myinsideout

Un foglio


Ho un foglio, tra le dita, tra il pollice e l’indice destro/sinistro. E’ uno scarabocchio, un disegno o parole monche, segni frammentari e confusi. In lontananza ne decifro i margini, le curve e gli spigoli, le macchie di inchiostro. Lo porto a quindici centimetri dagli occhi, amplifico lo sguardo, la leggibilità diventa facile. Il massimo dell’outbreak del visibile coincide col minimo ingrandimento, la manifestazione del contenuto è al suo strato più nitido e arriva all’orecchio, arriva all’ascolto. Eppure ci sono discorsi che nonostante il chiaro incasellamento delle parole, la perfezione della coesistenza, la bella scrittura, all’orecchio non arrivano. Come certe musiche. Che restano proprie, appartenenti ad ognuno, senza condivisione alcuna. Sono rappresentazioni e presenze oniriche personalissime, ognuno deve ascoltarle con le proprie cuffie, ognuno ha le proprie. E sono solo sue. Poi talune musiche stabiliscono collegamenti a immagini senza alcuna necessita di un clic, di un tasto, di un mouse. E’ automatico. Visibilità-Udibilità connesse e avvinghiate tra loro, stampate su retina e orecchio allo stesso modo. Ma non sappiamo riprodurle. Un cembalo, il luccichìo del mare, le foglie di una vallata, la corsa del vento, non riescono a intonare un canto tramite le labbra. Ci sono musiche che non possiamo condividere. Ci sono suoni che non sentiremo mai insieme. Ci sono discorsi che non verranno mai detti.Non riuscirò a dirteli. Non riuscirai a intuirli. Tu.