Il diario di Nancy

Il fotografo


Il primo segnale avrei dovuto notarlo già durante la nostra prima vacanza insieme.Ci eravamo presentati all'appuntamento per la partenza, unici del gruppo, sprovvisti entrambi di macchina fotografica.Volli vedere in questo particolare un ulteriore punto d'intesa tra noi, pensavo che come me, anche lui, trovasse ridicoli i turisti con le macchine fotografiche appese al collo e che preferisse vivere invece che fotografare. Io fin da bambina sfuggivo l'obiettivo e cercavo d'imprimere nella mente e nel cuore quante più immagini potessi.Qualche mese dopo, però, cambiai idea al riguardo, quella storia sulla quale non avrei mai scommesso nemmeno mezza lira, si era trasformata inspiegabilmente in qualcosa d'importantissimo. Improvvisamente provai l'esigenza d'immortalare su carta la felicità che stavo vivendo. E fu così che per il suo compleanno decisi di regalargli una macchina fotografica che era un gioiellino della tecnologia.Il secondo segnale avrei dovuto notarlo proprio nel momento in cui lui scartò quel pacchetto regalo, la sua faccia sbalordita che no, non era gioia o stupore, ma vera e propria delusione, come se volesse dirmi "Ma sei scema!!! Ma che regalo mi fai?"Per giustificarmi gli dissi che quello era un oggetto simbolico che ci sarebbe servito per fissare per sempre il nostro presente ed il nostro futuro.Sembrò accettare questa spiegazione romantica, anche se molto gentilmente chiese a me d'occuparmi del "gioiellino".E fu così che da quel giorno mi ritrovai a fare come i giapponesi in vacanza. Quando poi nacquero i nostri bambini diventarono loro il soggetto preferito delle mie foto.Ho riempito decine di album con le loro immagini, di cui vado giustamente orgogliosa perché sono riuscita a cogliere le espressioni più belle della loro crescita.Ma ad un certo punto ho preteso che anch'io facessi parte dei quadretti familiari che forografavo ed ho pregato lui di vincere la sua naturale avversione per la macchina fotografica.Ho cercato d'insegnarli semplicisticamente che basta inquadrare il soggetto dentro l'obiettivo e scattare. Una cosa facile, elementare, un gioco da ragazzi.Ma si vede che non sono stata una brava insegnante, negli anni ho strappato a pezzetti centinaia di foto che mi ritraevano. Foto in cui ero orrendamente decapitata. Foto dove compariva a scelta un cielo di un azzurro abbagliante, oppure, una vegetazione di un verde lucente ed in un angolo, come per caso, spuntava fuori la mia testolina spaurita. Foto in cui particolari anatomici del mio corpo venivano oscurati dall'apparizione divina delle sue dita.
Lo so è colpa mia, sono io ad essere poco fotogenica, ammetto d'avere un naso importante, zigomi pronunciati manco fossi la Ferilli dopo essersi iniettata mezzo litro di silicone per guancia.E poi sono strabica, questo lieve difetto dello sguardo che a detta di tutti quelli che mi conoscono è una particolarità affascinante, peccato che l'obiettivo fotografico non riesca a coglierne il potere di seduzione, ma mi rende impietosamente solo due occhi storti.Lo so è colpa mia, sono il soggetto sbagliato. Però che cavoli... anche lui che per scattare una foto mi fa stare in posa per ore, rigida come un baccalà, il sorriso che si congela sul volto, i gesti che diventano artefatti e la gente, che stufa d'aspettare l'ispirazione di cotanto Helmut Newton, ti passa davanti proprio nel momento fatidico."Cerca di fare foto senza che me n'accorga. Vedrai le foto spontanee sono le più belle perché sono vere" gli suggerii una volta con tanta dolcezza.Un consiglio che lui decise di eseguire alla lettera, solo che ignoro per quale motivo misterioso, mette in pratica solo quando siamo al mare.Ogni anno mentre io nuoto tranquilla, lui m'aspetta pazientemente con l'acqua a metà coscia e le mani dietro la schiena. Appena m'avvicino alla riva CLICK... m'immortala come se fossi Venere nata dalla spuma dellle onde.Avrò una trentina  di foto del genere, tutte uguali.
Dicevo che abbiamo diversi album di cui vado fiera, sono una a cui non piace fotografare paesaggi e monumenti, mi piace invece cogliere l'espressione dei visi ed i colori dei luoghi.L'anno che siamo stati a Legoland in Danimarca, mi sono sbizzarita con entrambe le cose, i colori squillanti dei milioni di mattoncini con i quali erano costruiti personaggi e paesaggi fatati, a grandezza naturale. E' stato un piacere riprendere la meraviglia dipinta sulle faccine arrossate dei miei bimbi ed anche i suoi sorrisi tornati bambini.Sono foto bellissime, tranne una che rispetto alle altre risulta incolore.Non c'è nemmeno bisogno d'aggiungere che è l'unica nella quale, miracolo, compaio pure io.
Ma l'apoteosi il mio fotografo l'ha raggiunta a Firenze, qualche settimana fa, mi aveva promesso un servizio da calendario. E dopo aver attentamente studiato la luce del sole e il posto migliore ha esclamato entusiasta:" Ecco ci siamo. Amore sorridi... "