Un racconto breve scritto diverso tempo fa e rimaneggiato più volte. Nient'altro che un viaggio nel mio mondo interiore che, ancora una volta, vorrei condividere con voi.A fine secoloHo dovuto attendere sessant’anni per comprendere e ora mi resta solo una foto su una lastra di marmo e un corpo in putrefazione.Ancora non ci credo, è solo un brutto sogno dal quale mi auguro di svegliarmi al più presto.E, invece, questo silenzio, tutto questo silenzio che urla nella mia casa e l’odore dolciastro dei fiori che persiste da giorni.I ricordi che si accavallano gli uni agli altri in rapida successione, senza freni, senza remore, senza pietà alcuna, se solo potessi fermarli. La mia vita che mi scorre davanti agli occhi tutta insieme, sembra un brutto film, un romanzo d’appendice e invece è la mia vita. La mia vita e mi sembra solo ieri…Cominciò tutto durante l’estate del 1936, una sagra di fine stagione, quel senso di libertà ed euforia contagiosa che dava i brividi alla me stessa d’allora.Sì, ricordo le risate e le luci, la folla sgargiante negli abiti buoni, le bancarelle dai mille colori, gli odori intensi dei dolciumi, la giostra con i cavallini, la banda che suonava con gli ottoni sfavillanti e le divise rosse, il baraccone della chiromante e lei, una zingara dagli abiti chiassosi e dall’aria inquietante, seduta a predire il futuro.Fu per gioco che le diedi la mia mano da leggere, così come avevano fatto le mie amiche di allora, a chi aveva profetizzato un matrimonio importante, a chi un amore imminente, a chi una prole assai numerosa. Avevamo sedici anni e tutta la vita davanti e ridevamo sciocche e spensierate delle sue rivelazioni. Ancora bambine, ma con i primi turbamenti dell’età, la testa piena di romanticherie e sogni che volevamo ci fossero svelati seduta stante.La mia mano tra le sue, i suoi occhi di brace che, scrutando fra le linee della mia mano diventarono ancora più fondi, sembravano mi leggessero dentro l’animo. Un sorriso indecifrabile sul volto senza tempo, mentre pronunciava quelle parole, dure come una condanna “ A fine secolo conoscerai l’amore”.Ci guardammo io e le mie amiche e scoppiammo a ridere tutte quante, con la lievità dei nostri animi ingenui, mentre lei contava con avidità i nostri denari già dimentica di ciò che aveva appena detto, inconsapevole della gravità delle sue parole per la mia vita futura.Per giorni quella frase mi balenò in mente “a fine secolo” mi ripetevo “a fine secolo avrò all’incirca ottanta anni”.Gli anni passarono, diventai presto una donna e anche se non ripensavo più a quell’episodio, la profezia si era incisa dentro il mio cuore con lettere di fuoco. Solo che io non lo sapevo ancora.Mi sono sposata a un certo punto, l’ho fatto per consuetudine, perché a quei tempi era d’uopo fare così, mi sono sposata con un uomo che non mi aveva mai fatto battere il cuore, un ufficiale di cavalleria che piaceva tanto ai miei genitori. C’era la guerra allora, e lui, non so come, riusciva a farmi sentire protetta.Quanta falsità quel giorno seduta in chiesa, nel mio bel vestito virginale, sapendo che l’uomo al mio fianco non era padrone del mio cuore e non poteva rendermi felice.No, non poteva farlo perché dentro di me c’era un segreto nascosto tra le pieghe della mano, come una smania che nelle notti d’estate mi teneva sveglia e mi faceva fremere, una voglia incontenibile d’amore, passione e desiderio. Mi appiccicava i vestiti al corpo sudato, aumentava il ritmo dei respiri e i battiti del cuore, m’inturgidiva i capezzoli e mi faceva piangere.
Prova di scrittura
Un racconto breve scritto diverso tempo fa e rimaneggiato più volte. Nient'altro che un viaggio nel mio mondo interiore che, ancora una volta, vorrei condividere con voi.A fine secoloHo dovuto attendere sessant’anni per comprendere e ora mi resta solo una foto su una lastra di marmo e un corpo in putrefazione.Ancora non ci credo, è solo un brutto sogno dal quale mi auguro di svegliarmi al più presto.E, invece, questo silenzio, tutto questo silenzio che urla nella mia casa e l’odore dolciastro dei fiori che persiste da giorni.I ricordi che si accavallano gli uni agli altri in rapida successione, senza freni, senza remore, senza pietà alcuna, se solo potessi fermarli. La mia vita che mi scorre davanti agli occhi tutta insieme, sembra un brutto film, un romanzo d’appendice e invece è la mia vita. La mia vita e mi sembra solo ieri…Cominciò tutto durante l’estate del 1936, una sagra di fine stagione, quel senso di libertà ed euforia contagiosa che dava i brividi alla me stessa d’allora.Sì, ricordo le risate e le luci, la folla sgargiante negli abiti buoni, le bancarelle dai mille colori, gli odori intensi dei dolciumi, la giostra con i cavallini, la banda che suonava con gli ottoni sfavillanti e le divise rosse, il baraccone della chiromante e lei, una zingara dagli abiti chiassosi e dall’aria inquietante, seduta a predire il futuro.Fu per gioco che le diedi la mia mano da leggere, così come avevano fatto le mie amiche di allora, a chi aveva profetizzato un matrimonio importante, a chi un amore imminente, a chi una prole assai numerosa. Avevamo sedici anni e tutta la vita davanti e ridevamo sciocche e spensierate delle sue rivelazioni. Ancora bambine, ma con i primi turbamenti dell’età, la testa piena di romanticherie e sogni che volevamo ci fossero svelati seduta stante.La mia mano tra le sue, i suoi occhi di brace che, scrutando fra le linee della mia mano diventarono ancora più fondi, sembravano mi leggessero dentro l’animo. Un sorriso indecifrabile sul volto senza tempo, mentre pronunciava quelle parole, dure come una condanna “ A fine secolo conoscerai l’amore”.Ci guardammo io e le mie amiche e scoppiammo a ridere tutte quante, con la lievità dei nostri animi ingenui, mentre lei contava con avidità i nostri denari già dimentica di ciò che aveva appena detto, inconsapevole della gravità delle sue parole per la mia vita futura.Per giorni quella frase mi balenò in mente “a fine secolo” mi ripetevo “a fine secolo avrò all’incirca ottanta anni”.Gli anni passarono, diventai presto una donna e anche se non ripensavo più a quell’episodio, la profezia si era incisa dentro il mio cuore con lettere di fuoco. Solo che io non lo sapevo ancora.Mi sono sposata a un certo punto, l’ho fatto per consuetudine, perché a quei tempi era d’uopo fare così, mi sono sposata con un uomo che non mi aveva mai fatto battere il cuore, un ufficiale di cavalleria che piaceva tanto ai miei genitori. C’era la guerra allora, e lui, non so come, riusciva a farmi sentire protetta.Quanta falsità quel giorno seduta in chiesa, nel mio bel vestito virginale, sapendo che l’uomo al mio fianco non era padrone del mio cuore e non poteva rendermi felice.No, non poteva farlo perché dentro di me c’era un segreto nascosto tra le pieghe della mano, come una smania che nelle notti d’estate mi teneva sveglia e mi faceva fremere, una voglia incontenibile d’amore, passione e desiderio. Mi appiccicava i vestiti al corpo sudato, aumentava il ritmo dei respiri e i battiti del cuore, m’inturgidiva i capezzoli e mi faceva piangere.