Rolling word

Certe continuità e frutti di lombi


 Nella partitelle dei ragazzi, come credo gli altri sport di squadra, ma di calcio so io, si intuisce, spogli di giudizio alle abilità che altri preparati e ovvi ne discerneranno, il carattere che sarà. Il ciondolare nel discosto vanesio, tocchi leziosi, calcoli dei passaggi, nascondersi o mostrarsi nei tagli di campo ecco l’insicuro, il cuorcontento,  l’espansivo, l’avaro, e nello sbagliare senza fiato né talento il gol del pareggio dell’ultimo minuto sorrido al futuro di quel rammaricarsi: eccolo... un generoso e di certo un buon amico.E guardo.Un rilancio altissimo disegna la discesa quasi a campanile: due gambe arabe (uguali alle mie) affrontano il difficile. La palla sbigottita dallo stop illogico, obbligata, riparte alacre, fedele al piede dal tocco sapiente (Merde! È più bravo me! E già… ma non glielo dirò di certo io, che intrisi di ironica perfidia troppi parenti e amici lo informeranno.)Io, cucciolo ma già spietato, forgiato nell’horror vacui da giganteschi allenatori alla ferocia dell’ “entra sempre!”: caviglia e palla trofei, erba e terra dileggio! Adolescente nei rugginosi spogliatoi di docce gocciolanti, seduto su panchine da schegge in culo, nell’ansiosa attesa avversaria dai nomi temuti. Sapevo certa la maglia (ed ogni volta era orgoglio) e alla consegna “quello lo marchi tu!” contrapponevo il mio imberbe coraggio nella responsabilità del pensiero sollievo dei miei compagni che, baluardo al mostro, non avrei concesso vita dolce allo scorrazzare irridendo. Il roccioso allora era bravura! Ed eccolo! (Il pensiero si mischia tra i ricordi)Siamo davvero simili come dicono ma lui è più alto e più bello: la sua magrezza è figlia del benessere e di buoni allenamenti, la mia rifinita dalle scorribande nei boschi e dall’allevarsi nell’anche se ce né non bisogna esagerare.Non mi guarda nè mi rivolge la parola: apprezzo! Il così deve essere del non cercar confidenza, pudico e rispettoso con chi ci si dovrà battere. Sprezzavo chi, in cui leggevo il pavido, cercava l’improbabile cordiale all'amichevole. Qui, la disciplina al nemico, fuori, le pacche dei reduci.  Il lancio è lungo e per lui: è veloce e furbo. Attraversa la traiettoria dell’escludermi l’asso dell’anticipo (la volpe!) ma anch’io so di geometrie pedatorie e disegno il tracciato che lo costringerà all’O.K. Corral! Consumato da mille scontri riconosco l’osso duro: tiene la testa alta e guarda la palla con i piedi. Il sottecchio illustra e mi inchioda al deciso: dopo di me incontrerà solo le bestemmie del portiere. (Lo sa anche lui.) E quindi mi punta veloce. Pronto, sto nel teso veterano alla finta che spiazza, ma… perdio! Una veronica! A quella velocità!? (Merde! È bravo, è bravo…) Il vantaggio dello stupore è perso nell’inesperienza del gesto che lo avvicina troppo a me: carico la zampata assassina che sarà anche vendetta ignobile al derisorio e sparo! Ma… nell’attimo di un molesto pensiero blocco lo snodo del ginocchio al chiudere l’ultimo segmento che sarebbe muro all’involo e dolore da bocca sull’erba e lo lascio andare……che troppo godo nel vederlo gonfiare le reti avversarie!