Il diario di Nancy

Lustrini e lenticchie


      Nelle vetrine è tutto uno sfavillio di abiti da sera, paillettes e lustrini, trionfo di neri e trasparenze, nastrini e lamè, il pessimo gusto dell'eccesso proletario.La città sembra esplosa, ha rigettato dalle sue viscere cumuli di spazzatura, ha vomitato dai vicoli e dalle periferie schiere di dannati che s'accalcano senza sosta e senza pace. Napoli si prepara all'appuntamento con il Capodanno, lenticchie e cocaina, botti e tombolate, baccalà ed insalata di rinforzo, champagne e mutande rosse.Cammino per le strade come in sogno, lasciandomi avvolgere da una marea di gente, estranea eppure familiare. Sono a casa, ne respiro gli odori e la storia, ne ripeto i gesti meccanicamente. La gente intorno a me sceglie i vestiti, s'incontra e formula la stessa domanda di rito "Cosa farai a Capodanno? Dove andrai?"E' tutto un ripetere nomi di locali e di luoghi esotici sparsi per il mondo. E' d'obbligo divertirsi ad ogni costo. Festeggiare. Mostrarsi. Esibirsi nello spettacolo circense della vita.E ricordo i capodanni festeggiati da bambina, li ritrovo dentro gli occhi all'improvviso.Ricordo il sapore degli struffoli, lo spumante che friciccava in gola, l'odore dei tanti caffè per rimanere svegli.Il fumo dei botti che invadeva le stanze, come se fossimo in guerra, quell'odore acre e pungente che faceva paura, il naso appiccicato ai vetri per ammirare i colori dei bengala ai balconi dei quartieri alti, le stelline che noi bambini agitavamo nelle mani.Avevamo l'abitudine di trasferirci, dopo la mezzanotte, a casa dei nostri vicini, si ballavano le sigle dei cartoni animati, mentre gli adulti giocavano a carte, azzardando piccole cifre.Ricordo come, nei giorni precedenti, mio padre concordava con mia madre fino a che somma rischiare e poi si metteva a studiare in disparte le strategie per vincere.E ricordo il primo capodanno in discoteca, una ragazzina vestita a festa come una pacchiana, più assonnata che divertita.Avevo un innocente flirt con un ragazzo, fu lui a venirmi a prendere a casa, in giacca e cravatta come un manichino.Ricordo il suo sguardo concupiscente, le sue speranze infrante di festeggiare l'inizio di quell'anno tra le mie gambe virginali.Ricordo altre nottate, passate in macchine bloccati nel traffico, ovunque ragazzi e ragazze agghindati come i divi di "ollivùd".Notti in discoteche troppo affollate, notti in garage gelati, notti finite sul lungomare nell'attesa di vedere un'alba che nessuno avrebbe mai veduto, perché il sole sorge dall'altro lato dello stivale, ma chi lo ricordava rompeva la magia del momento.La liturgia della prima colazione al bar, il trucco sfatto ed i visi stravolti di sonno e di noia.Ricordo poi il primo capodanno trascorso a Parigi, ci eravamo trasferiti nemmeno un mese prima, non conoscevamo nessuno, non avevamo nessuna conoscenza della città, due bimbi piccoli che dormivano nel letto matrimoniale.Nemmeno il conforto della televisione per sentirsi meno lontano. In Francia utilizzano il sistema Secam e non il Pal come nel resto d'Europa, per cui i nostri televisori erano inservibili.Aspettavamo la mezzanotte guardando in videocassetta una commedia di Eduardo, solo che il nostro orologio andava indietro ed eravamo già arrivati nel duemila senza rendercene conto. E quando l'abbiamo scoperto ridevamo come due matti, raccontandoci i vari progetti megalomani fatti da ragazzini per festeggiare quella data storica.E ricordo l'ultimo giorno del 2000, l'ingresso nel nuovo millennio festeggiato in montagna, sui Vosges. "Le dernier festin du siecle", era il nome stampato  pomposamente sul menù. La prima volta che provai il foie gras e quasi lo vomitai nel piatto.La mezzanotte festeggiata con i proprietari dell'albergo che passavano tra i tavoli, scuotendo un campanaccio per le mucche.Anni già trascorsi velocemente, ma nessuna voglia di redigere bilanci, solo la consapevolezza d'aver acquisito, con l'età e l'esperienza, una semplicità che non ritrovo intorno a me.Io sono lontana dai lustrini, dai lamè, dalle piume e dai nastrini che ancheggiano dai negozi come soubrette.E per questo cammino come se fossi straniera e confusa.