Il diario di Nancy

Competizione femminile


Non sono mai stata la prima della classe. Non sono mai salita sul podio dei migliori. Mai, nemmeno per un momento, mi ha sfiorato l’idea d’insidiare l’uomo di un’amica, giusto per lo sfizio di sentirmi più desiderabile di lei.No, non mi piacciono le gare tra donne, la viscida competizione femminile, fatta di moine, sorrisetti e pugnalate alla schiena.  Sono fatta così, preferisco i pugni in pieno viso, sono una che non brama le vittorie, ma cerca piccole emozioni che fanno battere il cuore.Sono una che abbandona il campo all’avversaria, che si dichiara sconfitta al primo assalto, che alza la bandiera bianca mentre retrocede.L’ho fatto quando ancora andavo a scuola, in disparte a guardare la mia amica, mentre si arruffianava la professoressa di chimica per potermi eguagliare in qualche modo.L’ho fatto ogni qualvolta sono stata tradita, non ho saputo né voluto lottare per il grande amore, gli davo un bacio in fronte e una benedizione mormorata tra i denti, prima di consegnarlo tra le cosce di ogni altra.L’ho fatto al primo colloquio di lavoro, un misero impiego di segretaria per il quale fui scelta tra tante, un'amica condivise il mio entusiasmo chiedendomi se, per farmi assumere, mi fossi presentata in minigonna. Ricambiai la gentilezza cedendole il mio posto.L’ho fatto in tantissime altre occasioni, tutte le volte che sulla mia strada ho incontrato donne che invece di provare a conoscermi, hanno preferito farmi la guerra.
Sono tante quelle che possono fregiarsi di una medaglia sul petto per avermi battuta, sembrano non rendersi conto che hanno sparato su un nemico inerme, che ero disarmata e senza munizioni.Forse la mia è una forma raffinata di vigliaccheria, eppure spesso ho abbandonato la partita ben sapendo che avrei avuto una facile vittoria, chissà, forse è solo presunzione all’ennesima potenza.Giusto o sbagliato, sono fatta così, nella vita non cerco alcun trionfo, io ricerco piuttosto gli stupori, i turbamenti, i batticuori, l’incanto delle piccole cose trascurate.Lo so, oggi la posta in gioco è molto più alta, perché sono stata sfidata sul campo dei miei stessi sogni. Di quel sogno che ho tenuto nascosto tutta la vita e ora per la prima volta mi sembrava così a portata di mano. Come faccio a spiegarle che ho scritto storie prima ancora d’imparare a scrivere, che facevo disegni sul foglio per raccontare trame e personaggi che mi chiedevano asilo? Questa volta devo arretrare di cento passi indietro, anche se è così crudele rinunciare al sogno di una vita, per quello che è solo un capriccio momentaneo. Forse questa volta non dovrei dichiarare la disfatta ma, da quel giorno, non ho più scritto un rigo. Non ci riesco più, non ne sono più capace, è come se avessi esaurito le parole. Forse per scrivere, oltre alle idee, al talento e alla fantasia, ci vuole anche la cieca determinazione di chi non guarda in faccia niente e nessuno per conseguire la vittoria. Ed io ne sono sempre stata sprovvista.