Creato da nahan il 17/12/2008
Gonna find my way to heaven, `cause I did my time in hell... (Keith Richards)
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Nella partitelle dei ragazzi, come credo gli altri sport di squadra, ma di calcio so io, si intuisce, spogli di giudizio alle abilità che altri preparati e ovvi ne discerneranno, il carattere che sarà. Il ciondolare nel discosto vanesio, tocchi leziosi, calcoli dei passaggi, nascondersi o mostrarsi nei tagli di campo ecco l’insicuro, il cuorcontento, l’espansivo, l’avaro, e nello sbagliare senza fiato né talento il gol del pareggio dell’ultimo minuto sorrido al futuro di quel rammaricarsi: eccolo... un generoso e di certo un buon amico. E guardo. Un rilancio altissimo disegna la discesa quasi a campanile: due gambe arabe (uguali alle mie) affrontano il difficile. La palla sbigottita dallo stop illogico, obbligata, riparte alacre, fedele al piede dal tocco sapiente (Merde! È più bravo me! E già… ma non glielo dirò di certo io, che intrisi di ironica perfidia troppi parenti e amici lo informeranno.) Io, cucciolo ma già spietato, forgiato nell’horror vacui da giganteschi allenatori alla ferocia dell’ “entra sempre!”: caviglia e palla trofei, erba e terra dileggio! Adolescente nei rugginosi spogliatoi di docce gocciolanti, seduto su panchine da schegge in culo, nell’ansiosa attesa avversaria dai nomi temuti. Sapevo certa la maglia (ed ogni volta era orgoglio) e alla consegna “quello lo marchi tu!” contrapponevo il mio imberbe coraggio nella responsabilità del pensiero sollievo dei miei compagni che, baluardo al mostro, non avrei concesso vita dolce allo scorrazzare irridendo. Il roccioso allora era bravura! Ed eccolo! (Il pensiero si mischia tra i ricordi) Siamo davvero simili come dicono ma lui è più alto e più bello: la sua magrezza è figlia del benessere e di buoni allenamenti, la mia rifinita dalle scorribande nei boschi e dall’allevarsi nell’anche se ce né non bisogna esagerare. …che troppo godo nel vederlo gonfiare le reti avversarie!
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(recycled post) Di tante spiegazioni alle cause del mio stare attuale quella più sincera è sempre “la mancanza d’amore”. Un peccato originale che non si sana
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Stai con me oggi Portami dove ti ami senza vergogna Faremo d'oro un sogno creolo e sarò l’uomo che avrei voluto diventare.
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Solo nell’acquolina. La fede mi obbliga pure al rispetto del motto che, accentato di dialetto, forza al sapor di mucca un degno fine pasto. Il soccorso è reminiscenza di un simpatico cuoco toscano che tempo fa insegnava a trar sollazzo dagli avanzi e da cibi non più freschi: che ormai troppo spesso solo, agli avanzi mi obbligo dissennato sperimentatore. Bon! Vado a svenire un pò sul divano. Se sopravvivo ci risentiremo di certo!
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Ombra di |
Labbra socchiuse Inviti al piacere condiviso
La timidezza coraggiosa della rosa che schiude allo sfioro del sole
E il mondo si illumina
Gelidi pensieri cadono frantumandosi e si rinnovano succosi in acini di vita
potere
che poveri tristi uomini ciechi dall’ombra inesorabile volti al tramonto non afferrano più
brezza rinfrescante che spazza i cortili dell'anima e ridà lustro ai primordi selciati del nostro stare
Le femminili raggianti risate allegre…
miglior preludio d’amore
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Dietro al coraggio della finzione immune da colpe o accuse si cela garante l’indolenza a taciute comunioni
Ma ci assolve la coscienza? Ci dispensano la maschere risorse per l’altrui viltà dal non curarsi o agire?
Che nessuna parte di noi rinneghi la delizia della visita divina che ci fa mani e dita per afferrare le stelle
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Era il maresciallo di casa, la nonna il comandante. Nodoso e burbero di gigante. Una targa incorniciata di dimesso esplodeva sul muro della cucina: Cavaliere di Vittorio Veneto (e taccio su dubbi accostamenti) che il mio ingenuo crescere rampollo di Repubblica insisteva al sogno di un Re che lo onorava. Da lui e non da altri ho imparato a stare ritto e non piegar mai la schiena se non davanti al duro lavoro. Adorava mia sorella: a lei la certezza della carezza, a noi, branco di cugini, legnate da codice penale evitate spesso svelti come gatti, ad onor del vero senza odor di avvocati, e relegate al frustrato del suo sguardo micidiale di minacce. Non parlava che dialetto, l’italiano, tradotto tout court alla esilarante sintassi, era lingua straniera. Memorabili di ricordi e ancora sorrisi certe sue uscite obbligate dall’ostico idioma nazionale. Eppure, periodicamente invitato da certe programmazioni di una tv che era allora Televisione, si appropriava dittatore del centro della cucina e monopolizzava lo schermo sotto gli occhi irritati di incerto del branco sopracitato. Verdi. Aida. E Traviata. E altro. In seguito, giovane ma abbastanza adulto al poter adempiere, ebbi un lampo di pensiero: lo porterò a Milano! Alla Scala!. …di tanti rimpianti, anche troppi, più delle donne non avute o perse, più delle cause di questo fallito stare, più delle vanesie altere ostinazioni, il più grosso è questo: e ancora mi commuove e mi ferisce per l’irrisoluto seguito di quel pensiero. Che nel ricordo di un sorriso stupito e grato di chi troppo ci assomiglia germoglia la serenità sognata.
Bon…
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Interno bar
Donna: Sembri un tipo cauto… Red: Diciamo che non amo molto rischiare.
Blue guarda nel bicchiere Green si sforza di impassibile e fissa i riflessi delle bottiglie Purple di schiena sorride
La casa è di proprietà della moglie, ha una storia da due anni con la sua esasperata commercialista e il telefonino con il quinto messaggio della giornata di una avvocatessa “conosciuta” da una settimana…
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Avvolti solo dall’illanguido troppo caldo meridiano Daisy e Green immobili nell’afoso di lenzuola umide Un crogiolo torpore di assopimento del pisolo agostano
Daisy è gamba piegata nel supino di un aperto osceno al refrigerio Green la testa sulla coscia interna
Green schiude pesante lo sguardo ad un silenzioso richiamo Davanti a suoi occhi giganteggia la porta dei suoi paradisi Green alita pacato Green osserva il suo assetato respiro carezzare quel chiuso di pozzo Tenue, è vento caldo che non asciuga Green veicola l’alito soffio: che sia chiave che spalanca Green è teso al quieto di un ritmo respiro
Dal serrato una stilla
Green esulta immobile Green governa il lieve soffio alla costante intensità e ritma calmo
Daisy ansima nel sogno di calura Green respira calmo
Daisy è voluttà che si confonde nella canicola Green respira calmo
Mille infinite stille si uniscono a patina su uno schiudersi a valva Green nella tensione del traguardo respira calmo
Il pozzo è aperto: Daisy è carne e viale Green respira calmo
Daisy è rantolo di bisogno Green respira calmo
La mano di Daisy alla nuca di Green nel sogno del supplizio attira rabbiosa Green Daisy è ansito di infine alla incalzante cascata dell’appagamento
Green ora bacio di carne che sfama negli aromi triviali
beve vittorioso.
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Riarse dalle interminabili nostalgiche urla di anime un tempo amiche
un sole di terracotta vela accecando le distanti rive assetate di questo mare intimo primitivo e spietato
e che testarda seguendo antichi istinti di razza per rifare il nido saccheggiato solo la rondine sa attraversare garrendo
e ancora si odono echi di umanità.
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A deliziarmi ai piedi del letto ogni prima di, obbligherei una donna che sa cantare. Pena una mia temeraria forzata impotenza. Bon, questo è sogno da isola deserta, ammetto. Ma guarda te cosa vado a pensare…
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È un posto dove aleggiano voci amiche. Dai, su, non ridetemi di derive mistiche. Una piccola valle, stranamente impervia per queste colline dolci, scavata da un ruscello da anguille che, incline ai rigonfiamenti primaverili, smotta gli argini e obbliga al ciclico sudore del sistemare: ma ne vale la pena. Tra il ripido ed il rivolo il sentiero sfocia all’ansa che decide una piccola radura rigorosa ai filari di noci selvatici piantati ad allevamento: la luce filtra di soffuso tra le ombre del verde. Al vagare qui, suoni di affettuose citazioni riposte nei meandri dei ricordi, attirati dalla prodigiosa tonalità, avvolgono i pensieri dei propri affanni rinnovando il rincuoro e spesso consigliando alla soluzione. Declina pure al moderno questa magia deliziandoci del suono di concreti accenti cari all’invito di illogici cellulari: e, meraviglia, ribadisce un’antica intimità persino un nuovo sentire.
Ed è frescura che nutre di sereno il ripartire al giorno.
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Nel verde ferito che lacrima bellezza ancora |
Giacca attraversa la sala da pranzo impercettibile una forchetta rallenta il percorso verso la bocca Collana in abito da sera la porta del bagno e un unico vedere
Il desiderio si fa lingua Darsi e ricevere
Collana nell'apprensivo dell'uscita Ai tavoli Collana sorride di ritorno a Cravatta Meschini.
Si, per gli altri
Mancia al cameriere
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En las orillas del duero
La lotta che si combatte nell’animo umano e che sfugge talvolta alla realtà è ben espressa nell’immagine del visionario “artefice di spettri”
Pensava d’essere ozioso
nelle sue prigioni anguste
e mai ha potuto esserlo
colui che, fermo sulla breccia,
in lotta disperata
contro se stesso combatte.
Pensavano che fosse solo,
e mai lo fu
l’artefice di spettri
che vede sempre nella realtà
il falso, e nelle sue visioni
l’immagine della verità.
Pablo Neruda
AD ALCUNI PIACE LA POESIA
Ad alcuni -
cioè non a tutti.
E neppure alla maggioranza, ma alla minoranza.
Senza contare le scuole, dove è un obbligo,
e i poeti stessi,
ce ne saranno forse due su mille.
Piace -
ma piace anche la pasta in brodo,
piacciono i complimenti e il colore azzurro,
piace una vecchia sciarpa,
piace averla vinta,
piace accarezzare un cane.
La poesia -
ma cos'è mai la poesia?
Più d'una risposta incerta
è stata già data in proposito.
Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo
Come alla salvezza di un corrimano.
Wislawa Szymborska
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il 08/06/2023 alle 06:46
Inviato da: surfinia60
il 14/09/2022 alle 16:30
Inviato da: cassetta2
il 12/05/2022 alle 08:58
Inviato da: Deaebasta
il 20/03/2021 alle 08:17
Inviato da: Deaebasta
il 20/03/2021 alle 08:13