Il diario di Nancy

Anche dalle poste, passa la civiltà di un popolo...


Martedì mattina avevo da pagare due bollette alla posta, così mi sono recata nell’ufficio postale più vicino, quello di via Ascenzi. Scusate se specifico l’indirizzo, ma come ben sapete, sono un tipo preciso e meticoloso, ritengo doveroso fornirvi quanti più dettagli possibili su quest’ufficio postale di Viterbo, per non fare la figura dell’azzeccagarbugli.Dovete sapere che l’ufficio in questione si è rifatto il look meno di un anno fa, istallando degli elimina code all’avanguardia, i quali, probabilmente a causa di qualche folletto dispettoso, non hanno mai funzionato come si deve.L’altra mattina ho preso il mio bravo numeretto e sono entrata in una sala strapiena di gente, per la maggioranza vecchietti, guardando il display ho fatto l’amara scoperta di dover attendere più di quaranta persone. Purtroppo in borsa non avevo nessun libro da leggere e nemmeno un pezzetto di carta su cui scarabocchiare, per colmo di sfortuna non avevo nemmeno credito al cellulare, per cui non potevo ingannare l'attesa chiacchierando con qualcuna delle mie amiche.La giornata era grigia e piovigginosa non mi restava altro da fare che aspettare pazientemente. Mi sono cercata un posto per sedere e ho cominciato a guardarmi intorno, poiché dalla folla proveniva un rumoreggiare sommesso ho capito che c’era qualcosa che non andava e ho immediatamente drizzato le orecchie.L’avveniristico elimina code era in tilt. Appena un impiegato allo sportello si liberava e schiacciava il pulsante per chiamare il numero successivo, sul display comparivano in rapida sequenza più numeri. Se nel caso si liberavano due impiegati nello stesso momento, il caos era totale, con gruppetti di persone che correvano come trottole da uno sportello all’altro.Ho sorriso nella mia ingenuità pregustandomi uno spettacolo divertente, non sospettavo minimamente che avrei assistito alla messa in scena delle meschinità umane. Immediatamente mi sono accorta che la maggioranza delle persone non si curava che il display fosse in tilt e pretendeva di passare davanti, infischiandosene delle persone che non erano riuscite a scapicollarsi in tempo allo sportello.Per ovviare a questo increscioso inconveniente una saggia impiegata, che dall’atteggiamento ostentato doveva essere la più alta in grado, ha avuto la brillantissima idea d’appiccicare un bel cartello con la scritta GUASTO alla macchinetta distributrice dei numeretti. Probabilmente in cuor suo era convinta che bastasse questo gesto per dare ai cittadini una dimostrazione pratica dell’efficienza delle poste italiane.Purtroppo il primo signore che si è trovato davanti il distributore guasto e il display impazzito, ha osato chiedere spiegazioni alla nostra eroina, che prontamente ha replicato che, appena gli impiegati finivano di “servire” i numeri presenti in sala, avrebbero cominciato a chiamare tutti quelli senza numero. Il signore ha osato domandare secondo quale criterio sarebbe stata stabilita una priorità, considerando che cominciava a entrare altra gente sprovvista di numero. Ma la solerte, nostra eroina, non ha saputo rispondere a questa problematica domanda, il suo cervello si era già sforzato oltremisura nel prendere la saggia decisione del cartello. Inoltre tra le file dei nuovi arrivati ha riconosciuto una sua conoscenza e le è andata incontro sorridendo.La sua amica era una di quelle signore spocchiose dagli abiti costosi, pezze griffate con le quali sbandierare al mondo la propria, presunta, superiorità sociale. La nostra saggia eroina postale dopo pochi convenevoli ha preso talmente a cuore le faccende dell’amica, che ha deciso d’occuparsene personalmente, facendola passare davanti a quasi cinquanta persone in attesa, con e senza numeretto.Lo so avrei potuto dimettermi dal ruolo di spettatrice passiva e far notare alle due suddette la loro scorrettezza, magari giacché c’ero, potevo far notare all’impiegatuccia che si credeva dirigente l’inutilità del suo lampo di genio. E per finire avrei potuto far notare alla signora spocchiosa che, per fortuna, un abito costoso non regala automaticamente classe, eleganza e dignità. E che un sedere basso e sformato è osceno anche inguainato nei pantaloni del più famoso stilista.Ma non l’ho fatto perché lo spettacolo intorno a me continuava a ritmo sempre più serrato. Due vecchiette hanno cominciato a insultarsi a vicenda, per ragioni di precedenza, tra loro sono volate parole grosse come una montagna.Dio mio!!! Ma dove andremo a finire se due nonnine, emblema della dolcezza e della tranquillità, pronunciano parole come quelle, con quell’astio, quella violenza, tutta quella rabbia repressa.La nostra eroina è intervenuta anche in questo caso, ha preso in disparte la vecchietta che non era riuscita ad arrivare in tempo allo sportello e l’ha rimproverata con tono materno, come si usa fare con i bambini molto piccoli e con i vecchi rimbambiti.Chiaramente si è guardata bene da aiutarla, così come aveva appena fatto con l’amica bisognosa, per carità era già così impegnata a dare il suo prezioso contribuito per redimere quella bolgia infernale.
A pochi metri da loro scoppiava un nuovo litigio, tra un’altra vecchietta che a malapena si reggeva in piedi e una zotica arricchita. Il malumore della folla mi ha impedito di ascoltare le parole, è stato come vedere un film muto, ho dovuto interpretare dalle espressioni e dalla gestualità.La signora arricchita, fasciata anch’essa in abiti griffati fatti dai cinesi, protestava vivacemente perché la vecchietta le era passata davanti. Probabilmente aveva anche ragione… ma che cavolo, a me è stato insegnato di cedere sempre il posto alle persone anziane. Bastava mettersi in coda dietro di lei e far notare all’impiegato di non continuare a chiamare numeri. Invece, la zotica arricchita, non riusciva a mascherare il suo dispetto che una vecchina insulsa avesse osato rubarle il posto che le spettava. L’impiegato allo sportello deve averle detto qualcosa, infatti, lei si è allontanata inviperita, ma dopo pochi secondi è tornata sui suoi passi per litigare anche con l’impiegato, colpevole di non essersi lasciato impressionare dai simboli costosi che pateticamente indossava e che, nella sua mente, avrebbero dovuto conferirle un maggiore riguardo da parte della plebe.Nel frattempo due ragazzi rumeni avevano perduto il loro turno, vagando da uno sportello all’altro e nessuno dei nostri onesti e gentili connazionali, uomini e donne, giovani e anziani, ha ceduto loro il posto. Questi due poveri ragazzi continuavano a girovagare da uno sportello all’altro, tenendo d’occhio il tabellone impazzito e non capacitandosi di quello che stava succedendo. L’Italia, bel paese, la settima potenza economica del mondo. Intanto la folla dei senza numeri era aumentata a vista d’occhio, tra loro cercavano d’organizzarsi alla men peggio per stabilire i turni, persone appena arrivate spergiuravano di essere colà da tempo immemore. Ignorando volutamente un’anziana signora straniera, dall’aspetto dimesso di badante, che sprovvista anch’essa di numero guardava ipnotizzata il tabellone nella speranza di capirci qualcosa.  E’ stato allora che ho smesso di fare la spettatrice ed ho assegnato i turni, secondo l’ordine in cui ognuno di loro era comparso in scena, restituendo alla badante il suo meritato secondo posto.Purtroppo non so com’è andato a finire lo show, è arrivato il mio turno, ho pagato in tutta tranquillità e sono uscita. Però mi è rimasta una strana inquietudine addosso, come quando ascolti al telegiornale le consuete notizie di cattiva giustizia, oppure quando guardi un film che avrebbe potuto essere bellissimo se gli attori non avessero recitato da cani.Io non posso appartenere a questa gente cui pur appartengo.P.S. Per la cronaca, non ho ancora terminato il mio capolavoro, anzi alla luce di quel poco che sto facendo in questi giorni, avrò bisogno ancora di diversi mesi; ma siccome non ho più l’urgenza di concludere entro metà giugno, procederò nella scrittura con più calma. E nel frattempo mi riapproprio del blog!!!