il massimo, e il suo massimo non ha limiti. Ha fatto una carriera stellare e sono stato orgoglioso di lei come non credevo possibile. E lei, mi ha sempre guardato con gli occhi pieni d’amore.Mi ha sempre guardato con quegli occhi pieni di un amore sconfinato, come solo una cagnolina randagia che hai adottato, amato, curato ed accudito. Ed io, l’ho amata tantissimo. L’ho amata come si ama una figlia o un cucciolo, e mi sono sentito responsabile di lei. L’Attivista non aveva bisogno di me, perchè in un modo o nell’altro ce l’aveva fatta fino a quel momento, e ce l’avrebbe fatta anche in futuro. Però lei era la mia cagnolina randagia, e io me ne sentivo responsabile. Ma quegli occhi pieni d’amore hanno cominciato a scavarmi un buco nell’anima. Ogni volta che li guardavo, ci vedevo riflessa la consapevolezza di non amarla con la stessa intensità con cui lei amava me.Questa consapevolezza, mi faceva sentire contemporaneamente in colpa ed in gabbia. Mi sono sentito così in colpa e così in gabbia così a lungo, di fronte al suo amore così grande, che ho cominciato a trattarla male, ad allontanarla e a farla soffrire. Avevamo i nostri problemi, soprattutto per gli orari di lavoro, ma io l’ho fatta soffrire così tanto, per così tanto tempo, solo perchè non mi volevo separare dal suo amore. Sono stato incredibilmente egoista, ed incredibilmente crudele. Quando ci ripenso, mi rendo conto che non sono stato un buon fidanzato. E non è una di quelle cose che puoi cancellare o dimenticare. Una cosa del genere, ti segna.Soltanto alla fine, dopo quattro anni e mezzo, sono riuscito a trovare la forza per lasciarla libera. Libera di trovare una persona degna di lei. Eppure, l’ammirazione che ho nei suoi confronti, e quegli occhi pieni d’amore, me li porterò dentro finchè vivo. Speriamo che sia tanto, tanto felice. E soprattutto, che non combini qualche pasticcio. Come suo solito.Forza forza, Momò!