Il diario di Nancy

Nostra signora dei disperati


Da sempre sono conosciuta con questo appellativo, che porto con lo stesso orgoglio di un titolo nobiliare.Il fatto è che proprio non riesco a trattenermi, io devo fare la carità a chiunque mi tende la mano. Barboni, zingari, drogati, extracomunitari, accattoni, tutti quelli che vivono ai margini della nostra società opulenta. Non faccio differenze, perché la fame non ha etnie, né colore, né nazionalità, né pregiudizi, né orgoglio.Non so perché mi comporto in questo modo, forse la mia è solo compassione o forse il bisogno di far tacere i sensi di colpa di quella volta che da ragazzina incrociai un uomo sotto la pioggia che batteva i denti, bagnato fradicio, senza ombrello e senza cappotto. Era uno dei primi stranieri venuti a colorare le nostre città. Tendeva una mano vuota e tremante tra la folla indifferente dei passanti frettolosi. Per me abituata alla nostra miseria che s'arrangiava per campare, fu come un pugno nello stomaco. Ero una studentessa che contava i giorni per diventare maggiorenne, per andare a disegnare madonne sui marciapiedi del mondo, vivevo di belle speranze e grandi utopie e senza soldi, ma istintivamente mi sfilai dal dito il mio anellino d'oro.All'ultimo istante però non ebbi la forza di separarmene e voltai le spalle alla fame di un uomo.Non mi sono mai perdonata quel gesto di rinuncia e la disperazione muta di quell'uomo ha continuato per anni ad urlarmi nelle orecchie.Da quel giorno nel fare la carità ho bisogno di guardare negli occhi questi esclusi dal mondo, ho bisogno di sorridergli, di parlare con loro, di toccargli le mani e per un attimo solo restituir loro la dignità di essere uomini.Per questo non mi piacciono quelle persone che lasciano i soldi con sussiego, che s'aspettano riconoscenza e rispetto, che si liberano le tasche dagli spiccioli con evidente fastidio.Da qualche settimana nella mia città è spuntata una nuova mendicante, all'angolo di una via questa giovane donna chiede la carità ai passanti.La prima volta sono rimasta sbalordita dalla sua richiesta, è una ragazza comune, dalla faccia pulita, con un portamento dignitoso anche se indossa abiti lisi ed ha un'aria dimessa. Salta subito agli occhi che non è una barbona, una tossicodipendente o una straniera. Nei giorni seguenti ogni volta che passavo in quella strada le donavo un euro o due, sempre le sorridevo con infinita dolcezza, sempre mi chiedevo il motivo di quel suo elemosinare.L'altro pomeriggio mi sono decisa a chiederle, con il maggior tatto possibile, i motivi che l'avevano spinta  a fare quella scelta estrema.- Me lo hai già chiesto- esordisce lei - Avevi un altro soprabito, ma non mi sbaglio eri proprio tu- Non sapevo cosa risponderle, evidentemente mi aveva confuso con qualcun'altra. Oppure distratta come sono le avevo veramente già posto quella domanda imbarazzante e non lo ricordavo. Stavo per scusarmi, quando lei ha cominciato a raccontare...-Io ci vado in comune a chiedere lavoro come vigile urbano, ma quelli mi ridono in faccia, mi dicono che devo aspettare il concorso e sono cinque anni che aspetto-Le ho spiegato che nel frattempo poteva cercare altri tipi di lavoro, rivolgersi alle agenzie interinali, ma lei ha continuato imperterrita - Devo solo imparare qualche regola stradale-Mi ha guardato come se si fosse accorta solo in quel momento della mia presenza - Senti signora, perché mi hai fatto questa domanda?--Perché sono giorni che ti osservo e si vede immediatamente che non sei una barbona o una drogata...-Mi ha interrotto con veemenza - I drogati sono solo dei malati--Lo so, ne ho conosciuti tanti- le ho detto con dolcezza.- I drogati prendono quella roba per curarsi, altrimenti se non la prendono gli si blocca l'intestino e non riescono ad andare di corpo- Era la prima volta che sentivo una teoria del genere, sapevo degli effetti antidolorifici delle droghe, ma non ne conoscevo ancora le virtù lassative. L'idea bizzarra che i tossici non fossero altro che ex stitici mi faceva sorridere.-Domani torno in comune a chiedere quel posto di vigile urbano, non m'importa nulla se quelli ridono ancora. Io sono capace di farmi forza da sola. Se fossi pazza mi darebbero un sussidio ed invece io voglio un posto da vigile urbano. Lo sai signora che i pazzi sono tra noi?- mi ha domandato saltando di palo in frasca.-Sì, certo! Lo vediamo nella cronaca di tutti i giorni, persone insospettabili che si trasformano in pazzi criminali all'improvviso- ho risposto cortese, come se fosse una conversazione normale la nostra.-Già persone come te. I pazzi sono dovunque- e mi fissava in modo inquietante. Ho avuto la sensazione netta che mi prendesse in giro, che stesse recitando la parte della folle, magari m'aveva scambiata per un'assistente sociale mandata a far la spia dai servizi sociali, oppure era un'attrice di qualche nuova trasmissione demenziale. -Pensi che mi starebbe bene la divisa da vigile urbano?- mi ha chiesto sorridendo, il primo sorriso da quando avevamo cominciato a parlare.-Sì! Ti starebbe benissimo- ero ancora dubbiosa dell'autenticità di quella sua stramberia.- Buona giornata signora- mi ha liquidato stringendomi la mano, come si fa in quelle riunioni di lavoro formali.Buona fortuna a te, giovane mendicante che sogni di fare il vigile urbano...