N.P.A. FRIULI VG

Post N° 10


Il rincaro mondiale dei prezzidi Pino A. Quartana Una seconda ed ancor più drammatica ondata di aumenti dei prezzi si sta abbattendo sui consumatori. Mentre la prima, immediatamente successiva alla introduzione dell’euro, è stata ritenuta per lo più derivante da cause interne (la impreparazione italiana all’euro, la sbagliata percezione della nuova moneta, la speculazione dei commercianti e dei produttori italiani), l’attuale fase di innalzamento del costo della vita deriva invece da una congiuntura mondiale di cui il consumatore italiano fatica ormai a individuare la causa o le cause, essendo quest’ultime situate molto lontano geograficamente e in meccanismi di difficile comprensione per il cittadino medio italiano. Effettivamente oggi stiamo vivendo una nuova ed ancor più preoccupante stagione di rincari dei prezzi. Le cause sono sostanzialmente quattro;1) La speculazione finanziaria sui mercati internazionali. Alla Borsa di Chicago (Chicago commodity stock exchange - Borsa delle materie prime di Chicago), dove vengono formati i prezzi internazionali di quasi tutte le materie prime alimentari, la speculazione la fa ormai da padrona. Nel giro di pochissimo tempo i volumi scambiati attraverso quella Borsa sono balzati alle stelle, chiaro indice di movimenti anomali e speculativi tanto più in un ambito in cui i consumi sono abbastanza anelastici cioè connaturati a precisi limiti fisiologici (in altre parole ogni persona mangia più o meno la stessa quantità di cibo ogni giorno e non la moltiplica per tre o per dieci da un giorno all’altro). I contratti ‘futures’ sulle merci e sui prodotti agricoli, che alimentano la speculazione, stanno diventando un mezzo, che io definirei moralmente infame ed economicamente e socialmente disastroso per tutta l’umanità, per rifarsi in poco tempo delle perdite ingenti subite in occasione dei crolli dei mercati finanziari degli ultimi mesi che furono causati dai famigerati mutui ’subprime’ statunitensi. La speculazione finanziaria sui prodotti agricoli incide sugli aumenti di questo periodo che si stanno verificando in tutto il mondo per una percentuale che va dal 35% al 70%. Purtroppo non mi meraviglio, anche se ritengo tali comportamenti infami, che una piccolissima parte dell’umanità non abbia alcun ritegno o scrupolo ad affamare la gran parte dei suoi simili per pura avidirà di guadagno finanziario, per rifarsi delle perdite dei precedenti titoli finanziari in portafoglio. Due miliardi di poveri del Terzo e del Quarto Mondo sono a rischio sopravvivenza per questo aumento di natura puramente speculativa. Nell’isola di Haiti la gran parte della popolazione locale si ciba ormai di focacce impastate con una particolare argilla! Rivolte di popoli affamati e disperati stanno scoppiando in altri Paesi poveri. Ma anche nell’Occidente ‘ricco’ (o ex-ricco) i poveri stanno aumentando a vista d’occhio con problemi di sussistenza di base sempre più drammatici; si calcola addirittura che la fame diventerà un problema anche per molti cittadini Usa. Non sono mai stato antiamericano, a differenza di gran parte della sinistra, ma la colpa di questa crisi ricade quasi interamente sugli Usa, che prima con cinismo ed egoismo hanno scaricato sul resto del mondo la ‘loro’ crisi  dei ’subprime’ e adesso stanno alimentando con lo stesso cinismo ed egoismo la crisi dei prezzi (l’aumento colpisce soprattutto i cereali) e la crisi alimentare. C’è l’esigenza sempre più inderogabile di immettere forti dosi di etica nel sistema finanziario internazionale e di limitare le pretese sempre più arroganti del turbocapitalismo della globalizzazione. La qual cosa non vuol dire affatto abbattere il capitalismo e la finanza moderni, come vorrebbero fare ancora molti uomini della sinistra comunista e marxista. Mi sembra che questa mia posizione possa essere definita come una posizione perfettamente azionista (ovviamente si tratta dell’azionismo che deve affrontare i nuovi problemi degli anni Duemila e non del 1940).2) Il bioetanolo. La seconda causa dell’allarme mondiale sui prezzi deriva anch’essa da una scelta sbagliata, per non dire scellerata, del governo degli Stati Uniuti d’America, del governo di Bush. Quest’ultimo ha di fatto imposto a paesi come il Brasile di Lula di distruggere i campi di coltivazione dei cereali e di impiantarvi la coltivazione di altri prodotti agricoli da cui estrarre bioetanolo e biodiesel (agrocarburanti). Solo nello scorso anno gli Stati Uniti d’America hanno incenerito 138 milioni di tonnellate di granoturco, cioè un terzo della raccolta annuale, per trasformarlo in bioetanolo. E la Comunità Europea si sta muovendo nella stessa direzione, anche se, per fortuna, i tedeschi stanno saggiamente già facendo marcia indietro. John Lipsky, uno degli uomini più importanti del Fondo Monetario Internazionale, sostiene che l’utilizzo dei prodotti agricoli nella produzione del bioetanolo, in particolar modo il granoturco, sia responsabile dell’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e in particolar modo dei cereali almeno per il 40%. Questa del bioetanolo si sta rivelando anch’essa una strategia immorale e stupida; i prezzi del petrolio non ne vengono affatto influenzati, al contrario, stanno salendo sempre di più, prova ulteriore del fatto che anche le cause dell’aumento del petrolio non sono tanto di squilibrio domanda/offerta, ma puramente speculative.3) Politiche agricole sbagliate. Il terzo motivo che spiega il fenomeno è proprio quello derivante dal comportamento delle grandi istituzioni sovranazionali, come il WTO o il FMI o la UE. Basta osservare quanto sta accadendo nel settore lattiero-caseario con i nostri allevatori in rivolta, dopo gli allevatori tedeschi e svizzeri. In una congiuntura di scarsità di cibo, la Comunità Europea adotta  ancora politiche tendenti alla distruzione o alla mancata produzione di cibo, tiene ancora in piedi l’esecrabile meccanismo delle quote-latte, applicando spaventose multe agli allevatori italiani che producono di più. Invece di incentivare la produzione, si incentiva la distruzione di beni di prima necessità tenendo così alti i prezzi. Poi c’è anche un altro problema che disincentiva la produzione agricola in Italia, ma non solo in Italia. Ciò che viene dato al produttore è troppo poco, anzi si tende a dargli sempre di meno, mentre, al contrario, i prezzi al consumo aumentano sempre di più. Non solo c’è tutta la politica agricola europea che va profondamente rivista, ma vanno rimosse pian piano anche tutte le storture speculative dei mercati locali e nazionali.4) La speculazione interna. Essa in tempi di turbamenti mondiali non è affatto sparita, anzi. Si osserva particolarmente in quei settori della produzione alimentare che meno dipendono dai fattori internazionali di scambio. L’ortofrutta è uno di questi. E sempre questo tipo di speculazione a produrre le più scandalose contraddizioni. Faccio un esempio piccolo, ma significativo proveniente da una mia esperienza personale fatta negli ultimi giorni. Qualche giorno fa in un supermercato della regione in cui vivo (Lazio) ho osservato sul banco della frutta che l’ananas stava a 1,35 euro al kg. Anni ed anni fa questi frutti erano ritenuti destinati alle tavole dei ricchi, erano ritenuti frutti esotici ed invece ora stanno a quel prezzo veramente appetibile (più appetibile dello stesso ananas). Tra l’altro, bisogna anche tener conto dei costi di trasporto, dal momento che l’ananas non si trova nei nostri campi. Idem per le banane. Nello stesso giorno, invece, mi trovavo in campagna ed osservavo gli alberi di ciliegio; le prime ciliege già cadevano dagli alberi. L’assurdità della situazione è che le ciliege che trovo sugli alberi a 5 km. dalla mia abitazione, e che si possono assaggiare semplicemente raccogliendo quelle cadute dagli alberi, costano 6 euro nei supermercati della mia zona di residenza (ripeto, 6 euro al chilo cioè quasi dodicimila delle vecchie lire), mentre gli esotici ananas che devono percorrere mezzo mondo prima di arrivare in quel supermercato, costano quasi cinque volte di meno. Perché le ciliege che in Puglia andavano un anno fa a 1,5 euro al chilo, vanno nella mia zona quest’anno a 6 euro al chilo e in Germania a 10 euro al chilo, mentre mi risulta che al Nord siano apparse in vendita anche a 8, a 12 addirittura a 24 euro al chilo? Se questa non è speculazione, bieca e schifosa speculazione, allora cos’è?