Creato da nahan il 17/12/2008
Gonna find my way to heaven, `cause I did my time in hell... (Keith Richards)
 

 

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Pur applicandosi l’allievo non raggiunge che modesti risultati.

Post n°116 pubblicato il 16 Ottobre 2012 da nahan
 

 

 

Fastidiosissime (e robuste) impasse economiche mi obbligano al delirio del cercar soluzioni che risolvano.
Scrivere un libro? 
E perché no, che ci vuole?
Un bel romanzo fantasy. Si inventa tutto e quindi nemmeno la briga del consultare per specializzarsi.
Enfasi, guerre, amori e… valà!

 Da tre anni era sorta la gigantesca luna scura del ciclo. Il mondo era avvolto nella penombra.
La possente figura del giovane generale si stagliava sugli spalti delle  mura nord. Guardava le macchie nere che dettavano da tempo immemore la sequela dei dodici anni di guerra e i dodici di pace. (Quale idiozia aveva mai colpito gli antichi saggi per decretare questa maledizione?).
Aveva trentasei anni. Era nato a cavallo della ottantaduesima guerra. Alla successiva partecipò, sedicenne, luogotenente del generale Dordo detto Scudo del Nord, suo padre, che morì sui bastioni. Condusse la guerra per i restanti quattro anni alla guardia delle Torri dei Tars e diventò, ormai veterano, il nuovo Generale a poco più di vent’anni. Fu chiamato Alba Impavida. I suoi uomini lo adoravano.
Guardò la sentinella che, immobile, fissava la semioscurità che avvolgeva i Campi Arii. Sapeva che con la coda dell'occhio lo controllava pronta a intervenire ad un qualsiasi suo cenno e un sorriso motivato alla gratitudine spezzò per un attimo la tensione dei suoi pensieri.
Perché attaccavano lì? Si chiedeva da giorni.
Non erano deboli. Non aveva senso che le sette migliori armate Vineriane fossero mandate infrangersi contro i suoi bastioni. Perché questo attacco? Si arrovellava a cercare una logica che gli sfuggiva. Eppure i Custodi lo avevano allertato certi a questo pericolo. Che la casata dei ContiTars stesse per cedere? E se avessero ceduto…
Un leggero rumore proveniente dalla scala che portava al Passo di Ronda fece voltare contemporaneamente i due uomini. 
Dalla penombra della porta ad arco apparve inconfondibile la sagoma giunonica del comandante Melissa de Exupery. 
La sentinella tornò a fissare il buio della pianura mentre un sorriso amaro di rassegnazione si tese sul volto del generale. Conosceva fin troppo bene il  sarcasmo che accompagnava le entrate della Capitana dell'Aria.
“Che fa qui tutto solo, questo bel tenebroso comandante, immerso nei suoi pensieri?”

Bene, ora logica vorrebbe, anche solo per una questione di coerenza al taglio impostato, che il tenebroso comandante abbia a rispondere con toni aulici consoni al ruolo e al clima del romanzo, mentre a me, onestamente, verrebbe da scrivere: ma non hai più nessun altro posto dove andare a rompere i coglioni?
In effetti un romanzo è troppo lungo ed io, pigro e di poca tempra letterale, facile appunto alle cadute, non reggerei alla tensione stilistica per più di qualche paginetta. 
Ripiegare su altro è quindi obbligo consapevole.
Proviamo con le fiabe. Son più corte e leggerine.

C’era una volta in un luogo lontano il reame  di Re Scontato.
Verdi vallate ricche di boschi e pascoli e qua e là gli ameni villaggi dei Centinaia. Chiamati così non solo perché erano, in effetti, centinaia i Centinaia, ma perché facevano tutto insieme, in centinaia di Centinaia: lavoravano a centinaia, andavano a caccia in centinaia e anche facevano l’amore in centinaia, sempre tutti insieme. Quest’ultima attività ad onor del vero li impegnava entusiasti più spesso delle altre. Le capanne dei loro villaggi, molto belle e solide, su due o anche tre piani,  a volte davano l’impressione di essere instabili perché le si vedeva vibrare e dondolare, ma era solo per il fatto che si stavano dedicando all’attività preferita di cui sopra.
Più in là, nelle pietraie dietro le colline, casupole sparse: erano i villaggi dei Brulli, chiamati così non solo in virtù del luogo che avevano scelto per vivere ma pure per, come dire, un certo atteggiamento riservato che invitava a tacciarli ristretti di vedute. A differenza dei Centinaia, i Brulli erano più bravi a fare l’amore. Questo era dovuto al fatto che, mentre i Centinaia non si dovevano preoccupare di essere bravi in questo o in quello perché appunto nel casino, tra centinaia di Centinaia si trovava sempre quello che faceva al caso proprio, i Brulli non avevano frequenti contatti sessuali. A quei pochi - che avevano perlopiù  con una tribù di amazzoni, le Ombrose - dovevano essere ben preparati quindi. I Brulli le chiamavano scherzosamente, le Lunatiche ma senza farsi sentire dalle interessate se no i tempi degli intervalli tra una trombata e l’altra si sarebbero allungati in modo disdicevole. Erano Brulli mica Grulli! I Grulli infatti erano quelli che si erano felicemente stabilizzati in riva al mare sostenendo certi che “con tutta quest’acqua non moriremo certo di sete”.

Hum.. sto prendendo una deriva poco adatta allo spirito che deve condurre sempre ad una morale edificante o perlomeno che inviti alla riflessione ed ho pure la fastidiosa sensazione che tutta la schiatta di favolisti che va da Esopo ai Grimm Brothers abbia avuto un inaspettato sussulto nella tomba dove giustamente riposano.
Bah! 
Scrivere è una cosa seria, in effetti.

Vabbè, quindi abbassando di un bel pò il livello di questa ambizione ovvia di presuntuoso, mi arricchirò certo e meno arrogante, al venir giudicato  una onesta penna da blog da quei, pur modici, nick che si affacciano temerari al leggermi e a cui sincero va il mio affetto.
E sarà già grossa soddisfazione.

 

Bon, sono tornato.

 

 

 
Rispondi al commento:
cuoredirondine53
cuoredirondine53 il 21/10/12 alle 09:24 via WEB
e vabbè così non vale però!! hai caffè e birra garantiti... che posso offrirti io??? biscottini al cocco??? bravo come sempre e ben tornato!!
 
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En las orillas del duero


La lotta che si combatte nell’animo umano e che sfugge talvolta alla realtà è ben espressa nell’immagine del visionario “artefice di spettri”

Pensava d’essere ozioso
nelle sue prigioni anguste
e mai ha potuto esserlo
colui che, fermo sulla breccia,
in lotta disperata
contro se stesso combatte.

Pensavano che fosse solo,
e mai lo fu
l’artefice di spettri
che vede sempre nella realtà
il falso, e nelle sue visioni
l’immagine della verità.

Pablo Neruda

 

AD ALCUNI PIACE LA POESIA

Ad alcuni -
cioè non a tutti.
E neppure alla maggioranza, ma alla minoranza.
Senza contare le scuole, dove è un obbligo,
e i poeti stessi,
ce ne saranno forse due su mille.


Piace -
ma piace anche la pasta in brodo,
piacciono i complimenti e il colore azzurro,
piace una vecchia sciarpa,
piace averla vinta,
piace accarezzare un cane.


La poesia -
ma cos'è mai la poesia?
Più d'una risposta incerta
è stata già data in proposito.
Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo
Come alla salvezza di un corrimano.

Wislawa Szymborska

 

 
 
 
 

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