Blog
Un blog creato da Mthrandir il 11/01/2005

Schegge di vetro

Ad averlo saputo prima, me ne stavo nel Beleriand! (Le immagini riprodotte su queste pagine sono di proprietà dei rispettivi autori, sperando che la dichiarazione mi sollevi dalla promozione di cause civili, che non ho tempo)

 
 

AREA PERSONALE

 

TAG

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 2
 

 

INTERVALLO

Post n°72 pubblicato il 18 Ottobre 2005 da Mthrandir
 
Foto di Mthrandir

Ieri sera abbiamo fatto tardi. Mentre cerchiamo un luogo che possa aiutarci nel difficile compito di mettere a tacere i brontolii di stomaco, io e la mia dolce metà chiacchieriamo del più e del meno, in macchina. Si parlotta a braccio, senza un ritmo preciso, e si finisce a discutere delle primarie dell’Unione. Lo so, sto diventando preoccupantemente monotematico. Ma le mi asseconda, un po’ perché mi vuole bene, un po’ perché sa che in fasi della vita come queste è pericoloso scontrarsi apertamente con la malattia: si rischia la strage familiare. In sottofondo, la voce biascicante di Prodi che gongola per il risultato e sbrodola sulla meravigliosa giornata di democrazia e la voglia di partecipazione. Ora, siccome ormai comincio ad avere delle intuizioni sull’approccio al mondo del Professore, mi viene spontaneo attivare la mia calcolatrice mentale, in ciò indubbiamente agevolato dalla mia squallida appartenenza politica. I conti che sottopongo all’attenzione sempre più distratta della passeggera sono questi. Da Regolamento (che mi ero letto), nessun candidato alle primarie poteva spendere più di 300.000 Euro per la campagna elettorale. Visto che erano sette, il totale fa 2,1 milioni di eurini. Poi ci sono gli altri costi organizzativi, ma, considerando l’alto apporto dei volontari, si riducono a spanne alla stampa delle schede elettorali. Sempre a occhio, stimo che il tutto difficilmente potrà superare i 700.000 eurini. Il totale, (come conferma anche il Corriere di oggi) fa 3 milioni di Euro. Com’è noto, la partecipazione ha un costo e, per scrivere Prodi su un pezzo di carta, si deve lasciare un’offerta minima di un euro. Moltiplicando per 4,5 milioni di votanti, fa 4,5 milioni di euro. Facile, no? Ebbene, i sorrisoni di felicità dei sette dell’Ave Maria si spiega anche (sempre Corriere di oggi) osservando che la generosità dei votanti è stata largamente superiore alle attese e le entrate totali si attestano a 8 – 10 milioni di euro (stima ufficiosa dell’Unione), ma alcuni (sempre nell’Unione) vedono la possibilità di arrivare a 14. Un discreto utile, nevvero? E detto utile, che fine farà? Il Regolamento, prodigo di norme nella composizione dei comitati, saggi, controllori, seggi e quant’altro, dell’eventuale utile non dice una minchia. Ora, a me non può fregare di meno perché nessuno dei miei eurini è entrato nelle casse della Grande Coalizione, ma se fossi un elettore dell’altra parte avrei gradito sapere in anticipo la destinazione di eventuali proventi: insomma, Prodi continua a ribadire che è Santo, blatera di Trasparenza e di Etica, ci si poteva aspettare una parolina in proposito. Silenzio. Già ieri sera ipotizzavo, nei miei deliri pre cena, di una spartizione a sette in base alle risultanze del voto (Mastella si sarà incazzato perché?). In effetti, così sarà. E, siccome ormai sui conti di Prodi ne so quanto il suo commercialista, ecco che ne viene fuori un bel quadretto:

a. Soldi spesi per la campagna elettorale: 300.000 Euro

b. Quota spese organizzative (un settimo):  100.000 Euro

c. Ricavi totali della manifestazione: 10 milioni di Euro

d. Voti per Prodi (circa 74%)

e. Percentuale dei ricavi da versare al Mortadella: 7,4 milioni di Euro

f. Utile complessivo dell’operazione democratica per Prodi: 7 milioni di Euro

Per un paio di mesi di “lavoro”, non c’è male. Anzi, direi che è andata davvero benissimo. Al suo posto (cazzo!) riderei anch’io

Mthrandir

(Nella foto, una scheda elettorale)

 
 
 

DIES IRI (4)

Post n°71 pubblicato il 17 Ottobre 2005 da Mthrandir
 
Foto di Mthrandir

(Quarta puntata – Ei fu! Siccome “immobile”…)

Una vicenda poco conosciuta dei passati successi dell’Aquila di Scandiano riguarda la tenuta “Maccarese” che (siamo nel 1993) appartiene all’IRI da circa settant’anni. Si tratta  di 3.200 – 3.500 ettari di proprietà sparsi nell’agro romano all’interno dei quali trovano alloggio, tra altre cose, un paio di castelli (quello di San Giorgio dei Rospigliosi è del ‘300), una riserva naturale gestita dal WWF e un centro di ricerca biotecnica. L’amena tenuta desta l’attenzione del “privatizzatore” perché, oltre ai nidi di quaglie, la tenuta “ospita” quasi un milione di metri cubi edificabili e c’è aria di affarone. Evidentemente, non per l’IRI perché oramai è chiaro che il Professore sta procedendo alla progressiva spoliazione dell’Ente e va regalando a ritta e a manca ciò che viene richiesto. Nel caso di Maccarese le richieste si sprecano e provengono un po’ da tutte le parti, specie perché a livello internazionale le quaglie sono amatissime e i loro destini hanno intenerito moltissime società immobiliari. A testimonianza di questa smisurata passione, che coinvolge anche le società di consulenza, si raggiunge un parere concorde nel ritenere che il valore della proprietà non sia inferiore a 300 miliardi. Ovviamente, Prodi apre immediatamente un’asta pubblica (ahahahahah, c’eravate cascati eh?). No, non scherziamo. L’Aquila di Scandiano, che alla noia delle aste continua a preferire la snellezza operativa degli accordi privati, vende tutto ai Gabellieri (già il nome….), che sono imprenditori del settore. A quanto? Beh, se vale almeno 300 miliardi vuoi non fare uno sconticino? E’ presto fatto: cifra finale 31 miliardi. Sotto la bandiera dell’indignazione per le paventate future speculazioni edilizie, sinistra e sindacati insorgono contestando la vendita, le denunce si sprecano e si comincia anche a parlare di tangenti (stavolta, sarebbero 120 miliardi variamente distribuiti). Tanto tuonò che piovve e, subito dopo l’arrivo nelle casse IRI del bonifico dei Gabellieri, un pretore blocca tutto. I palazzinari chiedono la restituzione dei danari, ma li ottengono solo nel 1996 quando, entrati in crisi finanziaria, hanno già perso anche la camicia. Poco male. Le acque si calmano e Prodi torna alla carica, ma stavolta più determinato che mai a tagliare il traguardo. Per fare le cose per benino, l’Aquila di Scandiano interessa Geronzi (a volte ritornano) che ha già beneficiato del gentile omaggio del Santo Spirito, per trovare acquirenti. Un altro lavoro estremamente “faticoso”. Si presentano in molti a questa messinscena, ma alcuni hanno già in mano l’Asso di Briscola. Caltagirone è quello che fa l’offerta migliore mettendo sul piatto 300 miliardi sebbene la nuova valutazione del complesso sia lievitata a 500. I titolari dell’asso di briscola si risentono: “ma come, cazzo!, avevamo stabilito 200 e via a casa….”. I nostri giocatori col trucco sono i Benetton (anche loro tra i gratificati dall’Aquilotto con GS supermercati e Autogrill, ma se ne disquisirà più avanti). Prodi non si demoralizza e aspetta. Aspetta fino al 1998 quando da Presidente del Consiglio, con il classico colpo di mano alla sua maniera, trova un velocissimo accordo con i Benetton e regala definitivamente tutto a 93 miliardi: 207 in meno della prima valutazione (e dell'offerta di Caltagirone, 407 in meno dell’ultima. Ancora proteste e sollevazioni, ma i Benetton sono gli amici giusti. Il centro destra, assieme alle quaglie e all’intero Paese la prende in saccoccia ancora una volta. Vien da pensare che sia davvero uno che ce la può fare……

Mthrandir

(Nella foto, quel che resta delle quaglie di Maccarese)

 
 
 

DIES IRI (3)

Post n°70 pubblicato il 15 Ottobre 2005 da Mthrandir
 
Foto di Mthrandir

(Terza puntata – Romano, a “Cuccia”!)

Alla fine della scorsa puntata, ci siamo lasciati con l’Aquila di Scandiano che fa il gioco delle tre tavolette un po’ dove capita: in Consiglio di Amministrazione dell’IRI, in Parlamento e in qualsiasi altro posto gli capiti a tiro. Per agevolare la visione, tocca mandare in onda una puntata che si riferisce ai tempi del secondo mandato di Prodi all’IRI (1993-1994) e che riguarda, ancora una volta, due cessioni bancarie. Stavolta, però, non si sta giocando con le banchette dei bambini, si piazzano sul mercato (?) niente meno che Banca Commerciale Italiana e Credito Italiano, due delle banche di interesse nazionale. L’Aquila di Scandiano, dall’alto del trono di Presidente IRI di ritorno (Nobili, che lo ha preceduto, è temporaneamente dislocato a San Vittore), lancia proclami pubblici sul come egli voglia privatizzare le banche. Ha in mente l’azionariato popolare, la proprietà diffusa a tutto campo, ed entra in rotta di collisione con Savona. Quest’ultimo, invece, è sì per la proprietà diffusa, ma con il sistema del nocciolo duro. Nei fatti, però, la battaglia vera si gioca su altri fronti. Si tratta di scegliere in quali alleanze internazionali debba entrare l’Italia del credito. Prodi, l’unico che non ci ha capito una mazza, si è già guardato attorno nel tentativo (tu guarda? Sarà mica che ha il vizio?) di chiudere l’operazione “fuori sacco” con una cessione lampo ad un grande investitore europeo. Ma il mercato internazionale, che ha mangiato la foglia da tempo, sa bene che le decisioni su chi sarà il vincitore, quando non si chiudono i blitz di Prodi, si prendono altrove. Da Romanone, in questi casi, si passa per il regalino sul prezzo. E quindi, visto che in Italia non c’è nessuno che abbia la forza (o la voglia) di correre da solo e chiudere l’operazione, il blitz non avrà possibilità di riuscire. A questo punto, il vero protagonista della vicenda diventa Enrico Cuccia, uno che dall’Ufficio Studi del CREDIT ha fatto strada e adesso controlla Mediobanca. Mediobanca è controllata a sua volta dalle tre BIN (35% per uno a CREDIT e COMIT, 30% al Banco di Roma) per cui il gentile vecchietto si trova di fronte ad un bivio. Se lo Stato cede le CREDIT e COMIT, o chiude o si compra una banca. Cuccia, che i soldi li prende indirettamente dallo Stato via i suoi controllori, ha l’idea del secolo. “COMIT e CREDIT me le compro io e la facciamo finita!” – avrà certamente pensato. I soldi, però, non ce li ha. Almeno, non tanti quanti ce ne vorrebbero per un’acquisizione vera. Quindi, si rivolge alla sua rete di contatti politici per far passare sopra la testa del Capo dell’IRI la decisione di privatizzare con lo schema del tetto massimo di possesso delle azioni (cioè la proposta di Savona). In sostanza, nessuno degli acquirenti potrà detenere più del 3% delle azioni dell’acquisito. Fuori dalle questioni tecniche, cosa significa? Significa che, visto che nessuno può superare quella quota, se si maneggia da dietro e si riunisce in un patto (magari leggermente riservato) quattro o cinque “gruppi amici”, ci si prende il controllo delle banche spendendo anche pochino. E perché dovrebbero starci gli “amici”? Ma è ovvio, perché il Capo dell’IRI non conta un cazzo, prende ordini e li esegue da bravo cagnolino. Ed è talmente vero che, in un Paese normale, il numero uno dell’IRI, di fronte alla sconfessione della sua linea per le privatizzazioni, si sarebbe dimesso. Invece, l’Aquila di Scandiano non solo resta saldo sulla poltrona, ma fa anche un bel favore al suo “nemico” di via Filodrammatici. Al momento di vendere, il prezzo delle azioni viene fissato a 2.075 lire per CREDIT (solo un anno prima valevano 3.299 lire), mentre per COMIT lo sconto è inferiore (poco più del 5%, azioni a 5.400 lire). Il motivo dello sconto è presto detto: “bisogna favorire i piccoli risparmiatori”[Ipse dixit]. In totale, lo Stato, come direbbe Prodi, incassa rispettivamente 1.081,1 e 2.891. Nei fatti, se si volessero rifare i conti in maniera almeno decente, lo Stato, come direi io, manca di incassare circa 4.000 miliardi. E i piccoli risparmiatori? Anche loro hanno goduto dello “sconto”, in fondo. Esatto, ma nella gestione delle banche non contano un accidenti. Le nomine ai Consigli di Amministrazione le fa Cuccia con i suoi “amici” e gli altri mettano pure i quattrini. Bello come il sole, Prodi prende signorilmente atto della sconfitta: “Su COMIT e CREDIT abbiamo perso (abbiamo chi? Mi viene il sospetto che non si riferisca ai cittadini italiani, ma io sono di parte), ma il grosso della partita si gioca sulla STET….” – dichiara a Famiglia Cristiana. E mentre lui continua a “giocare” le sue partite, il pubblico pagante assiste attonito, senza fare un fiato.

Mthrandir
(Nella foto, l’ufficio cassa dell’IRI ai tempi di Romanone)

 
 
 

DIES IRI (2)

Post n°69 pubblicato il 12 Ottobre 2005 da Mthrandir
 
Foto di Mthrandir

(Seconda puntata – Sopra la banca, la capra campa. Sotto la banca, la capra crepa)

L’IRI controlla e/o possiede un sacco di banche: le tre di interesse nazionale (Banca Commerciale Italiana – COMIT; Credito Italiano – CREDIT; Banca di Roma e relative galassie di banche minori), più altre in ordine sparso, tra cui il Banco di Santo Spirito che gravita nell’orbita di Andreotti. Dopo lunghe notti insonni (i grandi managers trascorrono sempre lunghe notti insonni ad occuparsi dei problemi fondamentali del Paese), Romano Prodi decide che è giunta l’ora di creare un bel polo bancario al centro sud che faccia da contrappeso al potere refrattario alle ingerenze "esterne" di CREDIT e COMIT che spadroneggiano al nord. L’idea è quella di scorporare la Banca Centrosud dal Banco di Roma e di fonderla con il Banco di Santo Spirito: sono due banche piccole (la Centrosud ha 43 sportelli) e ne ricaverebbero entrambe un beneficio. In realtà, il progetto presentato dall’Aquila di Scandiano è un piano diversivo: prima ancora di presentarsi all’IRI con il progetto, con una trattativa privata (vietata) ha già raggiunto un accordo preliminare con Citibank alla quale ha venduto la Centrosud. Il PCI si incazza e una ventina dei suoi parlamentari presentano un’interpellanza nella quale si adombra la possibilità che ci sia stato un giro di mazzette da 100 miliardi. La cosa finisce in niente perché, probabilmente, si tratta solo di una forma di pressione. Infatti, Prodi vende con altrettanta tempestività anche il Banco di Santo Spirito. E qui, i comunisti o sapevano, o avevano avuto qualche intuizione perché alla trattativa per l’acquisto (non è chiaro in quali tempi) partecipa anche il Monte dei Paschi di Siena (area PCI) offrendo la bellezza di 800 miliardi. Tutto è bene quel che finisce bene, si potrebbe pensare. E, invece, Prodi vende il Santo Spirito al Banco di Roma per 500 miliardi! Perché, se proprio Andreotti deve cedere l’orto, meglio a De Mita che ai rossi bolscevichi, anche a costo che lo Stato ci perda 300 miliardi (quasi il 40%). Inutile dire che il PCI si incazza nuovamente, ma stavolta di più: Visco e Bassanini ci vanno pesante e accusano Prodi di aver svenduto ai mafiosi (entrambi diventeranno Ministri di Prodi).

La procedura, effettivamente, qualcosa di mafioso ce l’ha (tocca dar loro ragione!), specie se si considera un fatto particolarmente curioso, e cioè il la tempistica di definizione del prezzo.

D’accordo, mi si dirà, tra amici non si può essere troppo pignoli, ma firmare un accordo di vendita che, alla voce “prezzo” riporta la dicitura: “entro 15 giorni le parti affideranno ad una società di consulenza internazionale l’incarico di fare la valutazione e il risultato sarà il prezzo di vendita” mi sembra un po’ troppo.

Evidentemente i rapporti tra Prodi e Geronzi erano davvero buoni e quest’ultimo avrà deciso di assecondare la passione di Romanone per le consulenze esterne.

I piccoli azionisti del Santo Spirito (ancora piccoli azionisti che ci rimettono, eh? Che ci sia qualche similitudine con vicende recenti?) si costituiscono in comitato e denunciano Prodi per aggiotaggio, peculato, falso in bilancio e peculato. La denuncia arriva sul tavolo del pm Giudiceandrea che si trova immediatamente in grave imbarazzo. Non tanto per la denuncia, ma perché gli accade di essere uno di quelli che occupa qualche centinaio di metri quadri di appartamento a Palazzo Blumensthil (dicono affrescati, stuccati e arredati con caminetti in marmo) pagando la folle somma di lire 200.000 mensili per l’affitto. Avrà pensato che mettere le mani in quel vespaio, probabilmente, gli avrebbe imposto di cambiare alloggio e di trovarsi costretto ad optare per una dimora meno adatta alle serate di gala. Per evitare problemi, passa il fascicolo ad un altro pm, Giancarlo Armati. Che abita in un appartamento di minor rappresentanza (evidentemente), ma ha un fratello che ricopre un’altissima carica. Dove? Chiunque osi rispondere:”al Banco di Santo Spirito” si becca subito l’epiteto di persona maligna e votata alla dietrologia, anche se ha indovinato.

Con la dovuta calma, il fascicolo lo stanno ancora cercando…… (e con le Banche non abbiamo finito)

Mthrandir

(Nella foto, gli accordi di Prodi, nel buio)

 
 
 

DIES IRI

Post n°68 pubblicato il 10 Ottobre 2005 da Mthrandir
 
Foto di Mthrandir

(Prima Puntata – Come ti risano un Ente giocando coi bilanci)

In un delizioso documentino rintracciato su www.retecivica.milano.it (l’indirizzo completo non me lo ricordo, ma basta cercare “IRI.RTF” su google) l’Aquila di Scandiano passa in rassegna, in modo piuttosto generico, la sua esperienza alla guida dell’IRI. Ne trae lusinghieri giudizi sul suo operato pur senza mancare, da gran signore, di riconoscere i meriti di questa indimenticabile stagione di successi a tutti i suoi collaboratori (presumo anche gli uscieri) pur ammettendo che, alle grandi imprese, serve anche “un pizzico di fortuna”. Quella che non abbiamo avuto noi nell’averlo conservato così a lungo in quella posizione. Il succo del discorso, senza voler fare anticipazioni per non rovinare la sorpresa, è che l’Aquila avrebbe preso il comando di un rottame (cosa vera) per lasciarne la guida solo dopo averlo trasformato nel migliore esempio di Impresa di Stato del mondo intero (cosa meno vera).

Gli esordi non sono dei migliori: “le azioni prontamente impostate non hanno consentito di riequilibrare i conti nel biennio 1983-84, che hanno presentato pertanto perdite rilevantissime, in presenza peraltro di ammortamenti via via crescenti come conseguenza dell’adozione di aliquote più consistenti.  Attenzione, perché il passo è importante e costituisce una delle principali azioni del “conducator” nell’intero periodo. Per chi, come me, non ha grande dimestichezza con i bilanci, incrementare le aliquote di ammortamento significa generare costi non monetari (cioè non effettivamente sborsati) che restano, di fatto, nelle disponibilità liquide dell’azienda. Risultato: si creano perdite contabili, ma si aumentano i quattrini in tasca. Tanto è vero che la normativa in tema di contabilità pubblica consente, in molti casi, di utilizzare le quote di ammortamento per finanziare altre spese: considerando l’aumento delle disponibilità liquide (indirettamente affermato) e il permanere di perdite rilevantissime, rimane difficile capire cosa si intenda per “riequilibrio dei conti”. Ma si chiarisce altrove: nell’85, grazie alla diminuzione degli oneri finanziari (ma non è merito di Prodi visto che in quello stesso periodo i tassi di interesse sul mercato finanziario calano drasticamente) e alle risorse “generate” dalla politica di ammortamento, le fonti di finanziamento interne arrivano a coprire il 64% del fabbisogno contro il 13% dell’82 (ma per il 23% derivano dalla vendita di titoli e di immobili). In compenso, salgono i debiti: da 36.500 miliardi nell’82 a 40.400 miliardi nell’85. In sintesi, per mettere il vestito della festa all’IRI, Prodi aumenta i costi che non paga, vende titoli e immobili, si gode il calo degli interessi e si indebita. Ma non basta: nel 1985 Prodi annuncia al mondo il ritorno all’utile del Gruppo per ben 12,4 miliardi. Nello stesso anno, la Corte dei Conti (ancora lei?) scrive: “Il complessivo risultato di gestione dell’Istituto per il 1985, cui concorrono... sia il saldo del conto profitti e perdite sia gli utili e le perdite di natura patrimoniale, corrisponde a una perdita di 980,2 miliardi, che si raffronta [aggiunge n.d.r.] a quella di 2.737 miliardi consuntivata nel 1984”. Caspita! Allora, gli utili Prodi come li conta? Li conta con il trucco che, sinteticamente, si può così rassumere: “Va peraltro tenuto conto che l’articolo 20 dello Statuto dell’Iri prevede che le plusvalenze realizzate su partecipazioni non affluiscano al conto economico dell’Istituto e le perdite per svalutazioni di partecipazioni (registrate sotto la voce “perdite patrimoniali”) analogamente non vi affluiscano. Nell’intenzione dei redattori di quello statuto, che risale al 1948, si volevano separare gli andamenti gestionali ordinari dell’Istituto dagli accadimenti straordinari relativi alle plusvalenze o minusvalenze realizzate su partecipazioni, in maniera da consentire al potere pubblico e al Parlamento un più facile riscontro.“[sono parole di Prodi]. Cosa significano, in soldini? Significano più o meno che, visto che all’attivo non vanno le plusvalenze sulle partecipazioni - che non ci sono -, allora al passivo non metto le minusvalenze - che, invece, ci sono. Sono quelle della siderurgia e fanno circa 3.600 miliardi, cioè 980,2 miliardi (perdita ’85) + 2.737 (perdita ’84) = 3.717,2 (perdita totale, più o meno). Ma siccome non si registrano queste quisquilie per non confondere gli asini del Parlamento, le stesse vengono accantonate perché si prevede che la liquidazione della Finsider, forse, ma dico forse, costerà qualcosina. Alla fine saranno 1.000 miliardi in più del previsto, ma è colpa delle rivalutazioni (sic!). Eppure, sempre nell’85, Prodi esalta l’utile di 660 miliardi del comparto industriale e sottolinea che è stato ottenuto per “…la prima volta un saldo positivo ma indica che il processo di risanamento, con particolare riferimento alla siderurgia deve considerarsi avviato a soluzione e il suo completamento potrà portare nel 1989 ulteriori positivi effetti sui risultati economici” [sono sempre parole di Prodi].  Vediamoli, allora, i positivi risultati economici:

1. i debiti salgono da 36.500 miliardi nell’82 a 43.911 miliardi nel 1988 (+ 30% brillante, eh?)

2. il patrimonio netto cala da 3.175 miliardi dell’82 a 1.138 miliardi nell’88 (più che dimezzato, brillante, eh?);

3. gli utili, stante il personale criterio di calcolo dell’Aquila, è meglio non contarli (tanto, non ce ne sono).

Ma c’è di più. Paolo Cirino Pomicino (i veri amici non si dimenticano mai) conferma che la vera abilità di Prodi era quella di intercettare i soldi dello Stato: dalla nascita dell’IRI, dei 25.800 miliardi sganciati dallo Stato, Prodi ne ha beccati 17.500. E come li considera? Beh, visto che l’IRI è di Stato e che i soldi vengono dalla Stato, di fatto non sono debiti, ma sono poste di bilancio assimilabili ai mezzi propri (cioè dell’IRI). Invece, erano dei cittadini che pagavano le tasse.

Per chiudere, va ricordato che Prodi divenne Re dell’IRI per volere di De Mita (che ce lo mise per bilanciare il potere di Craxi, ma se ne parlerà altrove) e ricambiò il favore con grande zelo. Procedette a ben 170 nomine, 93 delle quali destinate a democristiani di sinistra. Un vizietto che si porterà appresso anche alla guida della Commissione Europea, ma questa è un’altra storia.

Mthrandir

(Nella foto, L’IRI dopo il passaggio dell’Aquila di Scandiano)

 
 
 

ECCE HOMO!

Post n°67 pubblicato il 10 Ottobre 2005 da Mthrandir
 
Foto di Mthrandir

(ovvero, premessa ideologica alla messa in onda della nuova miniserie: “L’Aquila di Scandiano”)

Dopo una lunga ed estenuante attività di ricerca sui trascorsi dell’Aquila di Scandiano (lo so da me che avrei potuto anche impiegare meglio il mio tempo libero), al secolo Prodi Romano, comincia la pubblicazione della sceneggiatura di una nuova miniserie, una specie di reality show al passato, dedicata alle imprese di colui che si candida a prendere il posto del Cavaliere Nero di Arcore alle redini di questo squinternatissimo Paese già dalla prossima primavera. Prima di dare inizio alle danze, però, faccio immediatamente la precisazione che quanto sarà scritto a proposito del “Professore” non deve intendersi automaticamente una difesa d’ufficio dell’attuale dominus di Palazzo Chigi. Sono solo e semplicemente fatti e numeri. Punto. Lo scopo è solo quello di rendere più aderente alla realtà e più completo il curriculum della vita e delle opere di questo Sant’Uomo a cui la sinistra italiana ha intenzione di consegnare l’amministrazione del condominio nei prossimi cinque anni (posto che ci arrivi). E’ vero, lo ammetto. Sono uno dei rari bloggers di destra, una destra che in questo Paese non esiste, a meno che non la si voglia identificare con l’allegra banda capeggiata dal più illustre cittadino di Arcore. Di conseguenza, in alcuni punti, specie dove i numeri e i fatti vengono, per così dire, “interpretati” o “letti” all’interno dei vari scenari, non sarò certamente equidistante. Ma, in fondo, chi lo è? Quindi, sono pronto a leggere le ire di chi si farà andare per traverso alcune considerazioni e non mi considererò: “….purtroppo, costretto ad interrompere il programma per dare la linea a….” (citazione del Sig. Giubilei, giornalista di RaiTre, così come gli è scappata di bocca durante la diretta della manifestazione dell’Unione di ieri). Lo premetto, così mi risparmio di doverlo specificare in futuro. Saranno scritti lunghi e noiosi (come al solito, si dirà) che ho diviso in vari “capitoli”, anche perché a scrivere tutto insieme non mi ci raccapezzo nemmeno io. Non ci si trova nulla di nuovo, ma solo qualcosa di poco conosciuto e poco trattato dalla "letteratura ufficiale". Tendenzialmente, i capitoletti saranno i seguenti:

- DIES IRI, ovvero cronache della gestione allegrotta dell’ex Istituto per la Ricostruzione Industriale, capeggiato dal Romanone nazionale dal 1982 al 1989 e, siccome non aveva fatto abbastanza danni, anche dal 1993 al 1994;

- MIRACOLO ITALIANO, ovvero rassegna delle principali iniziative politiche che, da “Uomo di governo”, lo hanno visto protagonista nel fortunatamente breve periodo di tempo in cui ha tenuto le redini della diligenza. Non solo, ci sarà anche una nota di colore sulla vicenda Moro che fa scendere le lacrime;

- IUROP, ovvero il periodo di “esilio dorato” alla guida della Commissione Europea, durante il quale si è distinto particolarmente raccogliendo l’apprezzamento unanime del continente, specie andandosene;

- I HAVE A DREAM, ovvero una breve analisi delle proposte per il futuro del Paese. Qui, confesso, si fa fatica perché lo sforzo esegetico dello pseudo-programma è davvero immane, ma mi ci sono provato.

Mi riservo la libertà di modificare l’ordine ed il contenuto delle puntate, perché non si sa mai.

Nei prossimi giorni, compatibilmente con altri impegni di minor conto, si va ad incominciare.

Per il resto, ognuno si faccia, o si tenga, le proprie opinioni. Però non venga a dire: “Cazzo! Non lo sapevo….”

Mthrandir

(Nella foto, l'Aquila di Scandiano)

 
 
 

CONOSCO UN UOMO CHE CE LA PUO' FARE

Post n°66 pubblicato il 05 Ottobre 2005 da Mthrandir
 
Foto di Mthrandir

Siccome la biografia ed il curriculum professionale di Prodi sono riportati in modo troppo sintetico sul suo sito (www.romanoprodi.it), ho pensato di fare cosa gradita nel dedicargli qualche messaggio che possa fare, come dire?, da “integrazione ed approfondimento” degli storici meriti di un uomo che, fino ad oggi, ha raccolto molto meno di quanto avrebbe meritato.

Il primo della serie riguarda il suo passato imprenditoriale perché la sua esperienza dimostra come competenza, serietà e limpidezza morale siano la sola strada percorribile per salire le scale del paradiso del Potere.

L’esperimento a cui mi riferisco si chiama NOMISMA, società di consulenza che il Professore fonda nel 1981, sotto l’ala protettrice di Nerio Nesi, assieme a BNL: capitale iniziale 500 milioni di vecchie lire di cui ben cinque versati da Prodi (gli altri 495 ce li mette la Banca). In quegli anni, Nesi è Presidente della BNL e Prodi di BNL è il consulente economico.  Ovvio che la Banca abbia scelto persone conosciute e di fiducia per realizzare questa operazione. Tuttavia, probabilmente per non dare il destro alle malelingue, già il giorno dopo Prodi ha ceduto le sue quote alla BNL e resta come Presidente del Comitato Scientifico. L’operazione, grazie alle grandi capacità del futuro “Professore”, ha successo. Il primo esercizio segna un fatturato vicino ai due miliardi di lire, il secondo quattro e cinque nell’84. Di cosa si occupa, nello specifico, NOMISMA? Della “potentia coeundi” dei somari somali e delle velocità medie di cammelli e ovini nel deserto (incarichi del Ministero degli Esteri, Dipartimento per la Cooperazione). Nel frattempo, Prodi, grazie ai successi delle ricerche di NOMISMA, guadagna i galloni di Presidente dell’IRI (che manterrà fino al 1989, ma di questo si parlerà prossimamente) e l’IRI, assieme al solito Ministero, all’ENEL, l’odierna TELECOM ITALIA, ed altri grandi clienti, sommergono NOMISMA di richieste di consulenza. Soltanto i soliti malpensanti ipotizzano che tutte queste consulenze siano, in qualche modo, legate al ruolo ricoperto da Romano Prodi il quale, però, forte del suo carisma, riesce a mettere a tacere sia la Corte dei Conti (organismo reazionario che, subdolamente, si chiede come mai si debbano appaltare all’esterno lavori che potrebbero essere svolti agevolmente anche con risorse interne) che il Collegio Sindacale dell’IRI che, nel 1985, certamente sobillato dai detrattori del Presidente, si permette di rilevare: "l'eccessiva frammentazione e ripetitività degli incarichi conferiti a soggetti diversi relativamente ad argomenti sostanzialmente identici" fino a giungere, con una manovra vergognosa, a chiedere di verificare se queste consulenze siano state effettivamente prestate.

Nel 1989, Prodi lascia la Presidenza dell’IRI, disgustato giustamente da questo clima di feroce antipatia, ma resta saldamente al timone di NOMISMA. E’ un momento difficile, la società entra in crisi, i clienti nicchiano. Ma, dopo tante difficoltà, nella gestione delle quali Prodi dimostra tenacia e incrollabile volontà, arrivano le commesse del TAV (Treni Alta Velocità) che incaricano NOMISMA di stabilire che senso abbia realizzare il progetto. E qui, il Professore dà il meglio di sé. Cinquemilacinquecento pagine di rapporto (39 volumi) che, a detta di coloro che li hanno letti, costituiscono una pietra miliare nella storia dell’analisi economica. Costo del lavoro di NOMISMA nemmeno esagerato, appena 9,7 miliardi di lire. Tra i principali risultati prodotti dallo studio, occorre ricordare i seguenti passi:

1.     Un treno che viaggia a 300 km all’ora impiega metà tempo di uno che procede a 150 km orari a percorrere lo stesso tragitto”;

2.     Più alta è la velocità, maggiore è il rischio di incidenti”;

3.     Il beneficio dell’alta velocità è la velocità”;

4.     [a proposito della Stazione Termini]: “La zona era, un tempo, linda e simpatica, ma poi si è degradata”;

5.     La velocità consente di risparmiare tempo”;

6.     Quattro corsie, o binari, consentono più scorrevolezza di due o una

7.      Il posizionamento frontale dei seggiolini facilita la socializzazione”.

Nel 1995, a causa dell’accresciuto impegno in politica, Prodi lascia la Società dove, ancora oggi, è ricordato, con rimpianto, come uno dei più grandi economisti del secolo. Ma il Paese ha bisogno.

Mthrandir

(Nella foto, un treno molto, ma molto veloce)

 
 
 

SOMARI DA GUARDIA

Post n°65 pubblicato il 30 Settembre 2005 da Mthrandir
 
Foto di Mthrandir

Due giorni fa, lo Staff di Libero ha selezionato come messaggio del giorno quello apparso su watchdogs nel quale l’Autore auspicava l’intervento di qualcuno che andasse a spiegare al Cavalier Silvio da Arcore chi fosse “Cassandra”.  In sostanza, il nostro Accademico dei Lincei sostiene che definire “Cassandra” chi preannuncia disgrazie sia sbagliato. E via di ricostruzione del mito della figlia di Ecuba e Priamo premiata da Apollo con il dono della profezia e successivamente punita con la condanna a non essere mai creduta a causa del rifiuto di lei a giacere con la vendicativa divinità. In sintesi, quindi, si “dovrebbe” definire “Cassandra” chi profetizza e non viene creduto. Ergo, l’associazione che fa Berlusconi tra i politici di sinistra che profetizzano catastrofi e la povera “Cassandra” è sbagliata. Tutto qua? Si, tutto qua. Non che sia un granché, ma tanto dev’essere bastato alla Redazione di questo portale per lasciare tanto di complimenti e dare la stura al coro di applausi. Con qualche eccezione. La mia, ad esempio. Perché i nostri difensori ad oltranza della tradizione purista del mito greco dimenticano che “Cassandra” è rimasta nella memoria dei popoli, prima ancora che come profetessa non creduta, come annunciatrice di sciagure. Infatti, le profezie per cui è famosa (non credute) riguardano la caduta della città di Troia (e lei era Troiana), l’ammonimento a non permettere l’ingresso in città del cavallo di legno e la morte annunciata ad Agamennone. Tutte puntualmente verificatesi, e tutte rigorosamente disgrazie. Quindi, nella vulgata popolare del mito, dare della “Cassandra” a qualcuno significa esattamente riconoscergli il ruolo di profeta di sciagure. E il Cavalier Silvio, nel concedersi all’accostamento, aveva esattamente intenzione di rivolgersi alla gente comune, e non ad un consesso di letterati. Nessun errore, quindi, se non l’abbaglio dell’Autore. Non serve nemmeno dire che ai commenti che ho lasciato in questa direzione le risposte sono state quasi unanimemente ispirate dal livore politico, come se la mia osservazione avesse avuto l’obbiettivo della difesa d’ufficio del Cavaliere.

Oggi, però, corre l’obbligo di segnalare che lo scribacchino di watchdogs è proprio un somaro, sebbene, con tutta probabilità, non abbia le fattezze fisiche dell’equide perissodattilo. Infatti, nel messaggio immediatamente successivo a quello del Pulitzer, il titolo smaschera definitivamente la consistenza letteraria del genio e recita: ”QUESTO PAZZO PAZZO GOVERNO (de finantiaria et de legi electorali)”.

Sarò anche tignoso ed antipatico, ma dopo la levata di scudi purista, perché violentare la lingua latina in questo modo? “de legi electorali”? Nossignore, non si fa. Perfino io so che la preposizione “de” regge solo l’ablativo e, fino a prova contraria, “lex”, sostantivo femminile della terza declinazione, all’ablativo fa “lege” (“legi” è il dativo). A meno che l’intento non fosse quello di esprimersi al plurale, ma anche qui la declinazione corretta sarebbe “legibus”. Magari, anche questa osservazione verrà interpretata come astio di parte, ma, in fondo, poco mi importa. Mi chiedo, però: se avesse fatto il giardiniere, mi avrebbe consigliato di piantare un albero genealogico?

Mthrandir
(Nella foto, un somaro vero e sincero esamina la terza declinazione: lex, leg-ĭs, leg-ī, leg-ĕm, lex, leg-ĕ)

 
 
 

E' UNA VITA DIFFICILE

Post n°64 pubblicato il 28 Settembre 2005 da Mthrandir
 
Foto di Mthrandir

Lo ammetto, disquisire pubblicamente di spermiogrammi mi mette leggermente a disagio e, qualche giorno fa, sono riuscito a vincere le ultime resistenze. Ho preso il telefono e, al riparo da orecchie indiscrete (fatta eccezione per 1 magistrato, 1 maresciallo, 2 agenti del SISMI e 2 del SISDE  che, probabilmente, erano in ascolto), prendo contatti con il Centro Prenotazioni di un noto laboratorio milanese. Risponde, con una vocina sottile, una signora (o signorina):

Signorina (S):Buongiorno

Mthrandir (M):Buongiorno. Mi chiamo Mthrandir e vorrei prenotare un esame di laboratorio

S:Va bene. Di che esame si tratta?”

M:Uno spermiogramma

S:E’ per lei?”

M: [No, chiamo per conto di Ruini]. Naturalmente si”

S:Capisco…. [Pausa di silenzio]. Glielo ha chiesto il medico?

M:A dire la verità, ne ho parlato con la mia compagna…..”

S:Intendevo dire se ha l’impegnativa del suo medico…”

M:No. E’ una libera scelta. Soltanto un controllo. E’ necessaria l’impegnativa?”

S:Naturalmente no. Come vuole farlo?”

M:Non saprei… [Rifletto in silenzio: una mungitrice? Magari possiamo venire entrambi e…. Avranno operatori addestrati?]…In che senso?”

S:Nel senso: vuole farlo privatamente o con il servizio sanitario pubblico?”

M:Immagino che tramite il servizio sanitario dovrei aspettare parecchio…”

S:Eh si… [Sospiro che comunica l’ineluttabile]… andiamo a febbraio dell’anno prossimo

M:Gettonato, eh? No, a febbraio potrei essere morto. Se opto per la via privata, invece?”

S:Guardi…. [Di nuovo una pausa, ma stavolta per farmi intendere che sta consultando l’agenda]… metà ottobre. Costa 65 euro. La raccolta come la fa?”

M: [La raccolta? Fantastico! Veramente politically correct!] “Un’idea ce l’avrei, ma se ci sono metodi alternativi….magari, per 65 euro…..”

S:Volevo dire se la raccolta la fa qui o da un’altra parte, perché se la fa altrove deve portare il tutto entro mezz’ora

M: [Da un’altra parte dove? In autogrill? In metropolitana? In ufficio?] “Diciamo che per semplicità logistica, la raccolta la farei presso le vostre strutture”

S:D’accordo. Allora si presenti il giorno XX alle XX. Alla reception le daranno tutte le istruzioni su come fare.

M:In questo caso mi sento più tranquillo…..”

S: [Mi interrompe]…”Si ricordi che, prima dell’esame, deve astenersi dall’avere qualsiasi rapporto con la sua partner per almeno tre giorni

M: [Meno male…deduco di poterne avere con qualsiasi altra. L’importante è che non sia lei. Ho anche un alibi brillante: me l’ha detto il dottore..] “Nessun rapporto? Nemmeno un saluto?”

S:Queste sono le regole, poi veda lei…”

M:Va bene. Mi asterrò. Grazie e arrivederci

S:Prego. Arrivederci.”

Colgo l’occasione per inviare a Tintallie un bacio. In primo luogo, perché siamo ancora nei tempi previsti per non compromettere l’esito degli esami; in secondo luogo perché ha dimostrato di aver compreso il fine supremo per il quale, con notevole sacrificio, sarò costretto ad esserle infedele.

Mthrandir

(Nella foto d’archivio, le immagini della futura strage)

 
 
 

PACS ET BONUM

Post n°62 pubblicato il 22 Settembre 2005 da Mthrandir
 
Foto di Mthrandir

Va scemando la buriana intorno al punto della Fabbrica del Programma di Prodi (che, pare, non sforni gli stessi “prodotti” di quella di Rutelli) e la faccenda dei PACS si accomoda, come è giusto che sia, nel fornitissimo archivio delle fesserie propagandistiche. Era prevedibile, del resto, considerando che il bel Francesco li aveva già incastrati nei suoi CCS lasciando intendere che l’argomento era destinato a fare un po’ di chiasso al solo fine di scaldare i motori in vista di scontri di ben maggiore momento. Intanto, il Paese ci si è accapigliato con grande impegno dando dimostrazione, una volta di più e senza che ce ne fosse bisogno, di essere abitato da schiere di individui ai quali andrebbe senza dubbio imposto l’ausilio di un tutore per manifesta insufficienza mentale.

Perfino il buon Ruini, che deve avere un sacco di tempo libero, si è sentito in dovere di intervenire e, questa volta, non mi lascia nemmeno il gusto di non condividere la conclusione (“Non servono ad una beata fava”) pur costringendomi, come spesso accade, a dissociarmi dalle motivazioni (“Sono incostituzionali”? Suvvia, Eminenza, dov’è scritto che il fondamento è la famiglia cattolica praticante sposata regolarmente in chiesa? Ha letto la Costituzione Italiana, o quella dello Stato Pontificio?). La conclusione, però, è corretta.

A che cazzo servono i PACS?

Si dice, a riconoscere i diritti delle coppie di fatto, e specialmente ai loro figli. Balle! Se questo fosse lo scopo, basterebbe ricordare alle coppie di fatto che possono tranquillamente prendere un appuntamento in Municipio, fare un paio di firmette alla presenza di un paio di soggetti raccolti in loco, e il gioco è fatto. Tempo: cinque minuti; costo: nessuno.

Secondo: qualcuno mi spiega perché lo Stato dovrebbe preoccuparsi di introdurre una regolamentazione che riconosca i diritti di chi, per sua scelta, non sia disposto a prendersi anche i “doveri” della vita di coppia?

Perché Romanone, invece di rompersi il capo sui PACS, non propone di eliminare la grande maialata di dover passare tre anni di separazione a meditare per ottenere un divorzio? Perché non propone di riequilibrare il diritto di famiglia attuale per il quale la donna parte dalla posizione di coniuge debole a prescindere? Troppo facile?

Non ditemi che non ci eravate arrivati: non l’ha fatto perché questa iniziativa avrebbe servito sul serio i diritti di tutti i cittadini (ivi inclusi quelli che, attualmente, convivono), ma….? Ma il vero obbiettivo era quello di tastare il terreno per giungere alla ratifica, di fatto, delle unioni omosessuali. E i PACS, spacciati per strumento legislativo rivolto alle coppie conviventi (non era stato specificato, prima del sollevamento di scudi, che si intendevano quelle etero e basta), avrebbero fatto da cavallo di Troia per l’estensione a tutte le coppie. Con buona PACS dei cattolici di sinistra che, se interpellati direttamente, poco probabilmente avrebbero avallato l’iniziativa e, magari, avrebbero avuto qualche dubbio nel confermare il voto al “Mortadella”.

E, siccome sono un malfidato, tutte le volte che si solleva un polverone come questo, sento il retrogusto acido di qualche porcheria ancora più grave sulla quale si staranno accordando sotto banco.

E adesso ditemi come si fa a dare un voto valido potendo scegliere unicamente tra un Berlusconi impresentabile anche sull’Isola della Tortuca, e un Prodi che non ha nemmeno il coraggio di porsi come lo Zapatero dei poveri. E ho detto uno Zapatero, mica un J. F. Kennedy qualsiasi….

Mthrandir

(Nella foto, il Gatto e la Volpe)

 
 
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

ULTIME VISITE AL BLOG

lucignolo_emeraldMthrandirnico.bologSigParcisdarioPhoenix_from_MarsAnonimoRomanoAnticotruemouthesse.enzanabulionedopocena70hopelove10ribelle22.itantiparassiti_2011
 

CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963