La donna della mia vita che ricordo con più tenerezza è una ragazza che possiamo chiamare Scheggia. Sarà stata alta al massimo un metro e 55, con un fisico che più che da ragazza era quello di un ragazzino minuto, capelli corti e neri, con una simpatia e una vitalità da riempire una stanza. A vederci girare assieme, io che sono alto un metro e 85, era quasi comica. Al ristorante, quando lei era in piedi e io seduto al tavolo, ci guardavamo negli occhi.Caratteristiche di Scheggia, oltre alla gioia di vivere, erano una moralità alquanto discutibile e, a soli 19 anni, un’esperienza di letto ancora ineguagliata fra tutte le altre donne che ho conosciuto, prima e dopo. Per la cronaca, è stata l’unica donna che mi ha fatto esclamare “non credevo che fosse anatomicamente possibile”. E con questo, ho detto tutto.Con lei è stato un tira e molla che è durato quasi 3 anni. Ogni tanto tornava da me e ci frequentavamo per un paio di mesi, e poi spariva. Era un po’ come un gatto, che si fa i suoi giri senza dover rendere conto a nessuno. E come un gatto, quando ti salta in braccio per farsi fare le coccole, tu lo assecondi e ti godi i momenti in cui fa le fusa soddisfatto, ma sai che prima o poi avrà le sue cose da fare, e se ne andrà senza tante cerimonie.Credo che a conti fatti, a posteriori, si potesse definire una “trombamicizia”, ma non è vero, o per lo meno non del tutto e non fino in fondo. Tutti e due provavamo dei sentimenti sinceri l’uno per l’altra, tanto per dirne una, anche se entrambi non riuscivamo a legarci completamente. Io perché sapevo che prima o poi sarebbe ripartita per le sue avventure, lei perché era troppo indipendente e piena di vita per stare con una persona sola e a tempo pieno. Più di qualche volta ci siamo guardati negli occhi, a letto, e ci siamo detti queste cose senza parole, in silenzio.Fra un intervallo e l’altro delle nostre frequentazioni, ognuno se ne andava in giro per i fatti suoi e collezionava storielle. Per chi si stesse domandando come mai è finita fra me e Scheggia, la risposta è estremamente semplice. Un giorno mi richiama per andare a bere un aperitivo, e io ci esco volentieri. Ridiamo, scherziamo, andiamo a braccetto, e a fine serata, uno dei nostri classici fine serata che di solito terminavano a casa mia, la riaccompagno invece alla sua macchina. Motivo: da sei mesi stavo con la mia ExStorica, ed ero innamorato.Lì, appoggiati alla sua macchina, per la prima volta ci siamo detti a parole le cose che ci eravamo detti solo con gli occhi, nei tre anni in cui ci eravamo frequentati. Abbiamo parlato a lungo, con una sincerità che ci era sconosciuta a voce, e per la prima volta mi ha confessato che tornava da me ogni volta che nella sua vita sentiva il desiderio di stabilità. Che in quel momento, a 22 anni, sentiva il bisogno di me, e non per andarsene un’altra volta, ma per restare. Come vi ho detto, io però stavo già con la mia futura ExStorica.Ecco, e in quell’occasione, quell’ultima volta che ci siamo visti, mi ha detto una cosa che mi fa ancora sorridere col cuore, e che ho raccontato a tutte le persone che conosco: “sai, tu mi dai un’aria di stabilità, di sicurezza. Hai un’aria da Station Wagon. Hai presente, i bambini che corrono nel prato, l’altalena nel giardino, il cane che abbaia e la Station Wagon parcheggiata nel vialetto? Ecco, uguale.”Beh, Scheggia, ti auguro con tutto il cuore di aver trovato una bella Station Wagon tutta per te.
L'aria da Station Wagon
La donna della mia vita che ricordo con più tenerezza è una ragazza che possiamo chiamare Scheggia. Sarà stata alta al massimo un metro e 55, con un fisico che più che da ragazza era quello di un ragazzino minuto, capelli corti e neri, con una simpatia e una vitalità da riempire una stanza. A vederci girare assieme, io che sono alto un metro e 85, era quasi comica. Al ristorante, quando lei era in piedi e io seduto al tavolo, ci guardavamo negli occhi.Caratteristiche di Scheggia, oltre alla gioia di vivere, erano una moralità alquanto discutibile e, a soli 19 anni, un’esperienza di letto ancora ineguagliata fra tutte le altre donne che ho conosciuto, prima e dopo. Per la cronaca, è stata l’unica donna che mi ha fatto esclamare “non credevo che fosse anatomicamente possibile”. E con questo, ho detto tutto.Con lei è stato un tira e molla che è durato quasi 3 anni. Ogni tanto tornava da me e ci frequentavamo per un paio di mesi, e poi spariva. Era un po’ come un gatto, che si fa i suoi giri senza dover rendere conto a nessuno. E come un gatto, quando ti salta in braccio per farsi fare le coccole, tu lo assecondi e ti godi i momenti in cui fa le fusa soddisfatto, ma sai che prima o poi avrà le sue cose da fare, e se ne andrà senza tante cerimonie.Credo che a conti fatti, a posteriori, si potesse definire una “trombamicizia”, ma non è vero, o per lo meno non del tutto e non fino in fondo. Tutti e due provavamo dei sentimenti sinceri l’uno per l’altra, tanto per dirne una, anche se entrambi non riuscivamo a legarci completamente. Io perché sapevo che prima o poi sarebbe ripartita per le sue avventure, lei perché era troppo indipendente e piena di vita per stare con una persona sola e a tempo pieno. Più di qualche volta ci siamo guardati negli occhi, a letto, e ci siamo detti queste cose senza parole, in silenzio.Fra un intervallo e l’altro delle nostre frequentazioni, ognuno se ne andava in giro per i fatti suoi e collezionava storielle. Per chi si stesse domandando come mai è finita fra me e Scheggia, la risposta è estremamente semplice. Un giorno mi richiama per andare a bere un aperitivo, e io ci esco volentieri. Ridiamo, scherziamo, andiamo a braccetto, e a fine serata, uno dei nostri classici fine serata che di solito terminavano a casa mia, la riaccompagno invece alla sua macchina. Motivo: da sei mesi stavo con la mia ExStorica, ed ero innamorato.Lì, appoggiati alla sua macchina, per la prima volta ci siamo detti a parole le cose che ci eravamo detti solo con gli occhi, nei tre anni in cui ci eravamo frequentati. Abbiamo parlato a lungo, con una sincerità che ci era sconosciuta a voce, e per la prima volta mi ha confessato che tornava da me ogni volta che nella sua vita sentiva il desiderio di stabilità. Che in quel momento, a 22 anni, sentiva il bisogno di me, e non per andarsene un’altra volta, ma per restare. Come vi ho detto, io però stavo già con la mia futura ExStorica.Ecco, e in quell’occasione, quell’ultima volta che ci siamo visti, mi ha detto una cosa che mi fa ancora sorridere col cuore, e che ho raccontato a tutte le persone che conosco: “sai, tu mi dai un’aria di stabilità, di sicurezza. Hai un’aria da Station Wagon. Hai presente, i bambini che corrono nel prato, l’altalena nel giardino, il cane che abbaia e la Station Wagon parcheggiata nel vialetto? Ecco, uguale.”Beh, Scheggia, ti auguro con tutto il cuore di aver trovato una bella Station Wagon tutta per te.