L’altro giorno eravamo a casa di Anna, per l’abituale appuntamento del mercoledì, il giorno dedicato alle nostre chiacchiere da comari, consumate tra pasticcini, tè e gioco del ramino.Com’era prevedibile, i nostri discorsi, inizialmente, vertevano su questa brusca sterzata dell’Italia verso destra, lo spauracchio della dittatura dietro l’angolo.- Poveri noi! – ha sbuffato sconsolata Laura, già immaginandosi scenari più funesti del reale – Chissà cosa ci riserverà il prossimo futuro? - - Chissà… ci vorrebbe una maga per saperlo – ha risposto Mavì, guardandomi con fare ammiccante. Il suo atteggiamento non è sfuggito alle altre, che si sono interrogate e risposte tra loro, con una rapida sequenza di sguardi e un’alzata di spalle.Io ho finto di non accorgermi di nulla, ho continuato a distribuire le carte francesi, ma a quel punto le arpie avevano capito che c’era qualcosa nell’aria.- Come mi piacerebbe sapere in anticipo quali carte avete pescato – ha cinguettato Eugenia con dovuta nonchalance.- Solo una maga potrebbe – ha ridacchiato Mavì, subito complice del loro gioco sleale.- Chissà se domani pioverà?- ha aggiunto Isabella – Mi piacerebbe indossare le mie nuove scarpette di vernice- - Solo una maga potrebbe prevedere questo tempo strano – ha risposto Mavì, cambiando tono di voce alla parola “maga”, che gli è uscita dalle labbra come un raglio.-Potreste sempre telefonare al colonnello Bernacca – ho aggiunto sfidandole, con aria indifferente.- E dai Nancy, non farti pregare – ha protestato Laura – Raccontaci questa novità della maga-Già, la storia della maga, come se certe situazioni paradossali me le cercassi apposta. E invece quella sera, di un paio di mesi fa, ero andata a cena da mio fratello per una tranquilla riunione familiare, non potevo certo immaginare che mia nipote si sarebbe presentata con quella nuova amica. Una ragazza stramba, vestita di giallo e di viola, i lunghi capelli arruffati, una figlia dei fiori fuori tempo massimo, subito guardata con sospetto da mia cognata Valeria.- Questa si droga! – mi aveva detto in un orecchio, preoccupata, mentre la ragazza parlava senza soste di sé, dei suoi studi, delle sue idiosincrasie. Durante la serata la ragazza mi venne vicino e con un improvviso tono confidenziale mi disse – Guarda che ti telefona-- Ma chi??? – risposi io al colmo della sorpresa.- Vedrai - fece lei con un sorriso enigmatico. Avevo del tutto rimosso questo episodio dalla mia mente, ma poi il giorno di Pasqua, ho ritrovato la stramba ragazza al tradizionale pranzo di famiglia. Mio fratello benediceva la tavola imbandita, il cui posto d’onore era occupato dal capretto di cui mi aveva omaggiato Erminio Ovini; farfugliando parole incomprensibili.La ragazza era seduta al mio fianco e come me non partecipava a quella pia pantomima.- Ti ha chiamato? - mi chiese a bassa voce, per non infastidire la preghiera generale.- Ma chi avrebbe dovuto chiamarmi?- bisbigliai, beccandomi lo stesso un severo sguardo di Valeria, per aver disturbato la sacra litania.- Ti chiamerà quanto prima – rispose lei, poi accorgendosi di come Valeria ci guardasse con aria di rimprovero, terminò la sua frase con un sonoro amen.- E ti ha chiamato? – mi ha interrotto Laura, incuriosita dal mio racconto. Ho annuito e non c’è stato bisogno d’aggiungere il nome, l’hanno compreso dai miei occhi e dal mio sorriso.- Ma avevi spergiurato che non volevi vederlo mai più- mi ha rimproverato Eugenia – Hai detto di lui peste e corna-
La maga
L’altro giorno eravamo a casa di Anna, per l’abituale appuntamento del mercoledì, il giorno dedicato alle nostre chiacchiere da comari, consumate tra pasticcini, tè e gioco del ramino.Com’era prevedibile, i nostri discorsi, inizialmente, vertevano su questa brusca sterzata dell’Italia verso destra, lo spauracchio della dittatura dietro l’angolo.- Poveri noi! – ha sbuffato sconsolata Laura, già immaginandosi scenari più funesti del reale – Chissà cosa ci riserverà il prossimo futuro? - - Chissà… ci vorrebbe una maga per saperlo – ha risposto Mavì, guardandomi con fare ammiccante. Il suo atteggiamento non è sfuggito alle altre, che si sono interrogate e risposte tra loro, con una rapida sequenza di sguardi e un’alzata di spalle.Io ho finto di non accorgermi di nulla, ho continuato a distribuire le carte francesi, ma a quel punto le arpie avevano capito che c’era qualcosa nell’aria.- Come mi piacerebbe sapere in anticipo quali carte avete pescato – ha cinguettato Eugenia con dovuta nonchalance.- Solo una maga potrebbe – ha ridacchiato Mavì, subito complice del loro gioco sleale.- Chissà se domani pioverà?- ha aggiunto Isabella – Mi piacerebbe indossare le mie nuove scarpette di vernice- - Solo una maga potrebbe prevedere questo tempo strano – ha risposto Mavì, cambiando tono di voce alla parola “maga”, che gli è uscita dalle labbra come un raglio.-Potreste sempre telefonare al colonnello Bernacca – ho aggiunto sfidandole, con aria indifferente.- E dai Nancy, non farti pregare – ha protestato Laura – Raccontaci questa novità della maga-Già, la storia della maga, come se certe situazioni paradossali me le cercassi apposta. E invece quella sera, di un paio di mesi fa, ero andata a cena da mio fratello per una tranquilla riunione familiare, non potevo certo immaginare che mia nipote si sarebbe presentata con quella nuova amica. Una ragazza stramba, vestita di giallo e di viola, i lunghi capelli arruffati, una figlia dei fiori fuori tempo massimo, subito guardata con sospetto da mia cognata Valeria.- Questa si droga! – mi aveva detto in un orecchio, preoccupata, mentre la ragazza parlava senza soste di sé, dei suoi studi, delle sue idiosincrasie. Durante la serata la ragazza mi venne vicino e con un improvviso tono confidenziale mi disse – Guarda che ti telefona-- Ma chi??? – risposi io al colmo della sorpresa.- Vedrai - fece lei con un sorriso enigmatico. Avevo del tutto rimosso questo episodio dalla mia mente, ma poi il giorno di Pasqua, ho ritrovato la stramba ragazza al tradizionale pranzo di famiglia. Mio fratello benediceva la tavola imbandita, il cui posto d’onore era occupato dal capretto di cui mi aveva omaggiato Erminio Ovini; farfugliando parole incomprensibili.La ragazza era seduta al mio fianco e come me non partecipava a quella pia pantomima.- Ti ha chiamato? - mi chiese a bassa voce, per non infastidire la preghiera generale.- Ma chi avrebbe dovuto chiamarmi?- bisbigliai, beccandomi lo stesso un severo sguardo di Valeria, per aver disturbato la sacra litania.- Ti chiamerà quanto prima – rispose lei, poi accorgendosi di come Valeria ci guardasse con aria di rimprovero, terminò la sua frase con un sonoro amen.- E ti ha chiamato? – mi ha interrotto Laura, incuriosita dal mio racconto. Ho annuito e non c’è stato bisogno d’aggiungere il nome, l’hanno compreso dai miei occhi e dal mio sorriso.- Ma avevi spergiurato che non volevi vederlo mai più- mi ha rimproverato Eugenia – Hai detto di lui peste e corna-