Schegge di vetro

SOMARI DA GUARDIA


Due giorni fa, lo Staff di Libero ha selezionato come messaggio del giorno quello apparso su watchdogs nel quale l’Autore auspicava l’intervento di qualcuno che andasse a spiegare al Cavalier Silvio da Arcore chi fosse “Cassandra”.  In sostanza, il nostro Accademico dei Lincei sostiene che definire “Cassandra” chi preannuncia disgrazie sia sbagliato. E via di ricostruzione del mito della figlia di Ecuba e Priamo premiata da Apollo con il dono della profezia e successivamente punita con la condanna a non essere mai creduta a causa del rifiuto di lei a giacere con la vendicativa divinità. In sintesi, quindi, si “dovrebbe” definire “Cassandra” chi profetizza e non viene creduto. Ergo, l’associazione che fa Berlusconi tra i politici di sinistra che profetizzano catastrofi e la povera “Cassandra” è sbagliata. Tutto qua? Si, tutto qua. Non che sia un granché, ma tanto dev’essere bastato alla Redazione di questo portale per lasciare tanto di complimenti e dare la stura al coro di applausi. Con qualche eccezione. La mia, ad esempio. Perché i nostri difensori ad oltranza della tradizione purista del mito greco dimenticano che “Cassandra” è rimasta nella memoria dei popoli, prima ancora che come profetessa non creduta, come annunciatrice di sciagure. Infatti, le profezie per cui è famosa (non credute) riguardano la caduta della città di Troia (e lei era Troiana), l’ammonimento a non permettere l’ingresso in città del cavallo di legno e la morte annunciata ad Agamennone. Tutte puntualmente verificatesi, e tutte rigorosamente disgrazie. Quindi, nella vulgata popolare del mito, dare della “Cassandra” a qualcuno significa esattamente riconoscergli il ruolo di profeta di sciagure. E il Cavalier Silvio, nel concedersi all’accostamento, aveva esattamente intenzione di rivolgersi alla gente comune, e non ad un consesso di letterati. Nessun errore, quindi, se non l’abbaglio dell’Autore. Non serve nemmeno dire che ai commenti che ho lasciato in questa direzione le risposte sono state quasi unanimemente ispirate dal livore politico, come se la mia osservazione avesse avuto l’obbiettivo della difesa d’ufficio del Cavaliere.Oggi, però, corre l’obbligo di segnalare che lo scribacchino di watchdogs è proprio un somaro, sebbene, con tutta probabilità, non abbia le fattezze fisiche dell’equide perissodattilo. Infatti, nel messaggio immediatamente successivo a quello del Pulitzer, il titolo smaschera definitivamente la consistenza letteraria del genio e recita: ”QUESTO PAZZO PAZZO GOVERNO (de finantiaria et de legi electorali)”.Sarò anche tignoso ed antipatico, ma dopo la levata di scudi purista, perché violentare la lingua latina in questo modo? “de legi electorali”? Nossignore, non si fa. Perfino io so che la preposizione “de” regge solo l’ablativo e, fino a prova contraria, “lex”, sostantivo femminile della terza declinazione, all’ablativo fa “lege” (“legi” è il dativo). A meno che l’intento non fosse quello di esprimersi al plurale, ma anche qui la declinazione corretta sarebbe “legibus”. Magari, anche questa osservazione verrà interpretata come astio di parte, ma, in fondo, poco mi importa. Mi chiedo, però: se avesse fatto il giardiniere, mi avrebbe consigliato di piantare un albero genealogico?Mthrandir(Nella foto, un somaro vero e sincero esamina la terza declinazione: lex, leg-ĭs, leg-ī, leg-ĕm, lex, leg-ĕ)