Schegge di vetro

Post N° 13


Filippica: Io protesto Ho iniziato questa specie di trip mentale del blog da pochissimo tempo senza sapere, nell’ordine:Perché scriverlo?Cosa scriverci?Qualora alle prime due domande si possa dare una risposta, quale utilità?In fondo, me ne frega qualcosa delle prime tre domande?Svolto questo breve ragionamento, e assegnata una crocetta sul “si” alla questione numero 4 azzerando, di fatto, anche le prime tre, ho cominciato a vaneggiare per iscritto tanto per vedere se questa attività avrebbe attecchito nel mio spirito. Ha attecchito, accidenti! Così, non mi sono più limitato a scrivere sul mio, ma sono andato a curiosare altrove per vedere come altri avessero risolto la questione. Come era fin troppo facile attendersi, ho trovato un campionario vasto e assai composito; alcune cose interessanti, altre meno, ma anche questo era facile da prevedere.Cosa c’entra tutto questo con la filippica? C’entra, e vado a spiegare.Per quanto ognuno sia discretamente libero di fare e brigare ciò che gli salta in mente, specie a casa sua, io voglio protestare ufficialmente contro un atteggiamento che, mi pare, sia piuttosto diffuso.Da molte parti capita di trovare messaggi scritti con l’alfabeto latino, ma il cui contenuto è traducibile soltanto passando per l’aramaico antico. Si ricava l’impressione che, per dimostrare che ciò che si è scritto è intelligente e profondo, si debba necessariamente esprimerlo nel modo più complicato possibile. Capisco la tentazione: esiste un’equivalenza non scritta secondo la quale un testo scorrevole e piacevole da leggere non possa riguardare argomenti di una certa complessità, ma ci si può anche ribellare a questa fesseria, o no?A meno che non sia vera una delle seguenti ipotesi: la prima riguarda le mia capacità interpretative. E’ possibile che mi manchino i riferimenti culturali o il dominio totale della lingua per cui, in realtà, è scritto tutto in modo che chiunque possa comprendere.La seconda, invece, prende le mosse da una considerazione opposta (me la sottopose un brillante Professore universitario qualche lustro fa): quando si comincia con il parlar troppo difficile – aggiunse anche che, di solito, a questo linguaggio si unisce la tendenza a disegnare frecce – allora potete alzarvi e andarvene poiché l’oratore non ha più niente da dire. Io continuo a scrivere, a meditare e a leggere oscillando perpetuamente tra le due teorie. Mthrandir