Da bambina detestavo mangiare la carne, con grande dispiacere di mia madre, convinta sostenitrice del valore proteico di salumi e cotolette.Niente, non c'era verso, per me la classica fettina in padella equivaleva alla cicuta di Socrate. Per fortuna in casa avevamo un cane, una bastardina nera di nome Kelly, la quale puntualmente a ora di cena si poneva sotto la mia sedia. Spesso mia madre la cacciava fuori dalla cucina trascinandola per la collottola ma Kelly cresciuta tra un branco di bambini scalmanati, appena poteva sgattaiolava nuovamente in cucina mettendo il muso sulle mie gambe.Le fettine, che secondo mia madre, avrebbero dovuto farmi crescere forte e sana, finivano tra le fauci soddisfatte della mia cagnetta. Certe volte mia madre sapendo della mia avversione per la carne si sedeva proprio di fronte a me per accertarsi che realmente mangiassi, io fingevo di apprezzare la meravigliosa pietanza, impugnavo coltello e forchetta da brava bambina e mettevo il pezzetto di carne in bocca sorridendo. Appena mia madre volgeva lo sguardo altrove sputavo velocemente la carne sul pavimento. Non sempre questa elegante manovra mi riusciva, a volte mia madre non distoglieva lo sguardo quindi mi toccava fingere di masticare per lunghissimi minuti, altre volte ero colta in flagrante e mi beccavo certi schiaffoni che ancora li ricordo. I rimproveri erano all'ordine del giorno, mia madre mi accusava di sciupare un cibo destinato ai re, mi prospettava terribili malattie e in cuor suo non si capacitava di questa figlia contadina, che preferiva le proletarie verdure. Sì, perché ero capace di mangiare decine di panini con i friarielli, ma le salsicce statene certi, finivano a ingozzare Kelly sotto il tavolo. Ho sempre pensato che non sarei sopravvissuta se non avessi avuto un cane.Una volta mi capitò di veder uccidere un coniglio, credo d'averlo già raccontato tra le pagine di questo diario, accompagnavo mia madre a fare la spesa e quel giorno ci fermammo in macelleria. In quegli anni gli animali da cortile erano macellati sul momento, non esistevano ancora le pallide e asettiche fettine di carne confezionate nelle vaschette di polistirolo, che distrattamente buttate nel carrello. La mia generazione ha vissuto il passaggio dalla società semplice e provinciale all'opulenza del consumismo di massa. Quella mattina in macelleria c'era una gabbia piena di coniglietti e le massaie se li sceglievano con occhiate da intenditrici. Il macellaio afferrava il prescelto e lo sgozzava con indifferenza, continuando a chiacchierare e a corteggiare le clienti. Io avrò avuto circa sei anni, tiravo mia madre per la manica perché non capivo come nessuno fermasse quella crudeltà, perché tutto continuasse uguale intorno a me. Avevo scelto un coniglietto anch'io e lo guardavo stringersi agli altri e tremare di paura. Non ho mai dimenticato il terrore che gli leggevo negli occhi. Non ricordo altro, forse ho pianto o forse ho avuto gli incubi di notte. So solo che non ho mai toccato carne di coniglio e che mia madre non ha mai insistito per farmela mangiare, ogni volta che la preparava, per me comprava la mozzarella.Con un curriculum del genere era inevitabile che diventassi vegetariana. La prima volta ho smesso di mangiare carne nell'agosto del 1990, pochissimi giorni dopo aver chiuso una storia d'amore durata quattro anni. Nonostante fossi giovanissima, facevo il bilancio della mia vita ed era fallimentare, fino a quel momento avevo collezionato solo errori e uomini difettati. Uno dietro l'altro. Dovevo assolutamente cambiare. Un colore di capelli diverso, l'allontanamento di tutti gli amici di cui mi ero circondata fino a quel momento e l'eliminazione della carne dal mio menù.Sono stata vegetariana per quasi cinque anni e ne avrei da raccontare di aneddoti e pregiudizi, di lavate di capo e di piatti sbattuti a terra. Al sesto mese di gravidanza ho dovuto smettere, non avevo più ferro e le cure mediche non mi facevano effetto.In questi quindici anni ho mangiucchiato carne, sempre controvoglia, sempre poca. Negli ultimi tempi mangiarla mi costava veramente fatica, ogni volta che ingoiavo un boccone, ripensavo alle vacanze in montagna, alle mucche al pascolo che accarezzavo, agli agnellini morbidi che stringevo al seno, ai maialini rosa che si lasciavano fotografare incuriositi. Mi sentivo un cannibale.
Animals are friends not food
Da bambina detestavo mangiare la carne, con grande dispiacere di mia madre, convinta sostenitrice del valore proteico di salumi e cotolette.Niente, non c'era verso, per me la classica fettina in padella equivaleva alla cicuta di Socrate. Per fortuna in casa avevamo un cane, una bastardina nera di nome Kelly, la quale puntualmente a ora di cena si poneva sotto la mia sedia. Spesso mia madre la cacciava fuori dalla cucina trascinandola per la collottola ma Kelly cresciuta tra un branco di bambini scalmanati, appena poteva sgattaiolava nuovamente in cucina mettendo il muso sulle mie gambe.Le fettine, che secondo mia madre, avrebbero dovuto farmi crescere forte e sana, finivano tra le fauci soddisfatte della mia cagnetta. Certe volte mia madre sapendo della mia avversione per la carne si sedeva proprio di fronte a me per accertarsi che realmente mangiassi, io fingevo di apprezzare la meravigliosa pietanza, impugnavo coltello e forchetta da brava bambina e mettevo il pezzetto di carne in bocca sorridendo. Appena mia madre volgeva lo sguardo altrove sputavo velocemente la carne sul pavimento. Non sempre questa elegante manovra mi riusciva, a volte mia madre non distoglieva lo sguardo quindi mi toccava fingere di masticare per lunghissimi minuti, altre volte ero colta in flagrante e mi beccavo certi schiaffoni che ancora li ricordo. I rimproveri erano all'ordine del giorno, mia madre mi accusava di sciupare un cibo destinato ai re, mi prospettava terribili malattie e in cuor suo non si capacitava di questa figlia contadina, che preferiva le proletarie verdure. Sì, perché ero capace di mangiare decine di panini con i friarielli, ma le salsicce statene certi, finivano a ingozzare Kelly sotto il tavolo. Ho sempre pensato che non sarei sopravvissuta se non avessi avuto un cane.Una volta mi capitò di veder uccidere un coniglio, credo d'averlo già raccontato tra le pagine di questo diario, accompagnavo mia madre a fare la spesa e quel giorno ci fermammo in macelleria. In quegli anni gli animali da cortile erano macellati sul momento, non esistevano ancora le pallide e asettiche fettine di carne confezionate nelle vaschette di polistirolo, che distrattamente buttate nel carrello. La mia generazione ha vissuto il passaggio dalla società semplice e provinciale all'opulenza del consumismo di massa. Quella mattina in macelleria c'era una gabbia piena di coniglietti e le massaie se li sceglievano con occhiate da intenditrici. Il macellaio afferrava il prescelto e lo sgozzava con indifferenza, continuando a chiacchierare e a corteggiare le clienti. Io avrò avuto circa sei anni, tiravo mia madre per la manica perché non capivo come nessuno fermasse quella crudeltà, perché tutto continuasse uguale intorno a me. Avevo scelto un coniglietto anch'io e lo guardavo stringersi agli altri e tremare di paura. Non ho mai dimenticato il terrore che gli leggevo negli occhi. Non ricordo altro, forse ho pianto o forse ho avuto gli incubi di notte. So solo che non ho mai toccato carne di coniglio e che mia madre non ha mai insistito per farmela mangiare, ogni volta che la preparava, per me comprava la mozzarella.Con un curriculum del genere era inevitabile che diventassi vegetariana. La prima volta ho smesso di mangiare carne nell'agosto del 1990, pochissimi giorni dopo aver chiuso una storia d'amore durata quattro anni. Nonostante fossi giovanissima, facevo il bilancio della mia vita ed era fallimentare, fino a quel momento avevo collezionato solo errori e uomini difettati. Uno dietro l'altro. Dovevo assolutamente cambiare. Un colore di capelli diverso, l'allontanamento di tutti gli amici di cui mi ero circondata fino a quel momento e l'eliminazione della carne dal mio menù.Sono stata vegetariana per quasi cinque anni e ne avrei da raccontare di aneddoti e pregiudizi, di lavate di capo e di piatti sbattuti a terra. Al sesto mese di gravidanza ho dovuto smettere, non avevo più ferro e le cure mediche non mi facevano effetto.In questi quindici anni ho mangiucchiato carne, sempre controvoglia, sempre poca. Negli ultimi tempi mangiarla mi costava veramente fatica, ogni volta che ingoiavo un boccone, ripensavo alle vacanze in montagna, alle mucche al pascolo che accarezzavo, agli agnellini morbidi che stringevo al seno, ai maialini rosa che si lasciavano fotografare incuriositi. Mi sentivo un cannibale.