Creato da karolina_bees il 14/02/2010

ROMANIA IL MIO PAESE

COME UN VIAGGIO DA IERI AD OGGI... STORIA TRA FANTASTICO E REALTA'

 

DRACULA - ARTICOLI DAI QUOTIDIANI

Post n°20 pubblicato il 14 Marzo 2010 da karolina_bees

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«Perche' i vampiri temevano aglio e croci»

(da 'Il Mattino' del 1 novembre 1998)

    Wayne Tikkanen, è questo il nome dell'uomo che forse ha distrutto il romantico ed orrorifico mito dei vampiri. Professore di chimica alla California State University di Los Angeles, Tikkanen avrebbe scoperto che vampiri e lupi mannari altro non erano che malati. Nella Romania e nell'Ungheria del XVI e XVII secolo i veri mostri furono gli uomini del clero, i giudici e gli ignoranti che uccisero centinaia di persone che non erano l'incarnazione del demonio ma semplicemente dei malati di porfiria, una malattia del sangue che provoca lo sfiguramento dei tratti e fa calare la resistenza dei tessuti ai raggi ultravioletti. Ecco perchè queste creature bevevano il sangue degli animali per alleviare il dolore (un rimedio della medicina popolare allora assai comune) e evitavano la luce del sole.

     Quando la malattia è in uno stadio avanzato, la pelle comincia a scurirsi e si crepa per effetto dei raggi solari. Le cicatrici si coprono di un anormale quantità di peli, le labbra spaccate si ritirano scoprendo i denti, il naso si erode e in qualche caso le dita delle mani si consumano, facendole assomigliare a zampe. In alcuni casi, la malattia porta alla demenza. Oggi la porfiria, considerata nella maggior parte dei casi ereditaria, è curabile ma ne sono affetti circa 100mila persone nel mondo.

     La leggenda che vampiri e lupi mannari emergessero dalle tenebre con la luna piena si giustifica con il fatto che coloro che soffrivano particolarmente "uscivano solo dopo il tramonto" per evitare il sole. Giustificato anche il terrore per l'aglio, perchè negli ammalati esso stimola le tossine contenute nel sangue facendoli gravemente peggiorare. E la paura di questi "vampiri" per la croce appare più che comprensibile: i poveretti erano terrorizzati dal simbolo degli inquisitori, i quali li avrebbero messi al rogo come agenti di Satana.

 

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«In Russia una donna-vampiro»

(da 'La Repubblica' del 12 Marzo 1994)

A quanto pare, è successo davvero. Lo riferisce la Ria (Rossiskoje Informazioinnoje Agentstvo, nuova denominazione della Novosti dell'era sovietica), lo ritrasmette la Reuter, l'autorevole agenzia inglese. E' accaduto a Vladivostok, la "San Francisco" russa, il porto dell'Estremo Oriente, sull'oceano Pacifico. Una giovane donna ha ucciso a coltellate un poliziotto, poi ha incollato le labbra al collo della sua vittima e ha bevuto voluttuosamente il sangue che sgorgava dalle ferite.

     L'agenzia non fornisce l'identità della vittima, nè le circostanze del fatto: si limita a far capire che l'agghiacciante omicidio è avvenuto durante "una festa", senza dare dettagli o spiegare cosa ci faccia lì un poliziotto. I partecipanti hanno assistito in stato di orrore, incapaci di intervenire.

     Una testimonianza: "Lei lo ha accoltellato, e poi ha cominciato a succhiare avidamente il sangue dalle ferite". Ancora: "Più beveva, più sembrava eccitata". Morale: secondo i presenti non ci sono dubbi, si è trattato di un attacco compiuto da un'autentica vampira...

 

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Il fascino discreto del vampiro

di Vittorio Curtoni

(da 'Urania' 6/93)

     "Io vivo tra piu' paesi, piu' lingue, piu' culture. Mi ritrovo sempre negli interstizi, nei luoghi di passaggio. E' l'unico modo di agire in questa vita noiosa."

     Traggo queste frasi da un singolare (e assai interessante) romanzo, Il diario di Dracula di Marin Mincu. Il Dracula in questione, aggiungero' subito, e' quel Vlad III di Valacchia, meglio noto come "Vlad l'Impalatore", che aveva ereditato dal padre il soprannome di "Dracul", cioe' "Demonio"; il personaggio storico dal quale prese le mosse Bram Stoker per creare, nel 1897, l'immortale capolavoro che e' Dracula.

     Dal romanzo di Stoker si e' mossa, in seguito, una serie di epigoni, piu' o meno motivati, piu' o meno sinceri; e, con l'avvento del cinematografo, una serie di registi, sino al recente tentativo di Francis Ford Coppola. E' abbastanza singolare, mi pare, che il vampiro sia, per definizione, refrattario allo specchio (nel senso che lo specchio non lo riflette), mentre non e' per nulla refrattario all'occhio (vitreo) della cinepresa: una malattia vampirica da eccesso di tecnologia? Un vuoto strutturale dei suoi riflessi neuronici?

     Sia come sia, se ancora oggi stiamo a parlare, disquisire, discettare del vampiro, e' segno evidente che questa figura possiede un fascino carismatico concesso a non troppi personaggi del panteon fantastico. Ad esempio, il caro vecchio Frankenstein appare un po' in ribasso: dopo la sfolgorante stagione delle pellicole targate Hammer, il buon dottore e la sua creatura non paiono godere di eccessivo favore popolare. E nemmeno il tentativo di Kenneth Branagh e' riuscito a riportarlo sulla cresta dell'onda.

     E tuttavia, anche se a prima vista non parrebbe, di cose in comune i due personaggi ne hanno parecchie. A livello narrativo, sono entrambi discendenti diretti di quel grande, fantasmagorico carrozzone da circo che e' il romanzo gotico, ideato e concretamente realizzato da Horace Walpole nel 1764 col suo Il castello d'Otranto. Nelle vene dei due personaggi principali, poi, scorre sangue blu: Dracula e' conte, e il dottor Frankenstein e' barone (qualcuno ci aveva mai fatto caso?). Ma la caratteristica essenziale che accomuna il capostipite dei vampiri al primo, indimenticabile mostro di laboratorio dell'era moderna e' la vittoria sulla morte, la resurrezione della carne, in una forma o nell'altra: piu' eterea, problematica, romanticamente dannata in Dracula; piu' concreta, materiale, scientifica nel mostro di Frankenstein. Entrambi incarnano il tema della sfida a Dio, lo spostamento delle leggi di Natura verso confini che all'uomo non sono concessi; e come sempre accade a chi ha l'ambizione di prendere il posto del Padreterno (per lo meno in letteratura, dalla tragedia greca in poi), il prezzo da pagare e' assai salato. Ma, fortunatamente, le sacre leggi della modernissima serialita' garantiscono anche una successione interminabile di resurrezioni, in barba a tutti gli imperativi morali che si possano invocare.

     Credo che il vampiro goda ancora oggi, nell'immaginario collettivo, di maggior fortuna del suo cugino mostro soprattutto per due motivi. In primo luogo, Dracula e compagni sono intrinsecamente polivalenti, adattabili a ogni situazione, riproponibili nei piu' diversi contesti. Come un altro grande archetipo della narrativa fantastica, i fantasmi, incarnano terrori profondi e onnipresenti, non limitati agli angusti spazi del laboratorio di uno scienziato piu' o meno folle. Sono, insomma, una filiazione diretta di strutture fondamentali della paura umana; e se nessuno puo' negare che, specialmente oggi, scienza e tecnologia occupino un posto di rilievo all'interno di questa paura, e' altrettanto innegabile che il timore che si prova di fronte all'irrazionale, al metafisico, ha un impatto ben piu' profondo di quello generato dal razionale. I narratori dei nostri giorni lo hanno capito molto bene; tanto che uno dei romanzi dai quali ha preso avvio la sottocorrente dello splatterpunk e', guarda caso, Vampire Junction di S. P. Somtow, apparso in America nel 1984.

     Secondariamente, in un mondo come il nostro; un mondo in cui gli eccessi nutritivi sono banditi come peccaminosi dalla coscienza sociale; un mondo in cui stare a dieta, essere agili e scattanti, liberarsi dei chili superflui, e' considerato un preciso dovere civico per chiunque; in questo mondo, Dracula puo' permettersi di abbuffarsi di sangue a piacere, senza alcuna limitazione. E' vero, come mi ha recentemente fatto notare un amico, che i Dracula della narrativa e del cinema sono vampiri snelli, prestanti, dalla figura asciutta; ed e' anche vero che mangiano pochissimo, anzi non mangiano per niente; ma quanto sangue bevono! Se ne ingozzano con un'avidita', con una carnale soddisfazione che non ha pari nella realta'. E se, com'e' ampiamente dimostrato, il sangue riveste presso tante culture, presso civilta' che sembrerebbero agli antipodi l'una dell'altra, il significato di "cibo primario", c'e' da stupirsi se Dracula e' un eroe dei tempi moderni? Deve possedere un metabolismo invidiabile: con tutto quello che mangia (o beve, come preferite), non ingrassa mai; e' sempre in forma, ma non deve mai stare a dieta... Il sogno del ghiottone frustrato dei nostri giorni!

     E non parliamo della sua ovvia, intrinseca, carica di sex appeal; il fascino che esercita sulle signore e' sin troppo noto. E' splendida intuizione del mito del vampiro l'avere fuso il piacere della nutrizione col piacere del sesso, facendone un tutto unico che rimanda direttamente il lettore, o lo spettatore, ai godimenti fetali del grembo materno e a quelli successivi del seno materno. Stati di felicita', questi, che la condizione di adulto non concede a nessuno, ma che tutti, presumo, rimpiangiamo; e che nell'immagine del non morto trovano una loro, per quanto macabra, realizzazione.

     Lunga vita, dunque, a Dracula! Lunga vita a chi, da un lato, incarna senza dubbio il perturbante freudiano, l'inquietudine dell'inconscio che riemerge in superficie, il terrore atavico della morte; e, dall'altro, si propone come modello di assoluta soddisfazione dei sensi (almeno finche' un paletto acuminato, una croce o una spruzzata di acqua benedetta non intervengano a chiudere per sempre questo arcano stato di beatitudine). Ridotto all'osso, il fascino discreto del vampiro sta proprio in questo: nella duplicita' di una vita beatifica e primordiale che in realta' e' morte; nelle due facce cosi' opposte, ma cosi' perfettamente complementari, della parabola nascita-vita- morte che e' tipica di ogni essere umano.

     E se per trascendere questa parabola, per arrivare all'inquieta pace dell'immortalita', dobbiamo avvolgerci in un mantello nero, dormire in una bara imbottita di terra, uscire solo di notte e morsicare qualche collo... Be', e' sempre meglio che marcire sotto una pietra tombale, no?

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«Vampiri. Dieci in Italia, 1400 nel mondo»

(da 'La Nazione' di Giovedì 7 novembre 1996)

ROMA-Nella seconda metà del Settecento Voltaire annotava, con gioia, il trionfo della ragione illuminista, che era stata capace di mettere in fuga, per sempre, i vampiri. «Non si sentiva parlare che di loro tra il 1730 e 1735... e adesso nessuno ne trova più». Inutili censori oggi possiamo capire quanto avesse torto. Perché i vampiri non solo ci sono ancora, nella fantasia popolare, ma so no addirittura diventati mito nei panni del conte Dracula e dei suoi emuli antichi e moderni.

     Non poteva mancare un censimento. A firmarlo è stato il "Centro di ricerca sui vampiri" di New York diretto da Stephen Kaplan. Ecco le cifre: 40 vampiri accertati in Canada, 550 negli Stati Uniti e 310 nel resto del mondo. In Italia, dicono gli studiosi, i casi acclarati sono una decina circa. Ed effettivamente qualche traccia del Conte è stata trovata anche qui; nel novembre di due anni fa all'idroscalo di Milano furono individuate tracce di un vero e proprio "banchetto per vampiri". Una tovaglia bianca, tre cuori (di vitello) disposti su tre piattini. In uno erano conficcati due coltelli da cucina, nel secondo un solo coltello, mentre il terzo, più piccolo, era integro e avvolto in un coprifasce bianco da neonato. Al centro, un cero rosso in parte consumato

  

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«Caro Conte, si stenda sul lettino e racconti»

intervista a Vera Slepoj di Silvia Mastrantonio

(da 'La Nazione' di Giovedì 7 novembre 1996)

ROMA-La luce rischia di ucciderlo, fermarne il cuore è impresa difficile. Perchè batte attraverso i secoli, le epoche, le mode e i costumi. Ma chi è davvero Dracula? «E' il sangue, prima di tutto -risponde la psicologa Vera Slepoj, che non esita a dirsi 'affascinata' dal Conte-. Sangue come elemento di passione e sessualità, sangue come strumento di purificazione. Sangue come ricongiungimento tra la vita e la morte, come circolo vitale».

     Sangue ma anche tenebre...

      «La notte, cioè l'incoscienza, il terrifico, il profondo presente in tutte le culture come le parti oscure di noi, la concezione delle particolarità non spiegabili della natura. E Dracula vive di notte portando con sè tutto questo. Non potrebbe diventare mito se non avesse fortissimi legami con il rito».

     Un mito negativo?

     «E' il tormento e insieme la paura. Il suo tormento di dover vivere per sempre è il nostro tormento tra la felicità e l'infelicità, la ricerca di una spiegazione sulla fine delle cose, sulla nostra fine e sulle origini delle passioni. Ci permette di fantasticare di una vita che non si interrompe, ci regala l'immortalità seppure nell'oscurità della notte. Ci offre la possibilità di elaborare le nostre angosce più profonde che toccano le 'parti oscure' di noi, le nostre pulsioni, la paura del futuro».

     Ma resta un modello deviante...

     «Non è un personaggio liberatorio, ma angosciante, che però associa un elemento profondamente passionale legato al bacio, al morso. Anche qui un simbolo dell'atto sessuale».

     Tanti simboli l'hanno consegnato davvero all'immortalità?

     «E' il trionfo del nostro desiderio di immortalità. Passano i secoli ma il bisogno di spiritualità dell'uomo, di contenitori ideali che giustifichino e spieghino il 'dopo', resta»

 
 
 

Dracula - "De Nosferatu Misteriis" (VI)

Post n°19 pubblicato il 12 Marzo 2010 da karolina_bees

"De Nosferatu Misteriis" /Compendio della 'Van Helsing Vampiric Society' /(da 'Excalibur' 11/93)

Nosferatu, Non-Morto. Queste due semplici parole ci rivelano un terribile segreto, un mistero che è sempre rimasto celato agli occhi della gente comune e dei ricercatori scientifici per il solo fatto di essere privo di una spiegazione. Ma se accettiamo con umiltà di riconoscere la limitatezza di ciò che possiamo comprendere e la vastità dei fenomeni ancora sconosciuti, dal mesmerismo all'ipnosi ai campi elettromagnetici, allora non possiamo negare le testimonianze e le paure tramandate dalla storia e dalla cultura di antiche popolazioni e di villaggi conservatisi all'ombra dello accecante progresso scientifico. Signori miei, io vi dico che nelle regioni più sperdute del globo è ancora vivo il terrore suscitato da un'eventualità apparentemente scartata a priori dalla nostra vita razional-quotidiana: che la morte possa non coincidere con il riposo eterno, né fisico, né spirituale, che possa sconfinare in una sorta di abominevole esistenza, che la "morte" possa essere la condizione di "vita" di anime dannate e assetate di sangue.

     E' giunto il momento, signori miei, che la ragione e la scienza intraprendano lo studio dell'occulto, perché questo mondo tenebroso possa essere rischiarato dalla luce della conoscenza e l'uomo possa combattere le forze che, nascoste nelle zone d'ombra delle nostre dottrine, tramano contro la nostra vita. Solo se sarà possibile superare il pregiudizio di non-scientificità di queste manifestazioni, l'umanità potrà sconfiggere quella che potrebbe diventare la malattia del ventesimo secolo: una malattia che sfugge all'indagine medica, mascherandosi per una forma di anemia aggravata, un contagio che perseguita le proprie vittime oltre la tomba... il vampirismo. Questo breve trattato, per nulla esaustivo, cerca di illustrare le numerose manifestazione di questa terribile malattia, con l'intento di fornire i mezzi necessari per eliminare queste orrende creature che si nutrono di sangue. Il materiale qui esposto è stato raccolto dopo la drammatica esperienza che ha visto il sottoscritto e quattro valorosi compagni (Harker, Morris, Holmwood e Seward) fronteggiare uno dei più temibili vampiri della storia, che ha infestato il nostro mondo per oltre quattrocento anni: il Conte Dracula.    

Alla memoria di Quincey Morris, deceduto nello scontro finale presso la dimora del Conte in Transilvania.

 Il Nosferatu I vampiri sono creature della tenebre che si nutrono di sangue umano; vivono fuori della grazia di Dio e sono quasi immortali. Essi sono in una condizione di "morte eterna" e quindi vengono tormentati da una insaziabile sete di tutto ciò che rappresenta la vita e la passione li ha condotti a rinnegare il Signore: infatti i Non-Morti devono andare avanti, all'infinito, a nutrirsi del sangue dei vivi.

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     Il Nosferatu è simile ad un "cadavere" pervaso da un'anima dannata che, per i motivi che saranno spiegati sotto, non ha potuto separarsi dal corpo al momento della morte. Il suo corpo è in uno stato di sospensione: il cuore ha cessato di battere, ma gli organi e le membra sono preservate dalla decomposizione. In realtà, generalmente, i vampiri possono conservarsi illimitatamente solo se dormono nella loro dimora (spesso in un feretro). Devono riposare sulla terra consacrata della loro patria per conservare i loro poteri nefasti, ma per compiere attività faticose (soprattutto rimanere desti durante il giorno o essere esposti alla luce del sole) hanno bisogno di nutrirsi di sangue umano. I vampiri hanno numerose abilità magiche, che però variano da esemplare a esemplare; le più comuni sono la capacità di trasformarsi in pipistrello e/o lupo, lo sguardo ipnotico, il controllo delle creature malvagie (specialmente topi, pipistrelli e lupi), l'abilità di vaporizzarsi in una nube di fumo, la padronanza di alcuni fenomeni atmosferici e numerosi poteri mentali. Accanto a queste capacità, che li rendono avversari formidabili, i vampiri hanno anche diversi punti deboli. Il contatto con l'acqua santa o altri oggetti consacrati (come le Ostie) provoca loro gravi ustioni; odiano la luce del giorno, che li indebolisce notevolmente, aborriscono l'aglio, tutti i simboli religiosi e gli specchi (nei quali non si riflette la loro immagine). Il loro corpo può essere ferito solo parzialmente, e se riesce a riposare nel suo sepolcro è in grado di rigenerare completamente i tessuti danneggiati. Ma se si riesce a immobilizzarlo o stordirlo, allora è possibile distruggerlo. Per eliminare definitivamente un vampiro è infatti necessario conficcare un paletto di legno nel suo cuore e quindi decapitare il mostro; e quando sarà dato riposo al Non-Morto, allora giungerà per lui la benedizione più grande, giacché la sua povera anima sarà nuovamente libera. Altre proprietà dei vampiri sono più controverse; esistono diverse specie di questi mostri e ognuna di esse ha le sue peculiarità. Alcuni vampiri non possono attraversare corsi d'acqua e vengono distrutti se immersi nell'acqua corrente, mentre i più deboli di questi figli della notte si inceneriscono al sole.

 Il contagio del vampiro - Come si diventa vampiri? Vi sono due modi: attraverso un rito satanico, un individuo dotato di un'immensa forza di volontà, animato da una violentissima passione e determinato a superare la barriera della morte, può rinnegare Dio, consacrarsi alle potenze delle tenebre e diventare un Nosferatu. Ma non tutti sono abbastanza forti e abbastanza folli da fare una cosa simile. In questo modo nascono i vampiri eccezionali, come il Conte Dracula: costui era, durante la vita, un uomo straordinario. Soldato, uomo di stato, alchimista... il culmine dello sviluppo della scienza ai suoi tempi. Il suo cuore fu tanto forte da sopravvivere alla tomba.  Ma il vampirismo può essere trasmesso in un altro modo... è molto contagioso. In questo senso, esso è una malattia mostruosa che può espandersi a macchia d'olio e che deve essere stroncata sul nascere, prima che sia troppo tardi.

     Chiunque venga morso da un vampiro è soggetto ad uno shock molto intenso: infatti il nosferatu ha la capacità di ammaliare le sue vittime e, stringendo con loro un contatto empatico, è talvolta in grado di controllarle. E se colui che è stato morso da un vampiro dovesse bere il sangue del mostro, allora il suo destino sarebbe segnato. Il contagio sarebbe contratto; la vittima inizierà a mostrare una forte forma di anemia, senza che si riesca ad individuare alcuna perdita di sangue, e sarà preda di incubi ed allucinazioni. Si vedranno solo le due piccole ferite alla gola -il sigillo del vampiro!- dove è stata morsa dal nosferatu, ma anche questi piccoli segni sono presto destinati a scomparire. Dopo alcuni giorni sopraggiungerà la morte del corpo: a questo punto, se il vampiro che ha causato il contagio non è ancora stato distrutto, la disgraziata vittima diventerà un nosferatu, anch'esso assetato di sangue umano... 

L'unico modo di interrompere il processo di vampirizzazione consiste nel distruggere la creatura che ha infettato il sangue della povera vittima, mentre la vita dello sventurato può essere prolungata con trasfusioni di sangue.

          

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 SIATE SEMPRE VIGILI, NON ABBASSATE MAI LA GUARDIA... NON CHIUDETE GLI OCCHI, POTEREBBE ESSERE L'ULTIMA VOLTA...

     Abraham Van Helsing  (fonte web)

.. ...a presto *__^

 
 
 

Da Vlad III a Dracula (V)

Post n°18 pubblicato il 11 Marzo 2010 da karolina_bees

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Il primo libro riguardante Dracula è stato pubblicato nel 1463 il cui titolo era "La Storia di Voivode Dracula" che era un evidente attacco alla politica riguardante i tedeschi attuata da Vlad, soprattutto riguardo ai metodi crudeli da lui usati. Il libro ha circolato attraverso l’Europa, specialmente nella comunità tedesca (probabilmente l'area di più grande di diffusione della storia di Dracula) fino a 1559-1568 dove è stato pubblicato in diverse edizioni.

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Una seconda area di diffusione fu la borghesia russa, dove dal 1468 iniziò a circolare una versione del manoscritto.

Da là la storia passò ai contadini creando come era ovvio un vasto folclore. Poi finalmente la storia giunse, non attraverso scritti ma mediante tradizione orale, in un’area molto ampia e cioè il sud-est dell’Europa.

Da questo momento la storia di Vlad Tapes III Dracula è diventata sempre più una realtà che anche un nuovo genere di letteratura: "la letteratura del Vampiro".

Il capostipite di tutto questo fu il libro di Bram Stoker. Esso fu pubblicato per la prima volta nel 1897, ed ebbe un grande successo dovuto in parte alla popolarità del soggetto già esistente. Stoker è in stato in qualche modo la persona più vicina alla verità di Dracula più di molti altri autori sebbene egli non abbia mai messo piede sulla terra rumena e questo perché si è documentato per lungo tempo ed ha parlato inoltre con storici e con molta altra gente. All'inizio del libro c'è una descrizione accurata dei luoghi dove la storia comincia e anche il ritratto che vi si trova è, in alcuni tratti, vicino al reale ritratto di Dracula, ma appena le azioni delle storia muovono in Inghilterra, si entra nella pura fantasia.

A Bram Stoker va riconosciuto sicuramente il grande merito di aver creato un personaggio incredibile, che ha goduto e gode tuttora di una ineguagliabile popolarità.

In conclusione possiamo dunque dire che, a parte il grande folclore che "vi è stato costruito sopra", per la maggior parte dei rumeni la storia di Dracula resta giusto una storia, niente di più, e solo pochi hanno per così dire, paura di questa misteriosa figura....

(fonte web)

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Pagina di storia che diventa fonte del mito Dracula (IV)

Post n°17 pubblicato il 10 Marzo 2010 da karolina_bees

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Dracula, nuovo principe di Valacchia, duca di Amlas e Fagaras e cavaliere del Sacro Ordine del Drago giura fedeltà al nuovo re d’Ungheria e signore della Transilvania, Mattia Corvino. Uno dei primi provvedimenti presi dal nuovo principe è lo sterminio dei nobili che giurarono fedeltà a Vladislav II; finiranno tutti impalati nel cortile del palazzo reale di Tirgoviste. A questo periodo di regno, il più lungo, risale anche la ricostruzione del castello di Arges, quello che diventerà il famoso "Castel Dracula" citato nel celebre romanzo di Stoker (nel quale viene però spostato nel nord della Transilvania, nei pressi di Bistrita). Le pietre per la ricostruzione di questa fortezza saranno trasportate a mano dai nobili infedeli.

Nel 1457 Dracula invade la Transilvania saccheggiando la regione di Sibiu, probabilmente per scovare il fratello Vlad il Monaco, anch’egli pretendente al trono valacco, e per vendicare la morte del padre. Stephan il Grande riprende possesso, con il fondamentale aiuto del cugino, delle sue terre e tornando così ad essere principe di Moldavia.

A dispetto delle buone relazioni che sembrano intercorre tra Vlad e Matyas, quest’ultimo aveva infatti dato sostegno finanziario e politico alla guerra intrapresa da Vlad contro i Turchi, c'erano però alcuni punti di conflitto, e questo è un altro aspetto fondamentalmente nella storia di Dracula.

Uno era il proprietario primo della corona di Valacchia con Fagaras ed Almas che erano però sotto il controllo del principe della Transilvania. Ma dopo un accordo Fagaras ritornò sotto l'autorità di Vlad mentre Almas no.

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Il nuovo monarca Mattia Corvino aumenta le sanzioni imposte ai mercanti e ai nobili valacchi, e ciò non fa che aumentare l’odio di Dracula nei confronti della Transilvania, già macchiatasi dell’assassinio del padre e del fratello. E così nell’aprile del 1459 Dracula, stanco di sopportare le pesanti punizioni di Matyas, invade la città transilvana di Brasov profanandone la chiesa e impalando gran parte dei cittadini e dei nobili sulle colline intorno alla città; è in questa occasione che Dracula mangia fra i cadaveri impalati. Ma le incursioni punitive di Dracula in Transilvania non si fermeranno qui, esse infatti proseguiranno anche nel successivo anno, e tra tutte una delle più sanguinose fu quella del 24 agosto (notte di San Bartolomeo) ad Amlas, dove furono impalate più di 20.000 persone.

L'azione però fu per lui un successo totale dal punto di vista militare in quanto portò Almas sotto la sua autorità. Come un forma di vendetta, alcuni anni più tardi fu pubblicato un libro che raccontava gli atti di crudeltà di Dracula. Questo, messo insieme al folclore ed ad altri fattori, come il suo modo originale di uccidere (cioè impalando), ed il suo piacere nell’uccidere, guida alla storia moderna di Dracula.

Nell’inverno del 1461 la Valacchia dichiara guerra alla Turchia che continua la sua avanzata inarrestabile. Per resistervi Dracula ha però bisogno di aiuto ma né il re ungherese Matyas e né il cugino Stephan gli forniscono appoggio e così il potente sultano Mehemed II detto il Conquistatore, entra in Valacchia.

Stephan di Moldavia, entrato poi in guerra, ma dalla parte dei turchi, viene ferito gravemente e si ritira col suo esercito tornando in Moldavia.

Radu, fratello di Dracula, viene nominato principe di Valacchia e gli viene dato il compito di trovare il fratello e ucciderlo, trasformando così la guerra in una faida famigliare tra Radu, principe legittimato dal sultano, ed il fuggiasco Dracula accompagnato da pochi boiari fedeli.

Dracula si rifugia così nel suo castello di Arges insieme alla moglie, che per la paura di cadere nelle mani dei turchi, una notte si ucciderà gettandosi nelle acque del fiume Arges, che prenderà poi il nome di "fiume della principessa". Scappato dal castello e tornato in Transilvania, Dracula viene arrestato dai soldati di re Matyas e richiuso nella Torre di Salomone del castello ungherese di Visegrad, dove vi resterà per 12 anni, a causa di una falsa accusa di alto tradimento che gli viene rivolta. Il re ungherese infatti inventò la falsa delle lettere scritte dal principe valacco al sultano turco al fine di liberarsi dell’unico unico testimone che lo poteva accusare di aver preso i fondi della crociata senza però prenderne parte.

Negli anni di prigionia Dracula ottiene il consenso di sposarsi con Ilona Szilagy, parente del re ungherese, a patto di convertirsi al cristianesimo.

Nella primavera del 1473 suo cugino Stephan di Moldavia, venuto a conoscenza dell’intenzione di Mattia Corvino di condurre una nuova potente Crociata, attacca Radu scacciandolo dal trono di Valacchia che però non passa a Dracula ma al potente voivoda valacco Basarab III.

Ma Dracula finalmente libero viene nominato comandante della Crociata e insieme al cugino Stephan e al principe provvisorio di Valacchia Basarab III, sconfigge i turchi scacciandoli definitivamente dal suolo valacco. L’anno successivo i tre firmano un patto di alleanza tra Valacchia, Moldavia e Ungheria.

Dracula, ufficialmente riconosciuto come legittimo pretendente al trono valacco, decide di intraprendere insieme a Stephan di Moldavia, Vuc Brancovic ed il nuovo comandante ungherese Stephan Bathory, una guerra per spodestare Basarab III, passato dalla parte nemica, dal trono di valacchia.

Dracula prima conquisterà la capitale Tirgoviste, poi entrerà a Bucarest, e successivamente riprenderà il controllo delle sue terre venendo infatti nominato principe di Valacchia dal Consiglio dei Boiari e consacrato dal metropolita di Arges.

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Ma nel dicembre dello stesso anno (1476) Dracula morira nella battaglia con Basarab III, tornato con un esercito di turchi, dopo un periodo in cui si era rifugiato prima a Bucarest e poi in Turchia. Vinta la battaglia Basarab III, probabilante colui che uccise personalmente Dracula, inviò poi la testa di quest’ultimo al sultano turco presso la corte di Costantinopoli. Dracula venne poi sepolto nel monastero di Snagov e come già detto, i suoi resti non verranno mai ritrovati.

(fonte web)

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(la tomba di Dracula)

 
 
 

Il conte Dracula, l'inizio di un altra versione (III)

Post n°16 pubblicato il 09 Marzo 2010 da karolina_bees

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Il mito di Dracula si perde nei secoli, ma non tutto quello che si è detto su questa misteriosa figura, è frutto della fantasia umana. Vi è infatti un riferimento storico ben preciso che riferisce come un succhiatore di sangue è veramente vissuto, in Romania, precisamente in Transilvania intorno al 1400, ed era il principe Vlad Tepes III Dracula, detto l'impalatore, figlio di Vlad Drakul, principe in Valacchia.

Nato nel 1431, dominò dal 1456 al 1462, con estrema crudeltà e il suo passatempo preferito appunto era impalare la gente. Era talmente ossessionato da ciò, che faceva imbandire la tavola dove mangiava ed intratteneva i vari ambasciatori in mezzo a foreste di uomini impalati, dissertando con essi delle tecniche di impalatura che utilizzava.

Torturava i prigionieri nei modi più atroci e neppure la sua morte liberò i rumeni dall'angoscia. Infatti nel 1931 la sua tomba, situata nella cappella solitaria del monastero di Snagov (vicino Bucarest), venne riaperta, ma il cadavere decapitato di Vlad era sparito e al suo posto fu ritrovato lo scheletro di un cavallo.

Ma perché la storia di Dracula è entrata a far parte di quelle storie fantastiche di cui protagonisti sono fantasmi, elfi o vampiri? Cosa sta dietro al fatto che un eroe reale, un principe, è stato assimilato con creature dell'immaginazione? Perché la figura di Vlad Tapes viene collegata a quella di un vampiro, che nel folclore popolare si identifica in un cadavere che si alza dalla tomba durante la notte, spesso nella forma di un pipistrello, succhiando per nutrimento il sangue di un umano dormiente?

DRACULA - L'ORIGINE DEL NOME

 

Per un migliore comprensione del vero carattere di Vlad Tepes III, ovvero Dracula, è necessario spiegare l'origine del suo soprannome. Nel 1431 l'Imperatore Sigismondo dette una colana ed un medaglione d’oro con inciso un drago a Vlad II padre di Dracula, investendolo così del Sacro Ordine del Drago, un'organizzazione semi-monastica, fondata dallo stesso Sigismondo insieme alla moglie Barbara von Chilli il 12 dicembre 1418, con il compito di difendere la cristianità del Sacro Romano Impero dalle continue minacce della potenza ottomana.

Già in questo la gente semplice vide l’inizio di una alleanza col diavolo. Successivamente per le prime due emissioni monetarie Vlad II usò l’emblema del drago ed è da questo momento iniziarono a soprannominarlo Dracul - Dracula. Da questo momento iniziò così ad essere chiamato Vlad Dracul (Vlad il Diavolo) invece di Vlad Dragonul (Vlad il Drago) ed è forse in questi due possibili significati, una delle ragioni della confusione tra "diavolo" e "vampiro" che in alcune lingue, ha portato ad associare Dracula a un vampiro. Questo nomignolo è mutato poi in un cognome per i suoi discendenti. Ecco come dunque si spiega il fatto che il suo secondogenito sarebbe stato chiamato Dracula.

 

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Agli stoici ottomano egli però non è noto come Dracula ma come Vlad Tepes, cioè il nome usato anche nella storiografia Rumena, anche se egli firmava sempre col nome del padre, Dracula, come testimoniato dal primo documento di Bucharest datato 20 settembre 1459.

 

 

(fonte web)

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Il calice d'oro e la giustizia di Vlad Tepes detto anche Vlad Impalatore o Dracula (II)

Post n°15 pubblicato il 03 Marzo 2010 da karolina_bees

 

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Voglio raccontarvi una storia. Ho provato a cercarla in internet ma senza successo.
E' una favola raccontatami da mio nonno quando avevo 8-10 anni.
D’estate quando preparavamo la grappa di prugne in giardino aveva l’abitudine, mentre si prendeva cura del fuoco, di raccontarmi storie delle gesta dei grandi capi del nostro popolo,  storie vissute da lui nel tempo della guerra o mi proponeva dei giochi di logica o matematica.

Fra tutte queste un suo racconto parlava di Vlad Tepes, il principe della Valahia.
Mi narrò che, nel suo tempo, i poveri trovarono giustizia, perché divenne difensore dell'onestà.
Sentendo che nel paese accadevano cose strane, di nobili disonesti che si arricchivano in una notte, Vlad iniziò a vestirsi da povero e camminare in mezzo alla gente. Cosi vide come il lavoro dei poveri veniva sfruttato. Il latte delle mucche era loro sottratto dai nobili e i bambini rimanevano senza cibo. Vide come il grano che serviva per il pane veniva preso e venduto, il ricavato, poi, finiva tutto nei cassetti dei ricchi, i quali si lamentavano di non poter pagare le tasse dovute, per mancanza di denaro. Decise, quindi, di prendere le giuste misure e mettere fine a questi soprusi.
Mandò persone di fiducia in tutto il paese, per poggiare sul bordo di ogni fontana una coppa d’oro, affinché ogni passante si potesse dissetare.  Su di essa vi era una placca con la scritta:

“Chi si permette di rubare questa coppa verrà cercato e trovato, senza nessun ritardo sarà condannato alla morte con supplizio del palo, sarà messo in vista di tutti nella piazza del paese come dritto esempio per chi mai avrebbe un simile pensiero”

Detto e fatto... le coppe furono poggiate sulle fontane, ma dopo pochi giorni iniziarono a scomparire una ad una. Mandò i soldati a cercare i ladri delle coppe. Una volta trovati, furono uccisi da Vlad in persona e le loro teste furono messe, come aveva promesso, nei pali posati nel centro dei paesi. La sua legge divenne valida per ogni fatto che rappresentava un furto.

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Le "cattive" notizie viaggiarono più veloce del vento. I nobili disonesti piangevano e si preoccupavano per i loro averi. I poveri non persero più il frutto del loro lavoro e amavano e lodavano Vlad.

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Dopo poco tempo a Vlad gli venne dato il nome di Vlad Tepes, cioè Vlad Impalatore, in tutta Europa si parlava di quanto fosse spietato e amante di sangue.
Si diceva che nel tempo di Vlad nel paese non esistevano piu ladri, però con questo atteggiamento si guadagnò molti nemici nella classe ricca, che tentarono e  riuscirono nell'assassinarlo. Cosi un giorno il Re Vlad Tepes detto anche Vlad Dracu fu ucciso e decapitato e finì il regno dell’onesta.
Nessuno dopo di lui riuscì più a mettere lo stesso terrore nei nobili disonesti e nei ladri, per riportare l'equità nel paese.
Questo racconto fa capire da dove nasce Dracul o Dracula  o “amante del sangue”.

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In traduzione mota mo Dracul significa Satana. Invece in traduzione interpretata, epitetica, essere "al dracului" significa essere sveglio, agile nel ragionare, che non si fa prendere in giro, deciso. (con la sua politica interna  ed estera Vlad Tepes ha dimostrato di essere "al dracului")

Un saluto cordiale a tutti, LilyAngel

..prossimamente qualche altra versione su Dracula *___*

 

 
 
 

Il principe Vlad Tepes nominato nelle leggende Dracula (I)

Post n°13 pubblicato il 25 Febbraio 2010 da karolina_bees

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Vlad III nacque nel 1431 nella città transilvana di Sighisoara.  In quello stesso anno suo padre, Vlad II, appartenente alla nobile famiglia dei Basarab, venne investito dall’imperatore Sigismondo di Lussemburgo dell’Ordine del Drago. Quest’Ordine,  fondato il 12 dicembre 1418 da re Sigismondo, dalla sua seconda moglie Barbara von Eili e da alcuni nobili ungheresi, aveva lo scopo di rafforzare la difesa della comunità cattolica da possibili attacchi dei turchi e comportava alcuni obblighi, incluso quello di vestire di nero in segno di penitenza ogni venerdì e di portare sempre l’insegna del Drago. L’insegna rappresentava un dragone prostrato con le ali distese, che pendeva da una croce verde contenente il motto “O quam misericors est Deus, justus et pius”. Il simbolismo era destinato a ricordare che Cristo aveva conquistato il principe delle tenebre con la Sua morte e resurrezione.

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(L'Ordine dell'Drago)

L’appartenenza di Vlad II a quest’Ordine sembra la spiegazione più probabile per l’origine del suo epiteto ‘Dracul’.  Il simbolo così strano del drago (parola derivante dal latino ‘draco’) deve aver affascinato sia i nobili valacchi che i contadini, al punto da creare il soprannome ‘Vlad Dracul’. Non vi era certamente nessun riferimento diabolico: in fondo, difficilmente un crociato potrebbe essere associato con Satana. Il nome ‘Dracula’, invece apparterrebbe alla categoria dei nomi romeni con suffisso in -ulea, per cui ‘Dracula’, o più correttamente ‘Draculea’, significherebbe semplicemente ‘figlio di Dracul’ (secondo Florescu e McNally).

I cronisti rumeni usarono l’epiteto ‘Dracul’ per descrivere il padre, ma non usarono il nome ‘Dracula’ riferendosi al figlio. Preferirono invece l’epiteto di ‘Impalatore’ (o ‘Tepes’, che in romeno significa ‘palo’), alludendo al metodo preferito da Dracula per uccidere e torturare i suoi nemici. Sembra però che Dracula stesso preferisse il soprannome ‘Draculea’: così egli si firmò in almeno tre   documenti dell’ultimo periodo della sua vita.

Nell’inverno 1436/37, Vlad Dracul divenne principe di Valacchia, per cui, insieme alla moglie e ai figli Vlad, Radu e Mircea, si trasferì a Tirgoviste. A dispetto degli impegni presi, Vlad Dracul si dimostrò molto rispettoso verso i turchi, ma questi, non fidandosi della sua lealtà, riuscirono a catturarlo, insieme ai suoi figli, nel 1442. L’anno seguente venne ristabilito sul trono, ma ad alcune condizioni: Dracul promise che non avrebbe partecipato ad alcuna azione di guerra contro il sovrano turco e, come pegno della sua fedeltà, fu costretto a lasciare presso i turchi i figli Vlad, di circa dodici anni, e Radu, di nove. Mentre Radu, divenuto il protetto di Mohammed e il candidato ufficiale al trono di Valacchia, venne liberato nel 1447, suo fratello rimase ‘ospite’ dei turchi fino all’anno successivo.

Non vi è dubbio che questo periodo di prigionia, in un’età in cui l’animo è impressionabile e il carattere si va formando, sia molto importante nel determinare la psicologia di Vlad Dracula. La continua consapevolezza del pericolo di essere assassinato, e quindi della scarsa importanza della vita, lo rese cinico. Riuscì a penetrare la mentalità dei turchi, da cui imparò l’uso del terrore, metodo del quale dovette servirsi con grande vantaggio nella sua futura carriera.

Nel frattempo suo padre, insieme al figlio Mircea e a Giovanni Hunyadi (forma italianizzata di Iancu de Hunedoara), voivoda di Transilvania e governatore di Ungheria, intraprese una campagna militare contro i turchi, ma venne sconfitto da Murad II il 10 novembre 1444 a Varna. Le accuse rivolte da Vlad Dracul, ma soprattutto dal figlio Mircea, all’indomani del conflitto, nei confronti di Giovanni Hunyadi, come responsabile del disastro, costarono la vita a entrambi. All’inizio del 1448, dunque, Hunyadi era padrone del destino politico della Valacchia e si sentiva abbastanza forte da tentare una nuova offensiva contro i turchi. Nella prima metà di ottobre, l’esercito cristiano aveva raggiunto l’altopiano conosciuto con il nome di Kosovo Polje o ‘piana dei merli’, dove i serbi avevano subito la storica sconfitta ad opera del sultano Baiazid nel 1339. Mentre Hunyadi stava preparandosi a riprendere l’avanzata, l’esercito turco sorprese quello cristiano e nei giorni 17, 18 e 19 ottobre 1448 ebbe luogo una seconda battaglia di Kosovo, che si risolse in una grave sconfitta per l’esercito ungherese.

Nel frattempo, il giovane Vlad non era rimasto in ozio. Approfittando dell’assenza di Hunyadi, invase la Valacchia alla testa di un esercito turco e andò semplicemente ad occupare il trono di Tirgoviste. Tuttavia l’altro pretendente al trono, Vladislav II, appartenente alla famiglia dei Danesti (tra l’altro parenti dello stesso Vad), riuscì a cacciarlo. Dracula si rifugiò quindi in Moldavia, dove regnava il cognato e amico del padre Bogdan II. Suo figlio Stefano (il futuro Stefano il Grande), legò una salda amicizia con il cugino, che rimase in Moldavia fino all’assassinio di Bogdan, nel 1451.

Nel 1453, Costantinopoli cadde in mano ai turchi, e l’Impero d’oriente si sgretolò; le rimanenti nazioni cristiane tremavano al pensiero di una potenza infedele che si estendeva così vicino a loro. La Valacchia, che aveva nei confronti dei turchi l’obbligo di pagare un tributo, si trovava ora in prima linea.

Nel frattempo, Vlad si era rifugiato in Transilvania, presso Hunyadi, i cui rapporti col suo protetto Vladislav si erano intanto raffreddati. Nel 1456, Hunyadi muore di peste e Vladislav viene ucciso in una battaglia, forse proprio a opera di Vlad, il quale, nell’autunno di quello stesso anno, può finalmente salire al trono della Valacchia.   

I suoi nemici principali si trovavano ora all’interno del suo stesso regno. Si trattava di due classi molto privilegiate: i nobili boiardi (possidenti terrieri) e i mercanti. I boiardi erano abituati a sottovalutare il loro principe, non ascoltavano le sue richieste ed erano pronti ad appoggiare qualsiasi aspirante al trono che difendesse i loro privilegi. Il monito di Vlad fu terribile: dopo un banchetto in loro onore ne fece impalare una buona parte, sotto lo sguardo atterrito dei superstiti. Egli, inoltre, sapeva che tra i boiardi uccisi si trovavano anche i responsabili dell’assassinio di suo padre e di suo fratello.

L’economia della regione era controllata da mercanti e commercianti di discendenza sassone, i cui privilegi monopolistici risalivano alle colonizzazioni germaniche del XII e XIII secolo. Vlad confiscò i loro diritti commerciali e istituì misure protezionistiche per tutelare il commercio valacco.   

Nel 1459, si sentiva ormai così sicuro da sospendere il pagamento del tributo a turchi, guadagnandosi così le simpatie dei cristiani. Due anni dopo, si imbarcò in una crociata,  grazie alla quale riuscì a liberare tutti quei territori a sud del Danubio recentemente occupati dagli infedeli. Vlad, infatti, più che dichiarare la sua devozione a Cristo, voleva  rendere più sicuri i confini di quei terre al di là del fiume. Nel frattempo, però, i rinforzi chiesti alle altre potenze cristiane tardavano ad arrivare: Mattia Corvino, re d’Ungheria, non rispose, forse temendo la crescente autonomia del suo vicino, mentre Stefano il Grande, venendo meno a un vecchio patto di amicizia, addirittura lo attacca, sperando di impossessarsi prima dei turchi della città di Chilia (Licostomo), sul Basso Danubio.

Riuscito a sfuggire ai turchi, Vlad spera di trovare rifugio presso Mattia Corvino, il quale invece lo fece arrestare senza un’apparente ragione e lo tenne prigioniero dal 1462 al 1474. All’inizio fu rinchiuso nella fortezza reale di Buda, ma in seguito i rapporti tra i due si fanno più pacati e il carcere si trasforma in una sorta di residenza obbligata. Tuttavia, il prezzo che Vlad dovette pagare per il suo rilascio fu la rinuncia alla fede ortodossa e la conversione al Cattolicesimo. Nel novembre del 1476 riesce a reinsediarsi sul trono della Valacchia, ma trova la morte in una imprecisata località nei pressi di Bucarest nel dicembre di quello stesso anno, forse ucciso per sbaglio da uno dei suoi stessi soldati in un combattimento contro i turchi, o da un gruppo di boiardi suoi nemici.

La sua tomba, attualmente vuota, si trova in un isolotto del piccolo lago di Snagov, a 18 km. da Bucarest, all’interno di un convento fondato da Vlad stesso. Circa la scomparsa del suo cadavere (privato, a quanto pare della testa, in quanto i turchi se ne impossessarono e la portarono al sultano come prova della sua morte), si sono fatte diverse ipotesi: la più probabile è che sia stato trafugato durante i lunghi periodi di incuria, in cui il monastero andò soggetto a saccheggi.

Dopo la sua morte,  resoconti delle sue atrocità (vere o esagerate) ispirate dai boiardi con l’intento di screditarlo, vennero diffusi in tutta Europa. I sassoni, gli ungheresi, i turchi e i russi avevano tutte le ragioni per dipingerlo come il più grande psicopatico della storia. Re Mattia Corvino, ad esempio, cercando un pretesto che giustificasse il suo non-intervento nella crociata, aveva buoni motivi per infangare la reputazione di Vlad, in modo da poter anche giustificare il suo imprigionamento. Grazie all’invenzione della stampa, vennero stampati molti libelli diffamatori (soprattutto in Germania), i quali, pare, si vendevano più della Bibbia.

Nel 1558, con la traduzione inglese della Cosmographica di Sebastian Munster, l’eco delle gesta di Vlad Tepes raggiunse anche la Gran Bretagna. Sfortunatamente, l’immagine del voivoda non poteva essere difesa dalla sua stessa gente, in quanto la stampa valacca era molto indietro rispetto a quella europea. Dopo un lungo periodo di oblio, il suo nome tornò di nuovo agli onori della cronaca prima grazie al romanzo di Bram Stoker, poi in concomitanza con la nascita della Repubblica Socialista Rumena, la quale era alla ricerca di eroi nazionali che potessero legare la nazione al suo passato. Egli è oggi considerato una sorta di Robin Hood, che toglieva ai ricchi per dare ai poveri, combatteva per la libertà e aveva eliminato quasi ogni forma di crimine. E’ visto come un padre fondatore della patria e i suoi eccessi vengono ridimensionati, considerando anche la crudeltà del periodo in cui si trovò a vivere. Per lungo tempo, in Romania l’accostamento di Vlad Tepes con il Dracula letterario è stato ignorato e tutt’oggi è mal sopportato.

Prossimamente Il Conte Dracula - leggende *___^

un saluto cordiale a tutti,

LilyAngel

 

 
 
 

Sfogo personale..

Post n°12 pubblicato il 21 Febbraio 2010 da karolina_bees

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La cattiva gestione dello stato rumeno, la povertà avvenuta insieme ad una libertà mal gestita dopo il 1989, la corruzione, la sete di potere e arricchire al improvviso, l'impossibilita dei poveri a pagare tasse sempre piu alte con stipendi sempre piu bassi ha determinato la migrazione dei rumeni negli stati europei.. ha determinato la cattiva immagine oltre le dogane rumene, da popolo di lavoratori, da popolo sofferto siamo diventati un popolo di ladri, stupratori.. insomma dei fuori legge.. la mia intenzione con questo blog è quella di far capire che Romania è, può essere ancora il bel paese in cui sono nata, il paese abitato di gente per bene, gente semplice, che come qui in Italia va a lavorare per portarsi avanti le famiglie, per pagare bollette sempre più pesanti. Non tutti i rumeni sono cattivi.. è solo che ogni bosco ha le sue seccature, che bisogna tagliarle per poter far fiorire gli alberi sani..

 

Vivo in Italia di quasi 5 anni, non mi trovo qui per motivi economici, ma per una scelta personale, poteva essere Francia, Germania o qualunque altro stato europeo, mi bastava essere lontana di quello che mi faceva star male. Ho visto i problemi degli italiani che sono quasi identici a quelli dei rumeni. Ho incontrato tante persone per bene come ho incontrato anche dei razzisti o persone semplicemente cattive per il piacere di esserlo. Ovunque ci sono problemi non conta come si chiama il paese o la razza abitante. Ho capito che volendo si può vivere in dignità si può camminare con la fronte alta. Vorrei che i rumeni che si trovano qui capissero che siamo ospiti e che dobbiamo vivere in rispetto per il prossimo. Nei primi tempi io stessa ho avuto dei grossi problemi, il primo anno è stato pesantissimo, la gente mi guardava come fossi una malata, come fossi la peggior cosa esistente in giro.. lo sfruttamento del lavoro, fare 12-14 ore di lavoro al giorno per 20 euro, sguardi arroganti.., uomini che ti vogliono a letto solo perché sei rumena, anche se loro hanno famiglie e figli a casa, uno sfogo facile sta bene lo stesso, poi imparando la lingua, leggendo, domandando, ho saputo farmi rispettare come persona.. ho amiche e amici italiani che mi vogliono bene di cuore come anche io a loro, persone bellissime.. e per quelli di poco conto che mi capitano nel cammino ho sempre 2 parole da dire cosi la seconda volta mi girano alla larga. Mi spiace per le persone italiane che hanno subito dispiaceri da parte dei rumeni, quel genere di rumeni, nella Romania stessa stanno nelle galere, non pensate che gli ospitiamo al tavolo e li vogliamo bene.. per me tutti i fuori legge devono essere puniti qualsiasi sia la loro nazionalità. I rami secchi devono essere estirpati prima di ammalare una nazione intera.

SI PUO VIVERE ANCORA IN AMICIZIA E RISPETTO

BASTA VOLERLO

 

I prossimi post riferiranno alle leggende rumene come il mito di Dracula ed altri personaggi rilevanti nella nostra storia e cultura, parlerò dei bambini della strada che non sono pochi in Romania, dei cani randagi, delle bellezze geografiche, ecc..

 

Un saluto cordiale a tutti Rumeni e Italiani che passano da qui.

 Alla prossima! LilyAngel

 

 

 
 
 

Il popolo rumeno - i piu importanti momenti nella sua storia

Post n°11 pubblicato il 21 Febbraio 2010 da karolina_bees

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La storia della Romania non è stata tranquilla e idilliaca tanto quanto i suoi paesaggi. Al contrario, fin dalle sue origini il popolo romeno ha dovuto lottare per mantenere la sua identità e per difendere la sua fede. Alle ondate dei popoli migratori sono succedute le invasioni dei Turchi e dei Tartari che hanno dovuto fare i conti con il coraggio dei principi romeni e con la loro accanita difesa delle porte del mondo cristiano. Tutte queste ondate migratorie e la vicinanza dei grandi imperi hanno lasciato le loro tracce sia nel vocabolario romeno che nelle tradizioni romene. Lungo i secoli le province storiche Valacchia e Moldavia hanno tenuto una dura resistenza contro gli attacchi dell’Impero Ottomano mentre la Transilvania è diventata parte dell’Impero Austro Ungarico. Neanche la storia contemporanea è stata diversa.

circa 10.000 a.C.
la data approssimativa della prima forma d'arte conosciuta oggi in Romania: le pitture rupestri dalle grotte del nord-ovest della Transilvania circa 4.000 a.C. - la data approssimativa delle prime forme di ceramica dipinta (Neolitico) trovate in tutte le regioni della Romania

circa 3.000 a.C.
le tribù Traciche (di origine Indo-Europea) che arrivarono dall'Asia si stabiliscono sull'attuale territorio della Romania

circa 2.000 a.C.
Erodoto parla per la prima volta dei Geti, un gruppo appartenente al grande popolo dei Traci, che i Romani chiamavano Daci. Erodoto li chiamava "più coraggiosi e giusti dei Traci" per la loro bravura e per il coraggio con cui affrontavano la morte perché la morte era vista come un passaggio per l'immortalità dell'anima.

VII secolo a.C.

i Greci arrivano sulle coste del Mar Nero e costruiscono le città Histria, Tomis (l'attuale Constanta) e Callatis (l'attuale Mangalia)

70 - 44 a.C.
il re dei Daci, Burebista controlla il territorio dell'attuale Romania, riunisce tutti i Daci e crea un regno forte sia dal punto di vista militare che economico

100 DC
l'apice della civiltà dacia

101 - 106 d.C.
in seguito a due campagne militari i Romani riescono a conquistare la Dacia. Inizia un processo di colonizzazione in cui la Dacia diventa provincia Romana e i Daci adottano la lingua dei conquistatori.

106 - 274 d.C.
la Dacia diventa una fiorente provincia dell'Impero Romano. Inizia il processo della formazione del popolo romeno.

271 d.C.
in seguito alle invasioni barbariche, i Romani decidono di abbandonare la Dacia

IV° secolo
l'appena nato popolo Daco - Romano che parla il latino volgare, adotta la religione cristiana; il primo a predicare il cristianesimo nella Dacia romana fu l'apostolo Andrea considerato per questa ragione il Santo patrono della Romania. La grotta dove che fu la sua dimora e dove predicò il cristianesimo si trova nei pressi di Constanta e può essere visitata

IV° - X° secolo
un susseguirsi di ondate migratorie dall'Asia e Europa (Goti, Uni, Visigoti, Slavi)

XI° secolo
il neonato popolo romeno rimane l'unico popolo latino nella parte Est del nuovo Impero Romano e l'unico popolo latino di religione ortodossa. Nello stesso secolo i magiari invadono l'ovest e il centro della Romania (la Transilvania).

XII° secolo
Il re dell'Ungheria invita i tedeschi della Sassonia a colonizzare la Transilvania per consolidare la sua posizione nei nuovi territori da lui occupati. Inizia così la costruzione di varie città della Transilvania (le Siebenburgen).

XIII° secolo
la formazione dei Principati Romeni: Valacchia, Moldavia e Transilvania. La Transilvania diventa un principato autonomo sotto il dominio magiaro fino al 1526.

XIV° - XV° secolo
la Valacchia e la Moldavia oppongono una dura resistenza contro l'espansione dell'Impero Ottomano

XVI° secolo
minacciati dai Turchi che avevano conquistato l'Ungheria, i tre principati romeni si vedono obbligati ad accettare di pagare dei tributi all'Impero Ottomano in modo di poter salvaguardare la loro autonomia

XVII° secolo
nel 1600 per un solo anno, Transilvania, Valacchia e Moldavia vedono avverato il loro sogno di unità intrapreso dal Principe della Valacchia Michele il Bravo. In seguito ad una sanguinosa battaglia, Michele il Bravo viene sconfitto dai Turchi e dagli Asburgo che vedevano nel nuovo Stato una minaccia. La Transilvania diventa dominio asburgico mentre l'Impero Ottomano continua la proprie sovranità sulla Valacchia e la Moldavia

XVIII° secolo
La Transilvania e la parte nord della Moldavia (chiamata Bucovina) vengono a far parte dell'Impero Austro-Ungarico

1821
la Moldavia perde la sua parte orientale chiamata Bassarabia

1848
anche nei Principati Romeni si fa sentire la rivoluzione che ha infiammato l'Europa con i suoi ideali di libertà e indipendenza, ma dopo i movimenti rivoluzionari, nella Transilvania inizia un duro processo di magiarizzazione (la lingua ufficiale diventa l'ungherese, i nomi e toponimi vengono tradotti dal romeno all'ungherese ecc) imposto da Budapest

1859
Valacchia e Moldavia si uniscono e formano uno stato indipendente chiamato Romania guidato dal Principe Alexandru Ioan Cuza

1866
L'Europa impone alla Romania il principe Carlo (della famiglia Hohenzolern Sigmaringen) che succede al Principe Alexandru Ioan Cuza. Nel 1881 la Romania diventa regno e il Principe Carlo diventa re con il nome Carlo I.

1914
dopo la morte del re Carlo I segue al trono suo nipote Ferdinand I (1914 - 1927) che decide di partecipare alla Grande Guerra dalla parte della Triplice Alleanza con lo scopo di riprendere i territori romeni perduti (la Transilvania, la Bucovina e la Bassarabia)

1918
dopo le grandi assemblee delle più grandi città e comunità locali, la Transilvania, la Bucovina e la Bassarabia dichiarano la loro unione con la Romania

1930
Carlo II, figlio del re Ferdinando I diventa re della Romania

1939
la Germania chiede il monopolio delle esportazioni della Romania (soprattutto per il petrolio, legno e prodotti agricoli) in cambio della garanzia all'incolumità delle sue frontiere

1940
la Russia prende la Bassarabia e il Nord della Bucovina mentre la Germania e l'Italia costringono la Romania a cedere all'Ungheria il Nord della Transilvania e alla Bulgaria il Sud della Dobrugia. Dopo le forti dimostrazioni contro il re Carlo II, il Maresciallo Ion Antonescu obbliga il re Carlo II ad abdicare in favore del figlio Michele (che all'epoca aveva 19 anni). Carlo II lascia la Romania

1941
il Maresciallo Antonescu impone una dittatura militare e si unisce alla Germania nella Seconda Guerra Mondiale contro l'Unione Sovietica con lo scopo di riprendere la Bassarabia

1944
il re Michele mette a punto un colpo di stato e fa arrestare il Maresciallo Antonescu. Il 23 agosto 1944 la Romania cambia alleanza e si unisce all'Unione Sovietica contro la Germania Fascista

1945
alla fine della Seconda Guerra Mondiale, in seguito agli accordi della Yalta la Romania diventa parte del sistema sovietico

1947
con le truppe sovietiche sul suo territorio, la Romania entra nella sfera d'influenza della Russia comunista. I comunisti prendono le redini del potere costringendo il Re Michele ad abdicare e proclamano la Romania Repubblica Popolare
Negli anni Cinquanta dopo la morte di Stalin, la Romania prende le distanze dal governo di Mosca. Segue, nel 1968, la condanna dalla parte del leader comunista Nicolae Ceausescu dell'intervento sovietico in Cecoslovacchia che gli procura l'elogio e il sussidio economico dalla parte del mondo occidentale

Negli anni Ottanta
ossessionato dal pagamento del debito nazionale e sognando progetti di costruzioni megalomaniaci, Ceausescu ordina il divieto di importazione di qualsiasi prodotto di largo consumo e richiede l'esportazione di tutti i beni prodotti in Romania eccezione facendo per un minimo di riserve alimentari. Inizia una grave crisi economica e sono imposte severe restrizioni dei diritti civili

1989
i Romeni si uniscono nelle proteste contro la dittatura comunista e le dimostrazioni locali si trasformano in rivolta nazionale che si conclude con la caduta del dittatore Ceausescu e del suo gabinetto

1991
i Romeni votano la nuova Costituzione. Inizia un nuova era di libertà coronata con l'entrata della Romania nell'UE il 1 gennaio 2007

 

 
 
 

Il popolo rumeno e la lingua rumena, origini e sviluppo

Post n°10 pubblicato il 20 Febbraio 2010 da karolina_bees

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(le zone in cui si parla rumeno (dacorumeno)  i colori differenziando il cambiamento del dialetto)

          Il popolo e la lingua rumena nascono come conseguenza della forte colonizzazione romana che duro circa 40 anni, periodo in cui tanti soldati romani si innamorarono delle donne dache e si unirono in famiglie. Per convivere avevano bisogno di comunicare e cosi le due lingue si mischiarono dando nascita alla lingua rumena.  La cultura romana è cosi forte ed apprezzata nello spazio dacico che resiste al passaggio dei popoli migratori in territorio senza soffrire grandi trasformazioni.

Oggi il lessico rumeno conterrebbe il 75 - 80% di elementi latini ed elementi di altre lingue secondo il seguente schema:

 

  • 80% parole di origine latina o neolatina
  • 35,33% ereditato dal latino, la maggior parte del vocabolario di base
  • 15,26% prestiti dal latino (vocaboli eruditi)
  • 22,12% dal francese
  • 3,95% dall'italiano
  • 3,91% di origine locale (la maggior parte di origine latina)
  • 10,17% di origine slava
  • 6,18% dall'antico slavo
  • 2,6% dal bulgaro moderno
  • 1,12% dal russo
  • 0,85% dal serbo e dal croato
  • 0,23% dall'ucraino
  • 0,19% dal polacco
  • 2,47% dal tedesco
  • 1,7% dal greco moderno
  • 0,96% substrato probabilmente daco
  • 1,43% dall'ungherese
  • 0,73% dal turco
  • 0,07% dall'inglese (in rapida crescita)
  • 0,19% onomatopea
  • 2,71% origine sconosciuta o incerta

Fra tutte le lingue romanze, il rumeno presenta un'evoluzione maggiormente naturale; ha infatti un carattere piuttosto popolare poiché non è stata interrotta nel suo sviluppo da una letteratura classica in senso stretto; questo spiega, fra l'altro, il fatto che questa lingua conserva una quantità importante di vocaboli e forme latine che nelle altre lingue romanze non esistono più.

Il rumeno ha la particolarità di prevedere - come in altre lingue d'origine balcanica, ossia l'albanese e il bulgaro - l'uso dell'articolo determinativo dopo il nome.

Il romeno/rumeno - al pari di altre lingue nazionali come l'italiano, il francese, lo spagnolo e il portoghese, ecc. è una lingua romanza o neolatina, rappresenta cioè il frutto dell'evoluzione del latino, nella fattispecie della lingua latina parlata in alcune aree dell'Europa sud-orientale dal momento della loro definitiva conquista da parte dell'Impero romano. In una prospettiva puramente storica, il rumeno è dunque l'erede del latino parlato nella parte orientale dell'impero romano (che comprendeva le province romanizzate della Dacia dal momento della penetrazione del latino in questa zona fino ai giorni nostri.

Fare una storia della lingua romena significa quindi fare anche una storia del latino parlato nella pars orientalis dell'Impero, seguire lo sviluppo e i destini del latino orientale, nelle sue evoluzioni interne e nei suoi contatti con altre lingue (slave, ungheresi, turche, substrato, ecc...), dal momento del suo impianto nei territori carpato-ponto-danubiani fino ad oggi.

  

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Provincia romana Dacia... e la colonizzazione romana

Post n°9 pubblicato il 19 Febbraio 2010 da karolina_bees

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Mappa della Dacia romana con il suo complesso sistema di fortificazioni e difesa. In alto a sinistra il limes Porolissensis, in basso al centro il limes Alutanus e Transalutanus (in rosso), tutto a sinistra (in grigio) la cosiddetta diga del Diavolo ed a destra (in verde) il Brazda lui Novac du Nord, queste ultime due di epoca costantiniana e/o successiva.

In un periodo compreso tra il 119 ed il 127 (sotto l'allora governatore Sesto Giulio Severo), l'imperatore Adriano divise la nuova provincia in due parti, la Dacia superiore e Dacia inferiore (comprendente i territori della Transilvania e dell'Oltenia). Il comando generale era affidato ad un governatore di rango senatorio, che avesse in precedenza ricoperto il ruolo di pretore e alle cui dipendenze stava il legatus legionis della Legio XIII Gemina. Vi erano inoltre nella provincia Superiore un procurator Augusti finanziario e un procurator Augusti ducenario nella provincia Inferiore.

Sotto Marco Aurelio, o forse già Antonino Pio, la provincia fu unificata amministrativamente e militarmente (con il nome di Tres Daciae) ma divisa in tre nuove sotto-province: Dacia Porolissensis con capoluogo Porolissum (vicino a Moigrad, distretto di Salaj); Dacia Apulensis con Apulum; e Dacia Malvensis con Malva (localizzazione ignota). Il comando generale fu affidato ad un legatus Augusti pro praetore (governatore, ex-console), da cui dipendevano due legatus legionis (comandanti di legione, di rango senatorio) e tre procuratores Augusti finanziari.

Le tres Daciae avevano tuttavia una capitale comune, Ulpia Traiana Sarmizegetusa, e un'unica assemblea che discuteva gli affari provinciali, comunicava le lagnanze dei malcontenti e calcolava la ripartizione delle tassazioni.

La colonizzazione in massa della provincia con cittadini romani fatti giungere da gran parte delle province danubiane, permise all'impero di creare un saliente strategico all'interno del "mare barbarico" che si stendeva tra la piana ungherese del Tibisco ed i territori di Valacchia e Moldavia. Traiano era riuscito ad occupare questi ultimi territori ad est della Dacia che, però, alla sua morte furono abbandonati dal suo successore Adriano. Un errore strategico a cui non fu mai rimediato. Ciò avrebbe permesso di ridurre i confini imperiali, avanzando le unità militari sul basso Danubio fino al fiume Siret, con grande risparmio sulle economie militari dell'area.

La permanenza romana in Dacia, sebbene storicamente limitata a meno di due secoli (la provincia sarebbe stata infatti completamente abbandonata nel 271), lasciò un'impronta duratura sull'area, tanto che la lingua romena che si sarebbe sviluppata nei secoli successivi è rimasta, nonostante l'isolamento entro una regione europea successivamente slavizzata o magiarizzata, una lingua neolatina. E, non da ultimo, il moderno Stato che occupa il territorio dell'antica provincia, si chiama, non a caso, Romania.

A causa della diminuzione della popolazione nel territorio conquistato, dovuta alle recenti guerre e conseguente alla migrazione di molti Daci a nord dei monti Carpazi e ad ovest nella piana del fiume Tibisco, vennero importati coloni per coltivare la terra e lavorare nelle miniere a fianco alle popolazioni daciche. I coloni, oltre alle truppe legionarie, erano principalmente coloni romani di prima o seconda generazione provenienti dal Norico e dalla Pannonia, poi seguiti da altri coloni di Tracia, Mesia e Asia Minore.

I Romani costruirono forti per proteggersi dagli attacchi di Roxolani, Alani, Carpi, Iazigi, Buri, Vandali, Costoboci e Daci ancora liberi e costruirono tre grandi strade militari per unire le città principali.

Una quarta strada, successiva a Traiano, attraversava i Carpazi ed entrava in Transilvania dal passo di Turnu Roşu.

I Daci nei territori romani, adottarono la religione e la lingua dei conquistatori e l'attuale lingua rumena è una lingua neolatina confermando una precoce romanizzazione di questi territori.

La provincia sarebbe stata infatti completamente abbandonata nel 271 sotto gli ordini dell'imperatore Marcus Aurelio

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...le prossime tape, nascita del popolo rumeno e della lingua rumena,

l'unico paese est europeo che ha conservato la lingua latina

dopo il ritiro romano dal territorio, conservando abitudini  e cultura latine

Romania,

popolo neolatino

paese nato da un padre Romano ed una madre Daca,

non a caso chiamato Rumeno

 

 
 
 

Apollodoro di Damasco bravissimo architetto, cambia il destino della Dacia

Post n°8 pubblicato il 19 Febbraio 2010 da karolina_bees

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Apollodoro di Damasco è uno dei personaggi del mondo antico che suscita anche oggi un interesse particolare non solo per la sua bravura come architetto, essendo uno dei più grandi dell'antichità, ma anche per il fatto di aver lasciato un'impronta artistica nei suoi grandi progetti.

Come è arrivato il famoso ingegnere sul territorio della vecchia Dacia?

Perché l'imperatore l'ha portato proprio un grande specialista per costruire il ponte?

 

Apollodoro arriva in Dacia accompagnando l'imperatore Traiano nelle campagne daciche in qualità di ingegnere militare. Traianus (98 - 117) è stato uno dei più importanti imperatori del l'Impero Romano. Sotto il suo regno, l'impero arrivò alla massima estensione.

Dopo quasi tre anni di preparativi ai confini della Dacia, l'imperatore Traiano concentra, all’ inizio dell’ anno 101 in Mesia Superiore, 13-14 legioni e altre numerose unità ausiliare (per un totale di quasi 150 000 soldati), per combattere contro il regno di Decebalo.

Nel 101 l'imperatore lascia Roma, attraversa il Danubio entrando attraverso il Banat in Dacia. A Tapae, nell’estate del 101, Decebal cerca di fermare l'avanzata dei romani. La lunga battaglia finisce con la vittoria romana.

Alla fine dell’ anno 101 imponenti forze daciche, accanto ai sarmati e bastarni, attraversano il Danubio ed entrano in Mesia, obbligando l'imperatore Traiano a spostarsi nel nuovo posto di guerra aperto da Decebal. L'ingegnoso piano strategico, non aiuta Traiano per approfittare della vittoria di Tapae, dopo la sconfitta di Decebal tra l’inverno e la primavera di 102 (a Nicopolis as Istrum e in Dobrogea ad Adamclisi), crolla l'iniziativa militare passando per sempre nella parte avversa.

Nell’ autunno del 102, la resistenza di Decebal obbliga Traian a fare la pace con il re daco, pace vista da entrambe le parti come un armistizio.

Su ordine di Traian lui inizia costruire fra Drobeta e Pontes, nel anni 103 - 105, un ponte fisso sopra il Danubio, sul quale le legioni romane passano nell’ estate dell anno 105.

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 Il ponte lungo più di un chilometro e rimasto famoso per l'arditezza delle soluzioni tecniche. Una raffigurazione si ritrova in uno dei rilievi della Colonna Traiana. Nato a Damasco, Apollodor è l'unico grande architetto romano di cui si conoscano il nome e l'opera completa.

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Quale era l'importanza del ponte? Tra le due guerre tra romani e daci - 101-102 e 105-106 – periodo in cui l'imperatore Decebal è stato costretto ad accettare una pace imposta di Traiano – romani avevano il bisogno di una strada più corta che poteva assicurare una comunicazione più diretta con la Dacia nella prospettiva di vincere il popolo daco. Per superare la difficoltà imperatore Traian prende in considerazione la costruzione di un ponte sul Danubio, l'uno dei ostacoli lo costitutiva proprio la mancanza di una comunicazione diretta con la Dacia. Non a caso l'imperatore Traiano sceglie il posto del futuro ponte su Danubio. Punto strategico di grande importanza Drobeta offeriva un particolare avvantaggio: la scarsa profondità della acqua e larghezza relativamente ridotta del Danubio in questo posto. Apollodoro costrui il ponte tra anni 103-105. I fonti antiche ricordano i dettagli del ponte: 1135 m in lunghezza, 15 m in larghezza, 19 m in altezza, realizzato in legno e sostenuto da pilastri fortemente conficatti nell'incanalatura del fiume; I piloni erano costruiti di mattone, petra e "pozzolana", provenienti dall'Italia), ma non si conosce nulla sul metodo di costruzione. Numerosi ricercatori presumono che Apollodoro ha deviato il corso del Danubio determinando cosi una diminuzione del livello dell'acqua. Alla fine dei lavori la sua guardia era assicurata da Drobeta e Pontes. L'accesso sul ponte non era possibile se non attraversando questi castri.

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Alla fine della dominazione romana in Dacia, il ponte è stato distrutto più volte. Oggi si possono vedere ancora i piedi del ponte sul Danubio; nel 1858, quando il Danubio ha registrato un livello dell'acqua molto basso, è stato possibile vedere anche la parte del ponte che si trova sotto acqua. Malgrado le pochissime tracce rimaste dal ponte di Apollodoro di Damasco, questo rimane uno dei più grandi monumenti dell'antichità.

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(il ponte di Apollodoro costruito ai ordini di Traiano - miniatura nel museo di storia nella città Portile de fier Drobeta,Romania)

 
 
 

La conquista della Dacia......Decebal e Traiano

Post n°7 pubblicato il 18 Febbraio 2010 da karolina_bees

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(la battaglia di Tape)

Tra la fine del I e l'inizio del II secolo, l'evoluzione politica dell'Impero romano fu caratterizzata dal prevalere di una successione imperiale non più dinastica, bensì adottiva: i singoli imperatori erano, infatti, scelti in base ai meriti individuali per succedere al trono più ambito dell'Occidente. Roma era ormai padrona dell'intero bacino del Mediterraneo, mentre in Europa centrale i confini delle sue conquiste si erano ormai stabilizzati intorno ai due grandi bacini fluviali di Reno e Danubio.

L'unico stato organizzato ancora al di fuori delle conquiste romane era la Dacia, con le sue ricche miniere d'oro ed argento.

Solo un imperatore con un curriculum militare di tutto rispetto avrebbe potuto portare a termine un'impresa così difficile. Questo imperatore fu Traiano, originario della Spagna, e primo Princeps nato al di fuori dei confini italici.

La conquista della Dacia da parte dell'Impero romano si realizzò negli anni compresi tra il 101 ed il 106, attraverso lo scontro tra l'esercito romano, guidato dall'imperatore Traiano e i Daci di re Decebalo. L'esito finale della guerra fu la sottomissione della Dacia, l'annessione all'Impero romano e la sua trasformazione in provincia.

La guerra conobbe essenzialmente due fasi: nella prima, l'imperatore Traiano, che voleva vendicare le sconfitte subite un quindicennio prima, sotto l'imperatore Domiziano, compì un'avanzata nel territorio dei Daci a scopo intimidatorio, forse anche con l'obiettivo, non tanto nascosto, di rendersi conto delle eventuali difficoltà in caso di conquista; nella seconda fase, il venir meno da parte del re dei Daci agli accordi siglati solo un paio d'anni prima, costrinse Traiano ad occupare la Dacia in modo permanente, inglobandola nel già vasto Impero romano, cosi Dacia divento provincia romana.

 Dopo conquiste e sconfitte tra romani e daci, su ordine di Traiano, Apollodoro di Damasco, il più famoso ingegnere del tempo, costruisce fra Drobeta e Pontes (territorio di Dacia), negli anni 103 - 105, un ponte fisso sopra il Danubio (era lungo 1134 metri e largo 15m, alto 19m, per un millennio fu il più grande ponte mai costruito nel mondo), sul quale le legioni romane passano nell’estate dell anno 105.

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Nel 106, il re daco, attaccato da due fronti come rappresentato anche sulla Colonna (forse dal versante delle "Porte di ferro" e da quello del passo della Torre Rossa), oppose una resistenza così disperata che i Romani lasciarono sul campo numerosi morti e feriti, vittime della feroce combattività dei Daci. Alla fine, dopo un lungo e sanguinoso assedio, anche Sarmizegetusa Regia capitolò sotto i colpi degli eserciti romani riunitisi verso la fine dell'estate di quell'anno. Le fasi salienti di questo assedio sono rappresentate anch'esse sulla Colonna di Traiano, nella quale viene raffigurato anche il suicidio finale che i capi daci si inflissero per evitare di essere fatto prigioniere dai Romani.  La testa del re dei Daci fu portata a Traiano dal cavaliere che era riuscito nell'impresa di catturarlo, Tiberio Claudio Massimo. Era la fine della guerra.

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(il suicidio di Decebal, l'ultimo re dei daci e della Dacia libera)

(fonte web)

..prossimamente, Apollodoro di Damasco

e suo importante ruolo nella storia dei due popoli

 
 
 

Decebal e la campagna di conquista di Domiziano

Post n°6 pubblicato il 17 Febbraio 2010 da karolina_bees

Dopo la morte del grande re Burebista, la Dacia si frantumò in cinque piccoli stati. Questa situazione continuò fino a quando Diurpaneo, (zio di Decebal) riunì di nuovo i daci attorno alla città di Sarmizegetusa Regia (oggi nella regione di Hunedoara), che divenne la capitale del nuovo regno. Inoltre, questo sovrano riorganizzò l'esercito dacico, istruendolo alla maniera romana. Nell'85 le sue armate devastarono la provincia romana della Mesia, che si trovava a sud del fiume Danubio, scontrandosi e sconfiggendo il governatore romano Caio Oppio Sabino

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(Sarmizegetusa)

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(statua di Decebal, alta circa 40m, scolpita nella rocca della montagna)

imperatore Domiziano si recò sul Danubio, insieme al suo prefetto del pretorio Cornelio Fusco, che respinse i nemici oltre il fiume e penetrò nella Dacia. Ma cadde in un’imboscata e subì una pesante sconfitta (86). Dopo la vittoria, Diurpaneo lasciò il trono al nipote Decebalo (il cui nome significa "il potente", "forte come dieci [uomini]").
Nell'88, il governatore della Mesia superiore, Tettio Giuliano, riuscì invece a sconfiggere Decebalo nel suo stesso territorio, in una nuova battaglia a Tape (la seconda, vicino all'odierna Bucova). Impegnato però contro la rivolta di Lucio Antonio Saturnino e preoccupato dalla nuova minaccia rappresentata per la provincia di Pannonia dalle tribù germaniche dei iazigi, quadi e marcomanni..

Domiziano stipulò la pace con Decebalo, che non solo mantenne tutte le sue terre, ma ottenne anche una specie di sussidio in denaro, accettando però in cambio di diventare "re-cliente" dei romani.
In cambio di denaro ed ingegneri, Decebal si riconosce re clientelare di Roma continuando, nei prossimi 12 anni di pace, consolidare il potere e lo stato. Il processo di centralizzazione dello stato daco è rapido, l'armata è ben istruita. Iniziano una seria di progetti di costruzioni civili e militari, specialmente nella regione montuosa di Orăştie, intorno a Sarmizegetusa. Decebal prova stabilire dei rapporti con popoli e stati nemici ai romani.

Lo storico romano Cassio Dione descrive Decebalo come un abilissimo capo militare, esperto d'imboscate e maestro di scontri campali, astuto e pericoloso. Ed è proprio così che viene rappresentato sulla Colonna di Traiano, in cui è fisicamente raffigurato come un uomo di statura media, con folta barba che si congiunge coi baffi e capelli corti. Gli zigomi sono pronunciati e il naso ha larghe narici. La bocca grande e le labbra carnose: Le sopracciglia sono folte, arcuate e ben marcate. Lo sguardo è intenso, di forza straordinaria.

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..poi parleremo di Decebal e Traiano..

 
 
 

Daci e romani.... i primi contatti

Post n°5 pubblicato il 15 Febbraio 2010 da karolina_bees

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(Dacia di Burebista)

Floro narra, infatti, che nel 74 a.C, il governatore di Macedonia, un certo Gaio Scribonio Curione, dopo aver battuto i Dardani (per la cui vittoria meritò un Trionfo), "giunse fino in Dacia, ma si ritirò spaventato davanti alle fitte ombre delle sue foreste". Fu forse il primo tra i generali romani a penetrare in Dacia, una volta passato il Danubio.

Nella prima metà del I secolo a.C., sul territorio dell'antica Dacia, sorse uno stato il cui centro principale si trovava nei Carpazi meridionali della Transilvania, nella zona del massiccio di Orăştie, arrivando ad inglobare nel momento della sua massima espansione tutta la stirpe daco-getica. La formazione di questo primo stato dacico fu potenziata soprattutto sotto la guida illuminata del re Burebista, contemporaneo di Gaio Giulio Cesare, il quale ristrutturò l'ordinamento interno, riorganizzò completamente l'esercito (che Strabone riferisce potesse mettere in campo fino a 200.000 armati), tanto da sollevare il morale di queste genti, ed ampliò i limiti del regno fino al loro apice massimo.

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Burebista, dopo aver riorganizzato internamente lo stato, riformò l'esercito, creando una complesso e solido sistema di fortificazioni nelle montagne di Orăştie, attorno alla capitale, Sarmizegetusa Regia, ed al centro del nuovo stato. L'aumento demografico della popolazione e l'accresciuta forza militare determinarono, inoltre, tutta una serie di campagne condotte negli anni 60-48 a.C.

Verso gli anni 50-48 a.C. Burebista allargò le sue conquiste fino ai piedi dei monti Balcani.

Si racconta che durante la guerra civile tra Cesare e Pompeo, egli abbia tentato di approfittare della situazione, inviando ambasciatori a Pompeo, a cui avrebbe promesso il suo aiuto militare, in cambio probabilmente del riconoscimento delle sue conquiste lungo la riva destra del Danubio. Ma prima che potesse allearsi ufficialmente con quest'ultimo, Cesare riuscì a battere Pompeo a Farsalo nel 48 a.C., vanificando ogni possibile alleanza del re dace. Al contrario mise in luce quanto pericoloso poteva essere per Roma il nuovo regno formatosi in Transilvania.

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I Daci, infatti, dopo i successi dell'ultimo decennio, apparvero così formidabili agli occhi dei Romani, che lo stesso Cesare aveva programmato una spedizione contro di loro (forse anche per vendicarsi dello sgarbo subito durante la Guerra Civile), che non ebbe, però, luogo a causa della morte del dittatore romano alle Idi di marzo del 44 a.C.

E quasi nello stesso periodo, anche Burebista venne assassinato, vittima di un complotto di una parte dell'aristocrazia tribale, ed il regno diviso in quattro (o forse cinque) parti, governate da diversi regnanti. Il potente regno dei Daci perdeva così la potenza dell'ultimo ventennio, e risultava certamente meno pericoloso al vicino Impero romano. Ciò permise a Roma di "accantonare", per il momento, il pericolo dacico per oltre un secolo, fino a Domiziano-Traiano.

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(Dacia divisa)

(fonte web)

 
 
 

Daci - Aspetto fisico

Post n°4 pubblicato il 15 Febbraio 2010 da karolina_bees

 

Secondo Strabon i Daci, come pure gli stessi Geti, erano generalmente descritti come individui alti, dalla pelle chiara, dai capelli di colore probabilmente rossiccio o castano chiaro e dagli occhi blu, spalle larghe e mani forti paragonate ai dei martelli per rompere i muri.

E' noto come i nostri contadini portano ancora oggi in molte parti del paese, gli stessi vestiti come i Daci sulla Colonna di Traiano ("ìtari"-una specie di pantaloni, camice lavorate con i fiori sul lembo e le maniche, "cojocele" - uno smanicato, lavorato con fiori, capello fatto di pellicia di agnelo,  e le donne camicie scolate, con gonna svasata, sciarpa per coprire i capelli ecc..

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..il capello lo indossavano solo gli uomini dalla classe ricca..

(fonte - diversi siti web)

 
 
 

Il regno dei Daci

Post n°3 pubblicato il 15 Febbraio 2010 da karolina_bees

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(Burebista)

Dopo essersi scontrati prima con i Macedoni (IV secolo a.C.) e poi con i Traci (III secolo a.C.), nel I secolo a.C. i Daci riuscirono a dar vita, sotto re Burebista, a un stabile regno autonomo.

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Alla morte del grande sovrano, tuttavia, il suo regno si dissolse; ne seguì una situazione di fluidità, con numerosi scontri con l'Impero romano che nel frattempo era giunto ai confini meridionali della Dacia.

Gli scontri toccarono il culmine negli anni 85-88, quando l'imperatore Domiziano condusse una serie di operazioni contro il regno del nuovo sovrano, Decebalo.

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Questo che era stato in grado non solo di ristabilire un potere centrale sui Daci, ma anche di rinverdire la potenza militare ed economica dei tempi di Burebista, tanto da premere da nord sulla provincia romana di Mesia.

Pur sconfitto, nell'89 Decebalo riuscì a ottenere condizioni di pace solo apparentemente favorevole ai Romani: gli fu infatti consentito di riarmarsi liberamente e di accrescere la potenza del suo popolo nel quindicennio successivo.

(fonte - diversi siti web)

 
 
 

Le origini e il rapporto con Traci e Geti

Post n°2 pubblicato il 15 Febbraio 2010 da karolina_bees

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Particolare del cratere del "Pittore di Orfeo":_ Orfeo ed i Traci (Staatliche Museen, Berlino).  Foto in B eN

La Dacia di Burebista (60-44 a.C.)

Non è possibile datare con sicurezza il momento dell'insediamento dei Daci nella loro patria storica, né quello della formazione stessa del popolo, staccatosi dalla matrice indoeuropea.

I Daci sono stati a lungo ritenuti parte del ceppo tracico:

Geti e Daci avrebbero formato il ramo settentrionale della grande famiglia dei Traci  anche se particolarmente esposti alle influenze dei loro vicini orientali, gli Sciti.

 

Nelle fonti classiche erano indicati come Getes (al plurale, Getai) dai Greci, e come Dacus (al plurale, Daci) dai Romani, oltre che Dagae e Gaetae, secondo la Tabula Peutingeriana. Gli scrittori antichi sono unanimi nel considerare i Geti e i Daci appartenenti ad uno stesso popolo, opinione oggi giorno avvalorata dall'archeologia e dalla linguistica moderna; è possibile che i Geti fossero tanto parte del popolo dei Daci, quanto che da questi siano stati a un certo punto assorbiti, oppure come sostenevano gli autori antichi: i Geti vivevano nelle pianure della Valacchia, mentre i Daci nei territori montuosi e collinari della Transilvania.

 

Le prime menzioni delle fonti classiche sui Daci lasciano intendere che, a partire dal principio del II secolo a.C., erano stanziati all'interno dell'arco montuoso dei Carpazi. Pompeo Trogo narra, infatti, del conflitto che portò l'allora re daco, Oroles, a battere e respingere un'incursione di una popolazione germanica, i Bastarni, che avevano tentato di penetrare da oriente, nelle fertili pianure del medio corso del fiume Mureş. Un nuovo conflitto con i Bastarni si verificò nel 112-109 a.C., ma anche questa volta furono respinti, non riuscendo ad indebolire la potenza dei Daci, che al contrario aumentò, tanto da scorgere proprio in questo periodo lo spostamento del centro di potere dei daco-geti dalla pianura della Valacchia al cuore della Transilvania.

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Senofonte descrive i Traci con gli occhi azzurri e i capelli rossi

(fonte - diversi siti web)

 
 
 
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