Il diario di Nancy

Madre lingua italiana


Emme, la mia bambina, ha sette anni e non ha ancora imparato a parlare come si conviene.Dalle sue labbra le lettere vengono fuori con lo stesso suono, come un linguaggio fatato precluso agli adulti.Inciampa nelle parole, le contrae e le mordicchia, ne dimentica i margini e non sa modulare la voce.Inciampa e ricomincia da capo. Crescendo ha imparato a fare largo uso di sinonimi per farsi capire, quando era più piccola si serviva, per lo stesso scopo, delle espressioni del viso. Un'attrice senza sonoro di estrema bravura.Per molto tempo ho creduto che i suoi ritardi, nel linguaggio e nell'apprendimento, nascondessero qualcosa di grave, di poco normale.Ed avevo paura perfino a sussurarne il pensiero che sigillavo nel segreto del cuore.Cercavo a ritroso nei giorni, una possibile colpa, un qualsiasi sbaglio, se forse era dovuto a quegli antibiotici presi in gravidanza, oppure per averla allattata al seno per oltre due anni.Emme è indifesa più degli altri bambini, lei non conosce il concetto di tempo. Fa tante, troppe domande e non ascolta nessuna risposta, già persa a fantasticare chissà quali cose.E' incapace di scrivere in corsivo ed ancora non sa leggere, a stento riconosce le sillabe. Per gli specialisti che la seguono da oltre tre anni, si tratterebbe di disgrafia, anche se non escludono una probabile dislessia.Emme ha negli occhi color nocciola la curiosità ed il candore di chi è ancora innocente.Ha sorrisi sporchi di marmellata di more e le piccole dita sempre macchiate di pennarelli colorati.Emme frequenta la prima elementare ed è deliziosa con indosso il grembiulino bianco, i capelli colore del rame raccolti nei codini, le fermagliette delle Winx a contenere qualche ciocca ribelle.Ogni mattina arriviamo in ritardo all'entrata di scuola, lei mi saluta regalandomi un bacio che sa di zucchero e latte.
Abitiamo nel centro storico di una cittadina di provincia, non ci sono parcheggi a sufficenza nelle strette stradine, per cui la gente del luogo ha preferito spostarsi in periferia per poter esibire macchine sempre più grandi e più disumane.Ha lasciato che il cuore più vero della città rimanesse di proprietà degli anziani, i quali camminano curvi nelle loro malinconie, ripensando ai tempi belli che son già lontani.Le case vuote, senza ascensori e senza garage, sono state affittate agli stranieri.La scuola che frequenta mia figlia è a pochi passi da casa, nella sua classe ci sono solo 14 bimbi, di cui otto non sono italiani.C'è chi viene dal Sudamerica e chi dalla Cina, chi viene da Santo Domingo e chi dall'Egitto, chi arriva dal Bangladesh e chi dall'Est Europeo.Io sono felice che ad Emme sia stata concessa questa grande ricchezza, una mescolanza di culture e d'usanze diverse. Giocare, imparare e crescere insieme senza pregiudizi.E ricordo che, quando io andavo a scuola, veniva preso in giro ed isolato anche chi veniva da un altro quartiere e solo per questo era considerato un diverso.Ma stamattina Emme è uscita da scuola imbronciata, aveva negli occhi un'ombra di lacrime dense.Anche a casa faceva i capricci del pianto, L'ho abbracciata per tranquillizzare lo scalpitio del piccolo cuore in tumulto.Le sue lacrime mi hanno bagnato, come rugiada, l'incavo del collo e tra i singhiozzi mi ha spiegato il suo primo dolore.I suoi amici di classe le dicono che lei non è italiana, perché è l'unica che non s'esprime in perfetto italiano.Ho asciugato i lacrimoni e l'ho consolata, spiegandole che ogni bambino ha i suoi tempi per imparare a fare le cose. Che c'è chi sa già andare in bicicletta senza rotelle, chi ha imparato a leggere senza sillabare e chi, come lei, sa fare i puzzle dei grandi.Imparerai a parlare bene bambina mia, crescerai e diventerai una magnifica donna. Ma adesso sorrido con tenerezza pensando ai tuoi compagni di classe. Bambini di paesi tanto diversi tra loro, che si sono ritrovati a "difendere" la stessa lingua. La nostra lingua italiana.