Quello che voglio!!!!

Post n°4 pubblicato il 02 Novembre 2006 da nexx007dgl
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Un po' di sesso senza amore, quello che voglio
forse l'affetto ed il calore, quello che voglio...

Essere espliciti in amore e ...dannoso!?

 
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Post N° 3

Post n°3 pubblicato il 03 Aprile 2006 da nexx007dgl
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Un anno di lotta alle discriminazioni razziali

Post n°2 pubblicato il 03 Aprile 2006 da nexx007dgl
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In occasione della Giornata della Memoria, che si celebra oggi per non dimenticare la Shoa frutto dell’aberrazione umana e della malvagità e del fanatismo legati al pregiudizio razziale, l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali fa un bilancio della sua attività e della situazione della discriminazione razziale in Italia. A poco più di un anno dalla nascita, l’occasione è fornita dalla presentazione del Rapporto annuale 2005 al Parlamento e al Presidente del Consiglio. “È stato un anno importante - dichiara il Ministro per le Pari Opportunità Stefania Prestigiacomo -, durante il quale l’UNAR ha dovuto progettare e creare gli strumenti di intervento nel campo del contrasto alle discriminazioni razziali, intervenendo in un settore sensibile e delicato su cui si gioca il futuro della nostra società, ormai avviata, nell’era della globalizzazione, verso una sempre maggiore multietnicità.

I risultati - spiega - sono stati di grande spessore:

il numero verde 800.90.10.10, istituito dall’UNAR per consentire la denuncia di tutti i comportamenti razzisti di cui sono gli utenti siano stati vittima o testimoni, ha ricevuto in un anno 3.438 chiamate, di cui 2.571 richieste di informazioni nelle materie più strettamente attinenti i problemi dell’immigrazione (come permessi di soggiorno, cittadinanza), 577 segnalazioni di discriminazioni fondate su altri fattori (handicap, età, orientamento sessuale), nei confronti delle quali l’UNAR ha svolto opera di indirizzamento e prima assistenza, 282 casi di discriminazioni razziali, su cui l’UNAR è intervenuto, con il suo gruppo di magistrati, esperti, antropologi, per la rimozione della condotta discriminatoria e degli eventuali effetti verificatisi.

I casi riportati nel Rapporto - dice ancora il Ministro - sono emblematici di quanto siano odiosi e meschini alcuni atteggiamenti razzisti che impediscono o rendono difficile a volte, anche le più piccole azioni della vita quotidiana e ottenere il rispetto dei propri diritti civili e sociali. Il numero di chiamate ricevute è significativo della fiducia che, in poco tempo, l’UNAR è riuscita a maturare”.

I casi denunciati sono tanti: c’è l’autista dell’autobus che non apre le porte quando vede alle fermate delle persone di colore; c’è il locale che fa pagare il biglietto d’ingresso solo agli stranieri; c’è il condominio che impedisce ai bambini di una coppia sudamericana di giocare nelle parti comuni del condominio; c’è il caposquadra che insulta ogni mattina il proprio operaio di origine africana; c’è la ragazza che non può fare la commessa in un supermercato perché è “nera”. Storie di piccole violenze e spregevoli pregiudizi che, però, raccontano meglio di qualsiasi studio e spiegano meglio di qualsiasi ricerca cosa è il razzismo e cosa provoca nella vita delle persone. Nel Rapporto sono riportate le numerose iniziative portate aventi dall’UNAR. L’azione dell’UNAR, infatti, si è mossa anche lungo altre direttrici, con una specificità tutta italiana che distingue l’UNAR dagli uffici omologhi degli altri Paesi UE.

Grande importanza è stata data, infatti, alle campagne di sensibilizzazione e di informazione dell’opinione pubblica, alle iniziative nel mondo della scuola, dello sport, delle università, dei mass media. Nel campo della promozione di azioni positive, l’UNAR ha organizzato, in collaborazione con le parti sociali, corsi di formazione rivolti ai rappresentanti sindacali, sulle tematiche della discriminazione razziale nei luoghi di lavoro e, in particolare, è stato stipulato un Protocollo di intesa con le Organizzazioni sindacali e datoriali più rappresentative per un programma di misure di contrasto al razzismo nei luoghi di lavoro. Fondamentale, da ultimo, è stata la creazione di un elenco di più di 100 associazioni, che operano nel campo del contrasto alle discriminazioni razziali, che, grazie all’iscrizione in un Registro istituito presso l’UNAR, hanno ottenuto la legittimazione ad agire in giudizio, in nome, per conto o a sostegno delle vittime di discriminazione, fornendo loro un ulteriore strumento di tutela e di sostegno.

“Sono conscia - conclude il Ministro Prestigiacomo - che c’è ancora tanta strada da fare per raggiungere l’obiettivo della parità di trattamento e della creazione di una società rispettosa delle reciproche diversità, ma sono anche orgogliosa dei risultati raggiunti, che mi convincono di quanto sia stato giusto l’impegno e la passione che io stessa ho profuso per la creazione di questo Ufficio nell’ambito del Ministero per le Pari Opportunità”.

 
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Tutti per 1

Post n°1 pubblicato il 09 Marzo 2006 da nexx007dgl

Rumeno fino alla fine di Milena Marin

Due mesi fa, quando ho lasciato la Romania per studiare in Italia nell'ambito del progetto Erasmus, avevo deciso di intraprendere una piccola ricerca sugli immigranti rumeni in Italia. Lo avevo deciso perchè sapevo che rappresentava un grosso problema per il mio paese. Sapevo che molti rumeni lasciavano la Romania per lavorare altrove, ma non mi aspettavo d’incontrarne così tanti qui. La più grande sorpresa è stata quando sono scesa dal treno nella stazione di Verona, poi è successo lo stesso a Roma, a Viterbo e in tutte le città che ho visitato come turista. Guardavo intorno e vedevo dappertutto facce familiari, vedevo un certo tipo di persone che mi sembrava di conoscere e riconoscere. Poi, il mistero si è risolto quando li ho sentiti parlare: erano rumeni, tantissimi rumeni. Non sapevo come reagire perché uno stupido stereotipo mi diceva che non era buona gente. Avevo letto a casa tantissimi articoli, avevo sentito notizie che i rumeni venivano qui per rubare, per fare lavori che gli italiani non erano disposti a fare, per far fare una brutta figura al mio paese. Ho continuato a parlare inglese con le mie amiche e ho fatto finta di niente. Ma una volta ritornata a Forlì ho cominciato a pensare, a ragionare, a pormi domande. Ho iniziato a guardare le statistiche, a parlare con altri rumeni, a indagare sul perché vengono qui, che cosa fanno qui esattamente,  che tipo di vita hanno, qual è il loro rapporto con gli italiani, etc.

 Quanti rumeni ci sono esattamente in Italia, quali sono regioni preferite da loro, che tipo di lavori fanno etc. Ho cercato risposte nelle statistiche messe a disposizione dagli istituti di ricerca nazionali rumeni e italiani, anche se, occorre precisare che i dati statistici si riferiscono ai rumeni legalmente registrati e dunque non possono rilevare esattamente l’intero fenomeno. Anche così, le cifre parlano di quasi  500.000 rumeni che vivono e lavorano in Italia con documenti e di altri 500.000 senza documenti, una cifra enorme dato che l’intera popolazione della Romania è di 22 milioni di abitanti. Sempre le statistiche parlano dell’Italia come del paese favorito dai rumeni che vogliono lavorare all’estero e, purtroppo, come del paese dove il numero di rumeni che lavora senza documenti è più alto. Un altro studio, questa volta messo a disposizione dall' ISTAT, ci rileva che il 35,1% degli stranieri risiede nel Nord-Ovest d'Italia, il 26,7% nel Nord-Est, e il 25% nell’Italia Centrale. Al Sud la percentuale è solo del 13,2%. Più di un quinto della popolazione straniera residente vive nelle grandi città come Roma, Milano, Napoli, Firenze, Bologna, Torino, Palermo e Genova.

Ma quali sono le ragioni per le quali i rumeni lasciano il loro Paese per venire in Italia? Ho provato a parlare con alcuni rumeni che vivono a Forlì. La mia piccola indagine ha rilevato che il motivo per cui sono qui è lo stipendio, che in tutti i casi è più alto di quello che avrebbero potuto guadagnare a casa. I soldi sono dunque il filo invisibile che li attira qui.

Un’altra motivazione è rappresentata dalle condizioni di vita in Romania che, secondo loro, sono peggiori, anche se poi qui non si sentono a casa.

 Sapendo quanto è importante per i miei connazionali il sentirsi a casa, ho chiesto se l’Italia potesse essere per loro una casa, se fossero disposti a rimanere qui per sempre, se si sentissero ancora rumeni o se pensassero di essere diventati italiani. Le risposte sono state quasi sempre le stesse. La Romania rimane sempre la Romania, il paese dove sono nati e dove vogliono morire, dove vogliono crescere i loro bambini, il paese per il quale il sentimento di familiarità è più forte. Tutti gli intervistati, anche se si trovano qui da almeno 4 anni, vorrebbero ritornare a casa un giorno, anche se quel giorno sembra lontano. Aspettano solo che la situazione politica, economica e sociale della Romania migliori. In quanto al sentirsi italiani o rumeni, tutti hanno dichiarato di sentirsi ancora rumeni, anche se il loro stile di vita è cambiato tantissimo. Si sono adattati allo stile di vita italiano: adesso mangiano spaghetti e pizza invece che sarmale[1] con polenta; si vestono in maniera più simile agli italiani che ai rumeni; fanno la spesa una volta alla settimana, invece che ogni giorno come a casa, e hanno quasi dimenticato le parole rumene per olive, uova, pomodori, etc.

Vedendo quanto si sentono affezionati alla Romania, non li posso non rispettare, non li posso più giudicare male. Anche se so che esistono ancora rumeni che rubano, che non fanno fare una bella figura al loro paese, la maggior parte dei rumeni viene qui solo per migliorare la propria vita: vogliono lavorare tranquillamente, guadagnare un po’ di soldi e ritornare a casa per fare le tre cose che, come dicono i rumeni, ti fanno diventare un uomo vero: costruire una casa, piantare un albero e fare un bambino.

 
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