Una volta le donne erano educate per essere mogli e madri. Così era e non c'era nulla da fiatare.Un giorno scesero in strada proprio per rivendicare il diritto di essere altro, ma quella parità non fu altro che un'utopia, bella finché è durata.Sono nata in una famiglia dove gli echi di quelle rivoluzioni non erano arrivati, la regola rimaneva quella: chi nasce donna deve essere moglie e deve imparare i suoi compiti già in tenera età.Io sono stata la prima a non accettare questo stato di cose, probabilmente avevo mangiato i germi della rivoluzione nei primi omogeneizzati per bambini. Ogni volta che mia madre mi metteva il grembiulino per aiutarla a lavare i piatti, io capivo che quell'inganno non era un gioco e mi rifiutavo. Giocare era correre scalza in terrazzo con i miei fratelli.Il mio rifiuto ostinato fu immune anche agli schiaffi, alle minacce, ai rimproveri e ai sensi di colpa. E soprattutto fu immune alla vergogna.Tutte le mie amiche aiutavano le loro madri, era normale che fosse così, nel quartiere popolare dove abitavo il tempo scorreva in modo diverso rispetto alla storia, qualcuna tra le mie amiche sapeva già cucinare e molte preparavano il corredo.Bambine della scuola elementare, non sospettavamo che saremo diventate donne mettendo in discussione tutte le nostre certezze, che avremo barattato il sesso con l'amore e la dignità con la falsa libertà.No, non lo sapevamo ed in quegli anni io ero l'eccezione, quella da tenere a distanza perché destinata a diventare una cattiva persona, una donna perduta senza un marito.Perché ero quella che, il sabato a scuola, buttava per aria uncinetto e gomitoli di filo per andare ad impiastricciarsi le mani con la plastilina dei maschi.Perché ero quella che aveva gettato giù per le scale le pentole destinate al suo corredo, firmando in quel rumore di ferraglie il titolo della sua diversità.Sono diventata grande senza mai cucinare, senza avere nessuna competenza per essere moglie, ma un giorno ho annunciato che mi sarei sposata in primavera.- Lui lo sa che non sai cucinare? - mi chiese subito mia nonna allarmata, dall'alto della sua età sapeva che la vita in comune ha bisogno d'argomenti più pratici dell'amore. Un uomo si conquista in cucina ed io partivo completamente svantaggiata.Quando presentai il futuro sposo in famiglia, mia nonna gli fece subito l'elenco di tutto quello che non sapevo fare, nemmeno il caffè che per una donna napoletana rappresenta il massimo del disonore.
Gli esordi di una cuoca provetta
Una volta le donne erano educate per essere mogli e madri. Così era e non c'era nulla da fiatare.Un giorno scesero in strada proprio per rivendicare il diritto di essere altro, ma quella parità non fu altro che un'utopia, bella finché è durata.Sono nata in una famiglia dove gli echi di quelle rivoluzioni non erano arrivati, la regola rimaneva quella: chi nasce donna deve essere moglie e deve imparare i suoi compiti già in tenera età.Io sono stata la prima a non accettare questo stato di cose, probabilmente avevo mangiato i germi della rivoluzione nei primi omogeneizzati per bambini. Ogni volta che mia madre mi metteva il grembiulino per aiutarla a lavare i piatti, io capivo che quell'inganno non era un gioco e mi rifiutavo. Giocare era correre scalza in terrazzo con i miei fratelli.Il mio rifiuto ostinato fu immune anche agli schiaffi, alle minacce, ai rimproveri e ai sensi di colpa. E soprattutto fu immune alla vergogna.Tutte le mie amiche aiutavano le loro madri, era normale che fosse così, nel quartiere popolare dove abitavo il tempo scorreva in modo diverso rispetto alla storia, qualcuna tra le mie amiche sapeva già cucinare e molte preparavano il corredo.Bambine della scuola elementare, non sospettavamo che saremo diventate donne mettendo in discussione tutte le nostre certezze, che avremo barattato il sesso con l'amore e la dignità con la falsa libertà.No, non lo sapevamo ed in quegli anni io ero l'eccezione, quella da tenere a distanza perché destinata a diventare una cattiva persona, una donna perduta senza un marito.Perché ero quella che, il sabato a scuola, buttava per aria uncinetto e gomitoli di filo per andare ad impiastricciarsi le mani con la plastilina dei maschi.Perché ero quella che aveva gettato giù per le scale le pentole destinate al suo corredo, firmando in quel rumore di ferraglie il titolo della sua diversità.Sono diventata grande senza mai cucinare, senza avere nessuna competenza per essere moglie, ma un giorno ho annunciato che mi sarei sposata in primavera.- Lui lo sa che non sai cucinare? - mi chiese subito mia nonna allarmata, dall'alto della sua età sapeva che la vita in comune ha bisogno d'argomenti più pratici dell'amore. Un uomo si conquista in cucina ed io partivo completamente svantaggiata.Quando presentai il futuro sposo in famiglia, mia nonna gli fece subito l'elenco di tutto quello che non sapevo fare, nemmeno il caffè che per una donna napoletana rappresenta il massimo del disonore.